Saturday, November 27, 2004

Giovanni Raboni -sul nostro premier - CANZONE DEL DANNO E DELLA BEFFA

CANZONE DEL DANNO E DELLA BEFFA
(Giovanni Raboni)

Stillicidio di delitti, terribile:
si distruggono vite,
si distruggono posti di lavoro,
si distrugge la giustizia, il decoro
della convivenza civile.
E intanto l’imprenditore del nulla,
il venditore d’aria fritta,
forte coi miserabili
delle sue inindagabili ricchezze,
sorride a tutto schermo
negando ogni evidenza, promettendo
il già invano promesso e l’impossibile,
spacciando per paterno
il suo osceno frasario da piazzista.
Mai così in basso, così simile
(non solo dirlo, anche pensarlo duole)
alle odiose caricature
che da sempre ci infangano e sfigurano…
Anche altrove, lo so,
si santifica il crimine, anche altrove
si celebrano i riti
del privilegio e dell’impunità
trasformati in dottrina dello Stato.
Ma solo a noi, già fradici
di antiche colpe e remissioni
a noi prima untori e poi vittime
della peste del secolo
è toccata, con il danno, la beffa,
una farsa in aggiunta alla sventura.




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Breve biografia

Giovanni Raboni era nato a Milano nel 1932, conseguita la laurea in Giurisprudenza, abbandonò presto l'avvocatura per dedicarsi alla letteratura. Poeta, traduttore e critico letterario, collaborò con diverse riviste, fra le quali «Quaderni piacentini», «Paragone» e «Corriere della Sera». Tradusse Flaubert, Baudelaire, Apollinaire e l'intera Recherche di Proust. Negli anni Settanta fu anche direttore editoriale per la casa editrice Guanda, e fine scopritore di nuovi giovani talenti. La sua fu una poesia legata a diversi registri linguistici, tipici della "linea lombarda" (che affonda le proprie radici in Parini e Manzoni), specchio di una poetica dai toni attenuati, discreti, molto attenta al quotidiano, ma anche ai grandi temi morali, sia politici che civili. In un secondo momento, dalla raccolta Canzonette mortali (1985), il tono di Raboni si fa più formale e le sue liriche raggiungono livelli di notevole perfezione stilistica. Vincitore di numerosi premi letterari, nel 2002 ricevette il premio Moravia per l'insieme della sua opera.
E' morto il 16 settembre 2004.

il sito dell'autorità Antitrust

il sito dell'autorità garante della concorrenza e del mercato.
Potete trovare il documento con l'indagine sul mercato televisivo.

http://www.agcm.it/

Mediaset sotto accusa Antitrust

Antitrust critica duramente la concentrazione del mercato televisivo
di Redazione www.articolo21.com

Il mercato della raccolta pubblicitaria nel settore televisivo è caratterizzato da «un livello di concentrazione che non ha riscontro negli altri Paesi europei, e che è determinato dalla posizione dominante del gruppo Fininvest», con una percentuale del 65%, «e dalla quota di Rai che detiene, con il 29%, la quasi totalità della parte residuale del mercato». È una delle conclusioni dell'indagine conoscitiva svolta dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato sul settore televisivo e in particolare sul mercato della raccolta pubblicitaria, avviata il 29 maggio 2003. Nell'indagine, l'Antitrust ha rilevato come «il settore nazionale della raccolta pubblicitaria, ed il mercato della raccolta televisiva in particolare, sia caratterizzato da un' elevata concentrazione, nonchè da elevate barriere all'ingresso, a causa soprattutto di alcuni fattori di natura strutturale che ostacolano il corretto funzionamento del mercato».

Tra questi fattori, l'Autorità cita «la disponibilità, in un contesto di scarsità della risorsa frequenziale, di tre reti in capo a ciascuno dei due principali gruppi televisivi, che ha consentito a Fininvest e Rai di attuare strategie che hanno limitato l'entrata e la crescita di nuovi concorrenti», e «la disciplina che regola le condotte della società cui è affidato il servizio pubblico radiotelevisivo, che, da un lato, ha favorito la creazione di un duopolio simmetrico nel versante dell'offerta di contenuti televisivi; dall'altro, ha rafforzato gli incentivi dei due operatori 'incumbents' ad attuare politiche commerciali accomodanti nella raccolta pubblicitaria televisiva».

Per questi e altri fattori, «mentre i mercati della raccolta pubblicitaria su quotidiani, periodici e radio presentano una struttura piuttosto competitiva, quello della raccolta televisiva - la cui caratteristica principale è di essere composto da gruppi televisivi che forniscono contenuti ai telespettatori e offrono contemporaneamente inserzioni ai clienti pubblicitari è contraddistinto da un livello di concentrazione che non ha riscontro negli altri Paesi europei, e che è determinato dalla posizione dominante del gruppo Fininvest, in virtù di una percentuale di raccolta pari al 65%, e dalla quota di Rai che detiene, con il 29%, la quasi totalità della parte residuale del mercato».

Questi gli altri fattori di natura strutturale che, secondo l'Antitrust, hanno determinato l' 'anomalià del mercato televisivo italiano rispetto all'Europa: «l'asimmetrica allocazione delle risorse frequenziali, dovuta alla mancanza di un processo centralizzato di assegnazione delle frequenze radiotelevisive che, congiuntamente all'integrazione a monte degli operatori televisivi nel mercato della trasmissione del segnale, ha determinato una significativa differenziazione delle reti televisive nazionali, in termini di copertura effettiva, a vantaggio dei due operatori storici»; «una scarsa penetrazione delle piattaforme trasmissive alternative a quella terrestre, che ha limitato le possibilità di accesso al mercato della raccolta pubblicitaria televisiva da parte di nuovi soggetti»; «l'assetto proprietario della società di rilevazione degli ascolti televisivi, su cui Fininvest e Rai esercitano un'influenza determinante»; «la fitta rete di partecipazioni azionarie e di legami di tipo non azionario attraverso cui Fininvest riesce ad esercitare una propria influenza sulle decisioni di alcuni importanti operatori, ed in particolare delle società neo-entranti Telecom Italia e TF1-HCSC».

Alla luce di queste valutazioni, l'Autorità suggerisce alcuni interventi correttivi. In primo luogo, la divisione della Rai in due società distinte, una di servizio pubblico finanziata dal canone, l'altra a carattere commerciale e basata sulla raccolta pubblicitaria, per la quale «sarebbe auspicabile sia il collocamento delle azioni sul mercato borsistico sia la definizione di regole di corporate governance». Un intervento, questo, che secondo l'Antitrust andrebbe effettuato prima del collocamento in Borsa di una quota delle azioni Rai, previsto per la primavera 2005.

In secondo luogo, per l'Autorità «risultano necessari interventi di attuazione del Piano digitale e di riallocazione, attraverso meccanismi di mercato, dello spettro frequenziale destinato ai servizi radiotelevisivi, per evitare che le attuali posizioni detenute nelle reti analogiche (ovvero la disponibilità in capo a Fininvest e Rai di un numero di impianti e frequenze tale da rendere possibile la diffusione di tre reti nazionali, peraltro caratterizzate dalla più ampia copertura effettiva della popolazione) non si trasferiscano al futuro mercato digitale terrestre».

Proprio per stimolare la competizione nel mercato digitale, «andrebbero anche favorite, così come accade all'estero, misure di separazione verticale degli operatori di rete, mediante la separazione proprietaria delle società Rai Way e Elettronica Industriale, attualmente facenti capo rispettivamente ai gruppi Rai e Fininvest». Ancora, l'Antitrust suggerisce di stimolare la «competizione tra piattaforme per la trasmissione del segnale televisivo digitale, attraverso politiche di incentivazione alla diffusione tra le famiglie italiane di apparecchiature di decodifica.

Tali interventi dovrebbero salvaguardare il principio della neutralità tecnologica, e quindi non possono limitarsi ad alcuni mezzi trasmissivi, ma devono estendersi con identiche modalità a tutte le piattaforme televisive digitali: digitale terrestre, satellite, cavo e tecnologie x-DSL». Sul fronte degli ascolti, l'Autorità auspica che venga rivisto l'assetto proprietario dell'Auditel, «prevedendo un soggetto privato indipendente che abbia quale funzione-obiettivo la massimizzazione dei profitti derivanti dalla vendita dei dati sugli ascolti televisivi». In conclusione, «in una fase di transizione tecnologica e di eliminazione dei precedenti limiti normativi alle concentrazioni orizzontali e diagonali», l'Autorità ritiene «opportuno monitorare le condotte degli operatori televisivi, in particolare in materia di predisposizione delle offerte di prodotti pubblicitari, di accesso alle reti digitali ed ai contenuti televisivi, di acquisizione di frequenze ai fini della costituzione di nuovi multiplex nazionali, nonchè, infine, di partecipazioni e di legami non azionari tra gli operatori televisivi».





26/11/2004






Friday, November 26, 2004

Gli americani che ci piacciono

http://www.sorryeverybody.com

simpatiche foto di statunitensi che non sono per nulla fieri dell'inqualificabile presidente che si ritrovano e dicono "sorry" mi dispiace di avere un presidente così cretino :-)

squallida TV di regime : RAI2 Punto e a capo

La nuova strategia di comunicazione del centrodestra interpreta perfettamente la fase attuale del berlusconismo, il "muoia sansone con tutti i filistei" che ogni giorno il presidente del consiglio fa riportare come suo nuovo slogan ai cronisti di palazzo. Quindi, alla faccia dell'emergenza informazione e di una Rai più che monocolore, anzi ormai nera, ecco pronto il messaggio alla nazione da trasmettere. E se magistrati e avvocati alzano la testa, eccoli serviti con una bella manganellata elettronica di "Punto e a capo", la nuova, traballante trasmissione d'informazione di Raidue.

Cattaneo non bada a spese, quando deve difendere i suoi: e pur di far raggrenellare a "Punto e a capo" un modestissimo ma presentabile 7 per cento, fa pagare dazio a Raiuno, costretta a trasmettere contro il Grande fratello di Canale 5 delle repliche di "Don Matteo". Risultato complessivo, una disastrosa performance della Rai, ma che importa?! Intanto su Raidue passano, praticamente senza contraddittorio, le veline anti-giudici scritte personalmente dall'autore Giancarlo Lehner, noto come agiografo del vittimismo di Cesare Previti. Alla prova della quarta puntata, con una media ridicola del 6,6 per cento, la formula di "Punto a capo" dei due conduttori si è rivelata una frana: ormai il programma appare molto più nelle mani della ex segretaria di Almirante Daniela Vergara, in quota An, e il nuovo vicedirettore dell'informazione di Raidue Giovanni Masotti quasi si limita ai suoi interventi ufficiali di censore. Masotti rimedia persino la figuraccia in diretta, si becca i rimproveri dei pochissimi ospiti non allineati, come Bruti Liberati e Diliberto, per poi farsi trattare come uno zerbino dagli ospiti di casa, vedi un siparietto tragicomico con Lino Iannuzzi.

Ma poco conta quel che succede in dettaglio a "Punto e a capo", altresì detto "Punto e basta": la questione fondamentale è politica, ed è chiaro che l'unico utile della serata di ieri è quello più grosso, ossia il guadagno diretto di Canale 5 che stava vedendo colare a picco il Grande fratello, quando Raiuno controprogrammava per esempio con Nonno libero. E a proposito delle veline di regime della coppia Masotti& Vergara, viene da chiedersi ormai che senso abbia una presenza isolata e così minoritaria di esponenti di centro-sinistra, o peggio ancora, come segnalato da "Micromega" nel nuovo numero, il ruolo da opinionista della signora Palombelli-Rutelli.

www.articolo21.com

Thursday, November 25, 2004

Esercito: tangenti per mi$$sioni, indaga la procura

ESERCITO

tangenti per missioni, caso scoppiato a luglio,
indaga la procura



Roma, 15 ott.

La procura della Repubblica di Roma ha aperto un'inchiesta sulla denuncia di alcuni sottufficiali dell'Esercito dei carabinieri i quali in occasione di trasmissioni televisive hanno denunciato che i militari che si erano offerti per andare in missione di pace o di guerra all'estero, dovevano versare una tangente ai loro superiori. L'inchiesta è affidata al pubblico ministero Adelchi D'Ippolito che ipotizza i reati di corruzione e concussione.

È scoppiato nel luglio scorso il caso delle presunte tangenti pagate per poter partecipare alle missioni militari all'estero, sul quale oggi la Procura di Roma ha avviato un'inchiesta affidata al pubblico ministero Adelchi D'Ippolito che ipotizza i reati di corruzione e concussione. A denunciare i fatti, alcuni militari italiani, carabinieri e soldati dell'Esercito. E a raccoglierne le rivelazioni Rai New 24 che mandò in onda un ampio reportage il 29 luglio a firma di Sigfrido Ranucci, nel corso del quale alcuni sottoufficiali dei carabinieri raccontavano di aver presentato senza successo richieste per partecipare alle missioni all'estero e che erano venuti a conoscenza del fatto che »bisognava pagare una o due mensilità per poter andare in Iraq, Bosnia, Kossovo«. Il servizio dava voce anche a un militare dell'esercito operativo a Udine, che era stato costretto a pagare per poter essere trasferito.

Immediata la replica di fonti dello Stato maggiore della Difesa, che ammisero solo l'esistenza di un caso che si era verificato a Motta di Livenza, in provincia di Treviso, relativo ad un ufficiale che aveva chiesto soldi ad un militare in cambio della partecipazione alle missioni all'estero. L'ufficiale, riferirono, era stato scoperto, denunciato alla magistratura militare e processato. E che il giudizio si era concluso con un patteggiamento. Sulla vicenda intervenne anche il maggior generale Vladimiro Alexitch, comandante del contingente italiano in Iraq, sottolineando che non gli risultava nessuna notizia di presunte tangenti per quanto riguardava l'Iraq.«Per quanto mi risulta -tenne a sottolineare- non ci sono stati episodi di questo genere. C'era stato in passato un caso di deviazione prontamente scoperta e repressa. Il responsabile che si voleva far pagare per promuovere l'invio di un militare in missione all'estero ha fatto i conti con la giustizia. Ma se si trattasse di un fenomeno diffuso -aggiunse- dopo la notizia di quest'unico caso sarebbero probabilmente uscite allo scoperto altre vittime. Cosa che non è avvenuta, quindi penso che si tratti di una semplice ombra circoscritta».

L'inchiesta aperta dalla Procura romana si affianca a quella già avviata da tempo dalla Procura militare per aspetti diversi da quelli affidati all'esame di D'Ippolito e ha tratto spunto appunto dall'intervista fatta a luglio scorso dal maresciallo dell'Esercito Domenico Leggero durante una trasmissione televisa e successivamente anche da un maresciallo dei carabinieri. Le loro versioni dei fatti sono state confermate anche da altri due sottufficiali dell'Arma , che incappucciati confermarono tutte le accuse recentemente durante il programma 'Le Jenè, spiegando come avevano fatto i loro colleghi che chi intendeva partecipare alle missioni di pace o di guerra all'estero era costretto a versare ai suoi superiori una somma di danaro calcolata sulla base della diaria che veniva percepita a seconda del tipo di missione. Il magistrato ha già acquisito un'ampia documentazione comprese le dichiarazioni fatte in televisione. Inoltre sono stati già sentiti come testimoni diversi militari che hanno confermato le accuse. (Adnkronos).

http://www.articolo21.com/news.php?id=3575

IRAQ :100.000 uccisi

Umanità Nova, numero 35 del 7 novembre 2004, Anno 84
Iraq: il "Bisturi" USA
Contabilità di un massacro


Ma questi inglesi non si smentiscono proprio mai?!
Nonostante siano lontani cugini, non hanno ancora digerito, a quanto pare, la sollevazione delle colonie inglesi in America, che portò, più di duecento anni orsono, alla dichiarazione d'Indipendenza e alla nascita degli attuali Stati Uniti. E nonostante oggi ne siano diventati i più fedeli alleati - o vassalli? -, sono sempre loro, i figli della perfida Albione, a fare i peggiori dispetti alla superpotenza americana. Una vendetta postuma, tanto più se coronata da una attestazione di superiorità morale, non guasta mai.
E così, dopo aver denunciato per primi, alcuni mesi fa, le menzogne sulle famigerate armi di distruzione di massa del kattivo satrapo levantino, inventate per giustificare "democraticamente" l'intervento armato della coalizione, ecco gli agghiaccianti dati sulle conseguenze della guerra in Iraq, fornitici in questi giorni da una delle più prestigiose e autorevoli riviste scientifiche del mondo: l'inglese (appunto) "The Lancet".
In base a proiezioni statistiche, tra l'altro per difetto, eseguite da una équipe di studiosi americani ed iracheni, è stato possibile calcolare il numero reale (sempre per difetto) dei civili, in gran parte vecchi donne e bambini, uccisi dall'inizio della guerra dai bombardamenti alleati. Dati, nella freddezza delle cifre, semplicemente terrificanti. Se fino ad ora, infatti, le stime più pessimistiche parlavano di circa trentamila vittime, i nuovi studi, pubblicati con velenosa meticolosità da Il Bisturi - The Lancet, contabilizzano almeno centomila morti, centomila "morti extra" rispetto a quelli che ci si aspetterebbe in un paese in pace. Centomila, si badi bene, senza contare quelli fisiologici in una guerra che si rispetti: poliziotti, militari, spie, collaborazionisti e fiancheggiatori vari.
Come intervento umanitario, non si poteva certo chiedere di più!
Con l'apparente asetticità dei dati statistici, ma con l'evidente intento di stigmatizzare ferocemente il feroce intervento angloamericano, la rivista inglese spiega che centomila civili uccisi in 18 mesi, in un paese come l'Iraq, significa che un iracheno ha 58 probabilità in più di morire rispetto a prima dell'intervento, che il numero dei decessi ogni mille abitanti per anno è passato da 5 a 12,3, che il tasso di mortalità per la sventurata popolazione irachena è superiore di una volta e mezzo al periodo anteguerra. E che quello infantile, già altissimo in conseguenza del precedente embargo, è passato da 29 a 57 ogni mille. E si tenga presente che questi studi statistici non hanno volutamente preso in considerazione la zona di Falluja, perché in tal caso i calcoli, vista la situazione particolarmente drammatica di quella città, avrebbero avuto risultati semplicemente sconvolgenti.

Fra i motivi solitamente addotti per giustificare una guerra, qualsiasi guerra ma a maggior ragione queste guerre "umanitarie" oggi così di moda, c'è quello di creare migliori condizioni di vita e benessere per popolazioni altrimenti soggette al pugno di ferro del dittatore di turno. E poco importa che queste popolazioni soggette si guardino bene, solitamente, dal richiedere l'intervento "amico". Fatto sta che in questi ultimi lustri, con una progressione preoccupante, le grandi democrazie occidentali hanno offerto sempre più spesso queste famose "migliori condizioni di vita" a popolazioni che, a nostro modesto parere, avrebbero volentieri evitato di pagare con morte e distruzione quel loro andare a stare meglio. Iraq, Balcani, Somalia, Afganistan e ancora Iraq, e chissà cosa ancora ci aspetta, sono lì a ricordarcelo, a mostrare che non è con l'intervento armato delle potenze straniere che si costruisce la libertà dei popoli.
Saremo degli inguaribili nostalgici, legati a una visione retrò delle dinamiche sociali e delle motivazioni ideali che dovrebbero, a parer nostro, muovere la storia, ma non riusciamo a rassegnarci all'idea che pace, benessere e libertà siano merci di consumo, reclamizzabili con ingegnosi spot pubblicitari, utili per giustificare le mortifere politiche di potenza degli stati-canaglia di turno, Stati Uniti d'America, Inghilterra e Italia in testa. E altrettanto non riusciamo a rassegnarci a una visione del mondo impostata sulla prevalenza di stati-gendarme cui è concesso celare i propri interessi egemonici dietro la sordida facciata della più pelosa delle ingerenze "umanitarie". Come pure non riusciamo a rassegnarci all'eterna favola dei poteri buoni impegnati in una lotta epocale contro i poteri cattivi; all'infame escamotage dello scontro fra civiltà e culture differenti, le une cui tutto è lecito, le altre destinate a soccombere a causa di pretese inferiorità; a una realtà fatta di violenza e sopraffazione, nella quale il quotidiano massacro di fanciulli e bambini diventa solo uno sgradevole incidente di percorso.
Ricorre, in questi giorni, l'anniversario della "vittoria", di quando, 86 anni fa, seicentomila italiani si fecero ammazzare per difendere e favorire gli interessi del nostro nascente capitalismo. Di quando, nelle campagne europee, milioni di soldati e civili si "immolarono in olocausto" sull'altare del nazionalismo e del profitto. "Mai più guerre", si disse in seguito. E "mai più guerre" fu nuovamente gridato dai popoli stremati quando, nel 1945, la bomba di Hiroshima suggellò il più immane massacro di tutti i tempi. "Mai più guerre" vorremmo ancora gridare noi, mai più vittime innocenti sepolte sotto le case bombardate o soldati mandati a uccidere e a farsi ammazzare. "Mai più guerre" vorremmo gridare, convinti che l'amore per la vita e per un'esistenza in pace dovrebbe rendere collettivo questo nostro grido. Ma consapevoli anche che solo un processo di liberazione che parta dal basso, che sappia sbarazzarsi del cappio del potere politico ed economico, delle lusinghe del nazionalismo, delle menzogne delle credenze religiose, renderà i popoli finalmente fratelli e le guerre il lontano "ricordo di infame passato".
Massimo Ortalli












Berlusconi e Legge "salva Previti"

La Repubblica


L´AGGRESSIONE ALLE SENTENZE

24-11-2004

A pensarci bene, sono molto coerenti. C´è una lucida, anche se viziosa, razionalità in quanto sta per accadere in Parlamento con la legge «Salva Previti!». Ricordiamo brevemente. Per liberare dai grattacapi milanesi se stesso e Cesare Previti, amico, sodale, avvocato, onorevole e ministro di giustizia "ombra", Silvio Berlusconi ha prima modificato il reato (il falso in bilancio).Poi, con la legge sulle rogatorie, ha voluto annichilire le prove. Non è stato sufficiente per mandare per aria il lavoro della procura di Milano. E allora sono state manipolate le regole del processo con la legge Schifani. Bersaglio mancato. La manovra è stata sventata dalla Suprema Corte che ha cancellato la legge perché incostituzionale. Al rosario delle manomissioni del principio dell´uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, mancava all´appello - dopo il reato, la prova e il processo - la sentenza. L´aggressione alle sentenze si è consumata ieri alla Camera, in commissione giustizia. Come è naturale, una sentenza non si può cancellare. Ma se ne possono cancellare gli effetti, ovvero la condanna. Come? Estinguendo, come si dice, il reato. In una parola, cancellandolo, considerandolo morto. E´ una mossa meno complicata di quanto si possa immaginare. Se non si può modificare l´esito di un processo - faccenda alquanto ardua: come si fa a gettare nel cestino la corruzione magari aggravata dalla circostanza che il corrotto è un giudice? - lo si può aggirare. Per esempio, definendo dei tempi di prescrizione più ridotti. Se passa troppo tempo dal giorno della consumazione del reato, il reato non c´è più: questa è la prescrizione. Dunque, se si accorciano i tempi della prescrizione anche il reato di corruzione in atti giudiziari può evaporare. Finora la corruzione in atti giudiziari - reato per il quale Cesare Previti è stato condannato, in un processo, a undici anni di carcere e, in un altro, per corruzione semplice a cinque - si estingueva in quindici anni (dieci più cinque). La commissione giustizia della Camera propone ora di cambiare le regole del gioco. Senza farsi imprigionare dai tecnicismi, è sufficiente dire che i dieci anni più cinque, diventano otto più due. Il massimo della pena prevista da quel reato (otto anni) aumentata per le circostanze aggravanti di un quarto. Dunque otto più due, dieci anni. Non ci crederete, ma il processo milanese ha accertato che l´ultima manovra corruttiva di Cesare Previti (affare Imi-Sir) risale al giugno del 1994 (Previti si preparava a diventare ministro della Difesa e intascava una ventina di miliardi in Svizzera). Dunque, dieci anni e cinque mesi fa. Conclusione. Se la legge dovesse essere approvata come è stata confezionata oggi, il reato di corruzione in atti giudiziari di Cesare Previti, e manco a dirlo anche quello (ancora a giudizio) di Silvio Berlusconi, sarebbe estinto già da cinque mesi. Alla Camera, comunque, non vogliono proprio correre rischi. Si devono essere detti che bisogna garantire a Cesare Previti un´ulteriore opportunità nel caso l´operazione fallisse, la manipolazione saltasse e i tempi della prescrizione restassero quel che sono oggi. Il relatore della legge Luigi Vitali ha infilato così nella proposta un piccolo emendamento. Prevede che gli imputati condannati che abbiano compiuto i 70 anni, «a meno che non siano stati dichiarati delinquenti abituali o professionali», non faranno un solo giorno di carcere. Sconteranno la pena a casa. Anche in questo caso, sarete increduli nell´apprendere che, soltanto per un caso, Cesare Previti ha compiuto i settant´anni il mese scorso, il 21 ottobre. E´ la legge «Salva Previti!», anche se i burattinai e i burattini di quest´ultima manovra lo smentiscono. Al di là del disegno legislativo che si adatta alla figura di Previti come una giacca tagliata da Caraceni, ci sono due circostanze che lo confermano. La prima la offre, forse inconsapevolmente, proprio il relatore della legge. A frittata fatta, Luigi Vitali salta fuori con una dichiarazione a prima vista senza senso. Dice Vitali: «Ieri Silvio Berlusconi ha inaugurato il nuovo corso, ricatti non li accettiamo». Non si comprende che cosa c´entra il presidente del Consiglio. Il disegno di legge presentato alla commissione giustizia è formalmente un´iniziativa parlamentare, non una mossa del governo. E allora, perché invocare Berlusconi a meno che non sia di Berlusconi la sollecitazione a togliere a se stesso e a Previti le castagne dal fuoco? E´ un´ipotesi che trova una conferma nella seconda circostanza. Questa doveva essere la settimana del regolamento di conti con la magistratura. La riforma dell´ordinamento giudiziario è all´ultimo giro di boa, alla Camera. E´ la legge a cui il governo e la maggioranza hanno affidato, come sostengono le toghe, la vendetta contro pubblici ministeri e giudici. Ordine giudiziario fortemente gerarchizzato, umiliazione del consiglio superiore della magistratura, invasività dei poteri del ministro e delle commissioni di esame e di disciplina che egli contribuirà a formare. Sembrava fatta. Il ministro di giustizia addirittura sperava di chiudere la partita oggi togliendosi la soddisfazione di vincerla mentre la magistratura scioperava per la terza volta nella legislatura. Così non sarà. Il condono ambientale con la fiducia fa slittare il voto alla prossima settimana. Ma Palazzo Chigi ha fatto sapere che prima dell´ordinamento giudiziario bisognerà approvare la «Salva Previti!». Anche qui con molta coerenza perché prima la fai franca, eviti il pericolo e poi ti vendichi di chi te lo ha procurato. Quindi, prima si salva Previti, poi si puniscono i magistrati. Coerente. Come le riforme di giustizia del governo. Anche se, favorendo uno (Previti), sono riforme che salvano moltissimi e per reati socialmente minacciosi come la rapina, l´usura, la bancarotta... Ma questo a Palazzo Chigi deve essere apparso un insignificante dettaglio.

GIUSEPPE D´AVANZO


Norma salva-Previti Il Polo si spacca

La Stampa


Norma salva-Previti Il Polo si spacca

24-11-2004

La maggioranza si è spaccata in commissione Giustizia della Camera: Forza Italia e An hanno votato gli emendamenti sui tempi della prescrizione, l’Udc contro, la Lega si è defilata e ha espresso le sue perplessità, mentre per l’opposizione erano assenti Verdi e Rifondazione. L’Ulivo darà battaglia. Se dovesse passare il testo approvato dal Comitato dei nove, si introdurrà nel sistema delle prescrizioni un doppio binario: per i reati più gravi la prescrizione si calcolerà aumentando il massimo della pena prevista fino a due terzi della stessa. Per tutti gli altri, si ridurrà dalla metà a un quarto l’aumento del massimo della pena previsto per calcolare la prescrizione. Questo significa che se prima un imputato per un reato che prevedeva la pena massima di sei anni doveva aspettarne nove per la prescrizione, adesso saranno sufficienti sette e mezzo. «E’ cambiato il vento, non siamo più disposti a subire ricatti». Luigi Vitali, relatore del provvedimento in materia di recidiva e di termini di prescrizione - norma salva Previti, secondo l’opposizione -, commenta il colpo di scena nel Comitato dei nove. Fino all’altra sera, lo stesso Vitali aveva annunciato che in assenza di un accordo tra gli alleati sulla proposta dei suoi emendamenti, il Comitato avrebbe discusso soltanto gli emendamenti del centrosinistra. Ieri, invece, da palazzo Grazioli è arrivata l’indicazione di «forzare». Amareggiato, Edmondo Cirielli, An, che aveva presentato la proposta originaria, chiede che non venga più citato il suo nome, disconoscendo il testo: «Hanno snaturato e falsato il senso della mia proposta». L’opposizione denuncia i rischi di «una amnistia mascherata che cancellerà con un colpo di spugna migliaia e migliaia di processi» (Franco Bonito, Ds), di «impunità per chi si difende dal processo e non nel processo» (Gianni Kessler, Ds). E paventa - Giuseppe Fanfani, Margherita - che «la norma istigherà a tirare per le lunghe i processi». «E’ indecente - tuona Paolo Cento, Verdi -, ancora una volta per salvare un imputato eccellente, Cesare Previti, si sovrappone una vicenda giudiziaria personale alla necessità di riformare seriamente la giustizia». Spiega Giuseppe Fanfani, Margherita: «Le Sezioni unite della Cassazione avevano stabilito che non si doveva considerare, ai fini della prescrizione, la sospensione del processo richiesta di difensori». L’emendamento Vitali, invece, stabilisce: «In nessun caso la sospensione e l’interruzione della prescrizione, anche congiuntamente computate, possono comportare l’aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere». Insomma, chiarisce Anna Finocchiaro, Ds, «basterà che un avvocato chieda due o tre rinvii al massimo in un processo perché quel reato si prescriva, salvo reati di criminalità organizzata». L’opposizione è determinata a dare battaglia, convinta che le modifiche presentate, se diventassero legge, allungherebbero i tempi del processo. Ma anche dentro la maggioranza non tutti sono d’accordo con il testo Vitali. Erminia Mazzoni, Udc, motiva così il suo voto contrario nel Comitato dei nove: «Con questi emendamenti si introduce una distorsione nel sistema. Se c’è qualcuno che ci convince sull’urgenza di questo provvedimento, siamo disposti a ragionare. Rilevo che nel giorno in cui il ministro dell’Interno, Beppe Pisanu, invoca maggiore severità sulla recidiva, certezza ed effettività della pena, in commissione Giustizia della Camera si va nella direzione opposta». L’esponente supplente della Lega, Rossi, al momento del voto nel Comitato dei nove, si è assentato. Carolina Lussana, capogruppo della Lega in commissione Giustizia, giustifica la sua assenza con un ritardo dell’aereo: «Sul testo di Vitali abbiamo delle perplessità, la nostra contrarietà è riferita a quegli emendamenti che vogliono riportare nell’ambito della discrezionalità del giudice l’aumento delle pene nei casi di recidiva. Noi siamo per l’obbligatorietà. Complessivamente, valuteremo come votare quando il provvedimento sarà in aula». Ieri sera la conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha deciso che sia l’ordinamento giudiziario che la legge sulla prescrizione e la recidiva slitteranno a martedì della prossima settimana. Una decisione maturata anche per l’incertezza del quadro politico.

Guido Ruotolo


Sunday, November 21, 2004

Il centro-destra "riforma" il codice militare: in galera i giornalisti che raccontano la guerra

Il centro-destra "riforma" il codice militare: in galera i giornalisti che raccontano la guerra
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di Toni Fontana
19 Nov 2004

Arrivano le manette per i giornalisti scomodi al governo, contrari alla guerra e critici sulla missione in Iraq. Su proposta del centrodestra il Senato ha infatti approvato ieri una «riforma» del codice penale militare che prevede tra l’altro pene gravissime e lunghe detenzioni per i giornalisti che scriveranno articoli sulle missioni militari, compresa quella in corso a Nassiriya. L’iniziativa della maggioranza di governo sta già provocando proteste e suscitando polemiche. Il senatore Ds, Elvio Fassone, sostiene che la riforma «rischia di avere conseguenze molti gravi anche nel campo della libertà di informazione». Il segretario della Federazione della Stampa italiana, Paolo Serventi Longhi, parla di «misura gravemente lesiva dell’indipendenza e dalla libertà dell’informazione».

La riforma, che appare studiata allo scopo di chiudere la bocca a tutti coloro che contestano le finalità e la natura della missione italiana nella guerra dell’Iraq, si configura come un’estensione del codice penale militare di guerra anche alle missione di pace.

La missione a Nassiriya è appunto considerata dal governo un missione di pace e, di conseguenza, la nuova normativa verrà estesa (se la Camera confermerà il giudizio del Senato) anche ai servizi giornalistici che provengono dall’Iraq.

Per effetto delle norme approvate ieri dalla maggioranza di centrodestra a palazzo Madama diventano «operativi», cioè pienamente in vigore anche gli articoli 72 e 73 del codice penale militare italiano là dove la legge recita che viene punita «l’illecita raccolta, pubblicazione e diffusione di notizie militari».

Viene punito con la reclusione militare, viene cioè affidato ad un carcere militare, il giornalista che «procura notizie concernenti la forza, la preparazione o la difesa militare, la dislocazione o i movimenti delle forze armate, il loro stato sanitario, la disciplina e le operazioni militari e, ogni altra notizia che, essendo stata negata, ha tuttavia carattere riservato». Il giornalista che verrà accusato di questi «reati» potrà essere condannato ad una pena variante tra i due e i dieci anni di carcere, ovviamente militare.

Non è tutto.

Se queste notizie verranno «divulgate» la pena potrà essere raddoppiata e arrivare fino a venti anni di carcere. Il minimo della condanna per il cronista che osa scrivere qualcosa che disturba è in questo caso di cinque anni. Se la riforma seguirà il suo iter e verrà approvata dai due rami del Parlamento ai militari verrà dunque affidato un potere assoluto e arbitrario di discrezione e di intervento sulle attività dei cronisti che seguono le missioni all’estero.

Le disposizioni sono così precise e dettagliate che, nei fatti, ogni articolo inviato dai teatri di guerra, in special modo da Nassiriya, potrà diventate un atto di accusa contro gli lo avrà scritto che rischierà pene superiori a quelle comminate a molti incalliti criminali.

Il senatore Ds Elvio Fassone interviene sulla decisione della maggioranza di «estendere l’ambito del codice militare di guerra» giudicando l’iniziativa «una scelta molto inopportuna sotto molti aspetti, che rischia di avere conseguenze molto gravi anche nel campo della libertà dell’informazione». Fassone si augura un «ripensamento» alla Camera.

Serventi Longhi ricorda dal canto suo che la riforma «prevede il carcere duro per i giornalisti che diffondono notizie sull’attività del contingente italiano e, forse, anche sulle operazioni dei contingenti alleati». Per il segretario della Fnsi si tratta di una misura «ricattatoria per i giornalisti invitati di fatto all’autocensura». Serventi Longhi auspica di conseguenza che la riforma venga ritirata nella seconda lettura parlamentare, cioè a Montecitorio.

Le misure approvate ieri al Senato appaiono appunto ispirate da quella parte del mondo politico e militare che da tempo sta tentando di erigere un muro di gomma per impedire alla stampa di ribadire i pressanti interrogativi che circondano la missione a Nassiriya sulla quale non si sanno molte cose avvenute nel corso dei combattimenti con i miliziani.

Toni Fontana
(grazie per la segnalazione a Daniele John Angrisani, agli amici di forumdelteatro.org e alla redazione dell'Unità on-line. Oltre che alle decine di messaggi di lettori sconcertati e indignati.)

redazione@reporterassociati.org

Trilussa : la ninna nanna de la guerra

LA NINNA-NANNA DE LA GUERRA (Trilussa, 1914)


Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna :
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
Che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
Che se regge co’ le zeppe,
co’ le zeppe d’un impero
mezzo giallo e mezzo nero.

Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili…

Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza…
o a vantaggio d’una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.

Ché quer covo d’assassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe’ li ladri de le Borse.


Fa’ la ninna, cocco bello,
finché dura ‘sto macello:
fa’ la ninna, ché domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So’ cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.

E riuniti fra de loro
senza l’ombra d’un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe’ quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!

ottobre 1914

Poesia di Trilussa sull'idiozia della guerra

La guerra
Trilussa


Ner mejo che un Sordato annava in guerra
er Cavallo je disse chiaramente:
Io nun ce vengo! - e lo buttò per terra
precipitosamente.

No, nun ce vengo - disse - e me ribbello
all'omo che t'ha messo l'odio in core
e te commanna de scannà un fratello
in nome der Signore!

Io - dice - so' 'na bestia troppo nobbile
p'associamme a l'infamie che fai tu;
se vôi la guerra vacce in automobbile,
n'ammazzerai de più!

Dario Fo su Silvio B Ubu Roi , Palavobis, febbraio 2002

UBU ROI
di Jarry
Dario Fo , monologo in occasione dell'evento Palavobis .

Vi voglio parlare di un testo che sto rileggendo in questi giorni con grande interesse: un testo teatrale di satira grottesca, si tratta di un capolavoro del Surrealismo. Il suo titolo, molti di voi lo ricorderanno, è "Ubu Roi", Ubu re.
Ubu è il personaggio protagonista di quest’opera. L’autore è Jarry. Vissuto a Parigi, dal 1873 al 1907; morto quindi a soli 34 anni, ma per raggiungere la fama a Jarry bastò questa sua farsa surreale.
Quando Ubu Roi fu messo in scena alla fine dell’Ottocento, a Parigi, ebbe un successo strepitoso.

La farsa racconta di un paese immaginario, fantastico; presumibilmente situato in Europa, ma potrebbe anche collocarsi in America Latina o in Asia. In questo paese vive il nostro Ubu, un uomo di gran talento, spregiudicato e alle volte rozzo che si batte con tutti i mezzi per conquistare un grande potere economico e politico. In poche parole, questa è la storia tragica e farsesca della sua irresistibile scalata. Carica di allegorie e smaccate, strizzate d’occhi ai più grotteschi fatti storici del tempo di Jarry. Ancora oggi questo testo viene recitato in tutto il mondo, sempre con gran successo da centinaia di compagnie che naturalmente tendono ad adattare le allusioni satiriche alla situazione del Paese in cui viene messo in scena. Dopo la fine della Prima Guerra Mondiale (’15-’18), il fenomeno Ubu-Roi riesplode in modo incredibile. Non c’è teatro moderno nel mondo che non l’abbia in repertorio. Ogni regista di talento ci mette nuovi giochi allegorici, allusivi alla realtà contingente. Finchè arriva Jean Jaques Cajou, teatrante geniale che rielabora una sua versione clownesca dal titolo "Ubu Bas", Ubu basso. Un testo pieno di situazioni spassosissime. Originali, molto vicine al nostro tempo. Opera che stranamente non ottiene il grande successo che meritava, forse perché in quegli anni si stava profilando l’esplosione della Seconda Guerra Mondiale. In tutta Europa si viveva un clima di tragica tensione e la gente non amava vedersi riflessa dentro lo specchio concavo della satira.

Ora, qualche settimana fa, come dicevo, rileggendo il testo di Jarry, mi sono trovato appresso, come compendio, quest’altro lavoro si Cajou, dal titolo "Ubu bas". L’ho letto d’un fiato e ne sono rimasto fulminato, estasiato per la giocondità, il divertimento, la follia grottesca. Vediamola insieme questa super-farsa a partire dal protagonista Ubu bas: questo è un personaggio straordinario in quanto a vitalità, grinta; non è molto colto, anzi direi che è piuttosto rozzo in certi atteggiamenti, però possiede una verve nel dialogare fatta d’iperbole e luoghi comuni piuttosto avvincenti. Gesticola, si atteggia a uomo sicuro di sè e fa dichiarazioni smaccatamente fasulle con una sicumera sconvolgente. Tutto avviene in un ambiente da clown. Infatti lui, Ubu bas, è un po’ clown, però sempre abbigliato con una certa eleganza... un po’ caricata, sempre tirato. Purtroppo essendo "bas", soffre di un evidente complesso di statura. Così per ovviare alla "vis comique" del "tappo", cerca di rimediare adottando tacchi alti e sottosuole nascoste per elevarsi. Cura molto il portamento: camminata ritta, sorriso splendente, si esercita in ogni momento ad atteggiare bocca e ganasce a un’espressione di gioconda cordialità. Ogni tanto... ahimè, forza un po’ troppo i muscoli facciali e gli capita di ingripparsi le mascelle, bloccate in un ghigno orrendo ed è costretto a sferrarsi manate pesanti sulla faccia per liberarsi dall’ingrippata. Oltretutto, ogni tanto, per troppa sicurezza di sè, inciampa in gaffes tremende, da seppellire di vergogna anche un elefante, ma lui non se ne accorge: (mimando stupore) "E perché, che c’è?!".

In fondo, come tutti i clown, è un candido sprovveduto, ma con una grande dote... quella del venditore, un bateleur, come dice in gergo Cajou, l’autore. Un piazzista di grande fascino attraverso il quale riesce a catturare attenzione e interesse della gente e riesce a vendere l’invendibile. A convincere il pubblico dello straordinario valore e qualità di tutto ciò che va offrendo, usa trucchi, gioca basso e giura, giura perfino sui figli! Sulla testa dei figli! "Che un fulmine di fuoco cada su questi miei innocenti se quel che dico non è la verità!", un fatto che impressiona...specie i figli... che hanno sempre la dissenteria. Siamo sempre nel clima surreale del circo.
Ma andando avanti ecco che un giorno si imbatte in un evento che cambia completamente il corso della sua vita. Qui l’autore rimane sul poco chiaro... anzi, quasi reticente. Ubu si incontra con personaggi non ben delineati, a metà fra un boss e la figura del genio della favola di Aladino. Ecco che appare ... VROM! "Oh mio dio, chi è?".
"Non chiedere nè chi sono nè da che minchia vegnu! Acchiappàsti dinari, falli fruttare ...e se nun ce riesci, tu si n’omm futtuto! (Fa il gesto di sgozzare) GNAC! Prendere o lasciare".

Ubu con grande coraggio accetta. Ritira il gran malloppo e si butta nell’avventura. Impegna i denari in ogni affare anche rischioso. Si butta nell’edilizia: fabbrica case e poi palazzi. Mette in piedi addirittura una mezza città. Si compera aree immense. àsto punto non gli resta che fondare una banca e appresso, una impresa d’assicurazione, un’agenzia di pubblicità e poi tre radio... che allora non c’era ancora la televisione. Tre radio intere! Con tutto che c’era il monopolio di Stato...per la legge, solo lo Stato poteva gestire le radio. Ma Ubu ha un amico politico che per lui è come un fratello che gli sforna una legge speciale, tutta a suo vantaggio. Questo amico si chiama Ubu Crax. In questo paese tutti si chiamano Ubu, è come un prefisso. Anche lo Stato si chiama Ubu, perfino le città: Ubu-ta, Ubu-bo, Ubu-ca...
Fatto sta che àsto punto Ubu bas si ritrova all’apice del successo: "Ma come hai fatto? Ma che forza! Sei un genio!".

Soltanto che questa spregiudicatezza sostenuta da una fortuna sfacciata lo spinge ad azzardi sconsiderati al limite della legalità. Alla fine si fa incastrare dentro un’inchiesta per corruzione. Lo portano sotto processo perché i giudici hanno le prove che due alti dirigenti di sue imprese, di Ubu, hanno corrotto due "Gendarm juane" - si dice in francese - cioè due gendarmi gialli... guardie di finanza. Hanno versato un sacco di quattrini a questi due finanzieri e anche ad un generale perché chiudessero un occhio su una imponente evasione fiscale. Durante il dibattimento i giudici presentano a Ubu le prove dell’inghippo. I primi a cedere e a parlare sono le Gendarm jaune, generale in testa: "Sì, è vero, ci siamo fatti corrompere. Abbiamo accettato 100 milioni a testa per metterci una pietra sopra, così da salvarli dal pagare le tasse per l’ammontare, allora, pari a 150 miliardi".
Attenti, siamo a prima della Seconda Guerra Mondiale. Pensate che cifra, proprio da capogiro!

Per finire, i due ufficiali e il generale vengono condannati a delle pene pesanti e anche i due alti dirigenti di Ubu vengono condannati. Lui no! è una storia paradossale... aha, aha... l’avete già capito... completamente assurda.
E come mai? perché lui, Ubu, riesce a convincere i giudici che non ne sapeva niente.
"Ma come è possibile, i suoi manager gestiscono i suoi soldi, i suoi 300 milioni per corrompere a suo vantaggio e non glielo dicono?!"
"No! Non me lo hanno detto, ’sti furfanti!"
"Ma almeno tutti i soldi che questi suoi dirigenti hanno risparmiato dalle tasse, i miliardi, se li è trovati lì in cassa, belli impacchettati..."
"Sì, infatti mi sono meravigliato e ho esclamato sorpreso Ma da dove vengono tutti questi quattrini?’ e loròè un dono della fata Morgana!’ Io amo le favole e ci ho creduto!".

E ci ha creduto anche il giudice! Aha, aha! E anche la gente! (Rivolto al pubblico) E scommetto che anche voi un po’ ci credete!
Fatto sta che questa sentenza ha procurato al nostro Ubu bas una grande carica di fiducia in se stesso, tanto da lanciarsi in operazioni sempre più azzardate: imprese acquistate e vendute, sempre al limite della legalità e quindi sempre più s’è ritrovato tampinato da inchieste di Polizia, Guardia di Finanza e giudici... tanto da sentirsi braccato, incastrato e allora, àsto punto ha deciso: "Qui se non risolvo con una trovata geniale, sono fottuto!" All’istante ha una folgorazione: "Mi butto in politica!"
Una trovata geniale, ma sconvolgente... tanto che il Presidente di questo Stato, uomo giusto e democratico ha sussultato: "Ma come!, questo Ubu bas, con tutto il potere economico di cui è in possesso, entra in politica?! è contro le regole civili... oltretutto fonda un partito: un partito che si definisce social- democratico-liberal-conservatore-cattolico-estremista... e anche un po’ razzista... bel partito! Scende in campo - diceva il presidente - con ’sto partito, forte di mezzi, potere economico , tre radio per la propaganda... " C’era già allora il conflitto di interessi , non se ne parlava molto, specie davanti ai bambini, ma c’era! Era una terribile anomalia, tanto che il Presidente della repubblica non ha potuto trattenersi e alla fine ha esclamato: "Oeu! Oeu!"... omo di poche parole, ma incisive!

C’era molta gente che faceva commenti altrettanto indignati, ma Ubu va diritto per la sua strada e organizza quel suo partito spostando quei suoi impiegati ai posti di comando: un "Partito-azienda", come ama chiamarlo lui. Ha messo in azione le sue tre radio con una propaganda tappeto e ha fatto impiastrare tutte le città con foto giganti della sua faccia...la sua faccia era dappertutto... come ti voltavi, Ubu di qua, Ubu di là. Te lo trovavi suoi tram, alla stazione, perfino nel cesso, molto ringiovanito, che ti guardava mentre facevi pipì. Insomma era in piedi una campagna elettorale in grande stile. I dirigenti della sinistra osservavano indignati: "Ma che ostentazione triviale quei manifesti pacchiani dappertutto! Che mancanza di stile..." e dopo un attimo si fanno fare fotografie giganti anche loro. Ma i posti per l’affissione ormai sono già tutti occupati da Ubu. Per farla breve, arriva il giorno del confronto elettorale... e Ubu vince! Vince le elezioni.

(Dopo una breve pausa, si rivolge al pubblico) Siete rimasti sorpresi?
Anche il Presidente della Repubblica dello stato di Ubu è rimasto sorpreso, tanto che fa: "Oeu, oeu, oeu!!!" Tre volte e in tonalità molto alta. Molta gente contesta indignata: "Non si può assolutamente accettare una situazione del genere, siamo l’unico paese d’Europa ad approvare una simile illegalità.
è una vergogna!".
Ma invece un’altra gran quantità di cittadini diceva (quasi gridando): "Lasciatelo fare...", gente anche di sinistra moderata... c’era la sinistra moderata già allora. "Lasciatelo fare, se è riuscito così bene a farsi gli affari suoi, farà anche i nostri!"
Aha!, Aha! Così dice il testo di Cajou! Aha!, Aha!, che assurdo! Proprio cose dell’altro mondo!

Aha!, Aha!, A noi in Italia non sarebbe mai scappata una frase del genere perché noi siamo un popolo di scafati, abbiamo un’altra cultura... abbiamo già avuto personaggi che hanno fatto gli affari propri, promettendo di fare i nostri. Le fregature le abbiamo già prese! Aha!, Aha!, e uno se le ricorda! Noi sappiamo che se "uno è bravo a farsi gli affari propri", continuerà a farseli... o no?!
(Rivolto al pubblico) Da questa posizione, in proscenio, vi dirò che godo del privilegio di vedere chiaramente molta parte del pubblico seduto in platea... così un attimo fa, mentre recitavo "se uno è bravo a farsi gli affari propri, continuerà a farseli", una signora in terza fila ha sollevato le braccia per applaudire... poi si è bloccata con le mani tese nell’aria...il marito vicino a lei si è ritrovato nella stessa souspence e ha esclamato: "Oh, cazzo! Abbiamo sbagliato tutto!"
D’altra parte noi abbiamo un proverbio, un’espressione napoletana, ma che è diventata nazionale che dice: "Accà nisciuno è fesso!"Aha!, Aha!, è nazionale! Aha!, Aha!, come siamo strani. Va bè!

Ma torniamo a Ubu bas, il nostro campione che ha vinto le elezioni e prende il potere. Viene eletto Presidente del Consiglio, è il suo posto... HOP! (mima il salto agile con il quale Ubu salta sulla poltrona più alta) "Son qua!" e si tira appresso nel Governo tutti i manager delle sue imprese...il Governo-azienda! E nel Governo piazza anche quattro avvocati del suo staff di difesa. Tutto casa, Camere e Senato! Tra questi avvocati ce ne sono due che hanno problemi con la giustizia... rischiano la galera. E lui li fa eleggere Senatori, che è assurdo! Dov’è quel Paese dove uno che ha problemi con la giustizia dice: "Mi faccio eleggere senatore così non mi toccano più!" Aha!, Aha!, (preso da fout rire) che assurdo! Una legge che dice: un senatore può essere messo sotto processo, ma non arrestato... "Alle udienze ci vado solo se mi garba... a farmi interrogare non ci vengo, come imputato neanche... ho altro da fare!" Aha!, Aha!, è la commedia di Cajou che lo racconta! è qui tutto scritto (mostra un mazzetto di fogli) non sto inventando niente.

Caligola in fondo è stato più accorto: ha fatto eleggere un cavallo senatore... ma poi quel cavallo non ha mai minacciato gli avversari politici gridando: "Come vinciamo, non faremo prigionieri!" nè ha mai ricusato i giudici che lo processavano.
Questo non è nel testo...ma nel testo c’è àsto punto un "coup de teatre", come dicono i francesi...e la trovata è che Ubu decide di imporre nuove leggi tutte a proprio vantaggio.
(Al pubblico) Lo sapevate di già, vero?!
La prima legge che modifica completamente è la Rogatoria. "Rogatoire", come dice Jean Jaques Cajou... essendo francese. Ma cos’è ’sta rogatoria? Facciamo conto, immaginiamo che questo Ubu abbia truffato brutalmente la giustizia e abbia addirittura dato ordine al proprio avvocato... facciamo gli esagerati... due avvocati, l’ordine di buttarsi a corrompere niente meno che due giudici... aha, aha!... offre loro una gran mappata di quattrini per convincerli a favorire Ubu nell’asta per l’acquisto di un’impresa importantissima...a un prezzo di grande vantaggio... insomma un affare di centinaia di miliardi. Ma ecco entrare in scena un altro gruppo di giudici che scopre la corruzione. E dove la scoprono? Facciamo una sparata di fantasia! La scoprono niente meno che in Svizzera. perché c’è una banca svizzera...aha, aha...pensate che idea!, una banca nella quale si trovano i documenti della cessione di denari per l’ammontare di miliardi dal conto degli avvocati di Ubu al conto dei giudici da corrompere. Pensate che incastrata! Oltretutto si scopre anche che i quattrini ai giudici sono stati versati da Ubu in persona!

Ma niente paura, dal momento che il nostro campione è diventato il Presidente del Consiglio, impone questa legge che cancella il diritto di rogatorie, cioè il diritto di ogni tribunale europeo di richiedere copia dei documenti che certifichino un reato, con il particolare però che le fotocopie in seguito alla nuova legge non hanno più valore. Lo hanno in tutti gli altri paesi d’Europa, ma per il nostro... oh pardon, per quello di Ubu, no. Per il suo è valido solo il documento originale. Ma siccome, per legge, la Svizzera, anche oggi, non può cedere mai l’originale, ecco che il nostro tribunale, cioè, pardon! Oh dio che gaffe!... il tribunale dello Stato di Ubu è costretto a invalidare la documentazione di reato. La corruzione non è più sostenibile... cancellate le prove... il processo salta! "Liberi tutti!"... è il paese del bengodi! Aha, aha!... scusate m’è venuta una lacrima... ah... non riesco più a ridere.
Sappiate che Cajou, l’autore, chiama questa legge "scherzo da Previti"!
Ma andiamo avanti... Ubu e i suoi ministri sfornano un’altra legge: quella sul falso in bilancio. Voi dovete sapere che da imprenditore il nostro piccolo arraffa-tutto ha già subito più di un processo per falso in bilancio... ed è stato pure condannato. Ed ha ancora processi in corso per lo stesso reato. Ora che è a capo del Governo Ubu grida: "Basta!" e decreta che per legge il reato di falso in bilancio non esista più: via! Buttato all’aria! perché? perché è ora di lasciare libera la fantasia dei cittadini: ognuno deve poter dar sfogo alla propria creatività... quindi raccontare, in merito ai propri redditi, quel che gli pare... entrate, uscite, guadagni... inventarseli insomma. Fantasia e invenzione... basta con la grigia realtà! L’immaginazione al potere... libera... liberi tutti! Ognuno può raccontare le frottole che gli pare riguardo ai propri interessi. Anzi, elargisce un premio speciale a quelli che le raccontano più grosse. E devo dire che li vince tutti Ubu!

(Rivolto al pubblico, fingendo di puntare qua e là fra gli spettatori) io continuo a vedere in platea della gente perplessa... ho notato una signora che stava per applaudire e ancora una volta il marito che la blocca, sibilandole a mezza voce: "Buona, sta parlando di noi!". No, si parla di tutti... (si riprende come impacciato) scusate ma mi è venuto in mente... perdonate se faccio un salto mortale dal racconto paradossale di Ubu a quello egualmente grottesco dei nostri giorni... ma proprio in queste settimane si sta concretizzando il passaggio di consegne e poteri della nostra televisione di Stato. E in primo piano si concretizza a tormentone la faccia spiritata di Gasparri che dirige il trapasso come un vigile all’ora di punta (esegue un grammelot con poche parole comprensibili): "Haolopi citta la vinca storpia e quelo se crede, si parlo proprio di calarbuti va Santoro (fa il gesto con la mano di "vattene") ascarì bela e qua cosiccome la spirt ti alè, si propri a te... alè, alè Biagi (ripete il gesto di "vattene") fuori televischio, egual sgomebo anche rapido (fa il gesto di sollevare delle valige e di mettersi in moto) anda, a razzo Luttazzi... e appearto stario finì, alè, alè servazzi quasi vento anche Idro Montanelli... fora a zanchio (si arresta perplesso) come? è morto? (Breve pausa) Bene fuori anche la sua tomba! Adelà cogniatia si, struzza ... sì Porta a Porta, sì!"
(Rivolto al pubblico) Sì, avete ragione si capisce poco di quello che dice... è per via che parla troppo veloce? Anch’io credevo fosse questa la ragione del suoi impapocchiamento. In questi giorni ho parlato con un amico professore in glottologia che m’ha spiegato che questo sproloquiare incasinato di Gasparri non è dovuto tanto alla rapidità con cui parla ma piuttosto al fatto che il suo cervello non riesce a seguire le proprie parole che gli escono con troppa rapidità. Qui mi devo arrestare un attimo per svelarvi un segreto... non posso più continuare con questa trasposizione allegorica (inizia a mimare l’azione di impastare la terra creta per poi plasmare un pupazzo di bassa statura)... forse l’avrete già intuito: Ubu è lui.

(Indica l’immaginario pupazzo e lo muove come a presentarlo al pubblico. Lo accarezza con ambo le mani come volesse forgiargli la testa, lo solleva di qualche centimetro) Scusate, ma devo infilargli i sopralzi nelle scarpe... ci tiene molto. A proposito di sopralzi... gli è successo un dramma poco fa che forse vi è sfuggito. Vi ricorderete senz’altro quando s’è ritrovato in Germania e ai giornalisti di mezzo mondo ha espresso il suo parere sul mondo islamico ed è sbottato ad esternare il pensiero suggeritogli dal suo consigliere spirituale Ubu-bozzo-badget: "Gli arabi sono antidemocratici, non hanno cultura... anzi possiedono una sottocultura di tipo ancestrale che al confronto di quella di noi occidentali è roba da basso Medioevo!" Bumpete! C’erano presente Ministri e rappresentanti altolocati dei vari Stati europei che son saltati letteralmente sulla sedia... facevano cenni disperati al nostro Presidente del Consiglio (mima il gesticolare disperato), ma lui se ne va avanti imperterrito a sbrodolare disprezzo contro i Mussulmani "beduini incivili".

"Ma cosa va dicendo? - tenta di frenarlo qualcuno - Arabi culturalmente inferiori? Nessuno gli ha mai detto che sono stati i creatori della scienza matematica, trigonometria, geometria... hanno calcolato per primi la circonferenza della terra, la distanza dalla luna e dal sole, il movimento degli astri? Ci hanno regalato concetti di alta filosofia, grandi poemi come "Le mille e una notte"...e lei Presidente va sputtanarli con disprezzo..." e un pezzo grosso americano incalza: "Ma dove ha la testa... proprio nel momento in cui Bush e il suo staff si stanno sbattendo come forsennati per convincere tutti i Paesi Mussulmani a far fronte unico contro il terrorismo, lei arriva qua come un bisonte nano a sbatterci tutto all’arià! Non se ne è accorto, ma qui c’erano una decina di rappresentanti dell’Islam e se ne sono andati bestemmiando come turchi!"
Ed ecco che il nostro Ubu italiota ha dovuto rimangiarsi tutto... una figura! Vi ricordate quelle sue rimangiate, con l’ingoio a singhiozzo? Poveraccio, sempre col mal di stomaco... per giorni e giorni. è costretto ad incontrare una commissione di Mussulmani e mediare arrampicandosi sui muri: "Credetemi, io non ho mai pronunciato quelle parole contro l’Islam!".

"Come non le ha pronunciate... abbiamo visto e ascoltato tutti in televisione quella sua sparata d’insulti..."
"Ma non erano espressioni mie... sono stati i comunisti che mi hanno doppiato!"
Qualche giorno fa poi è andato a compiere l’atto straordinario di riappacificazione: si è recato a far visita alla moschea massima di Roma... alla cattedrale dei mussulmani. L’avrete pur visto il servizio televisivo: arriva davanti al sacro luogo... lo fermano. "Che c’è?", "Deve togliersi le scarpe." (Pausa, poi al pubblico) No, non è una mia invenzione... c’è la ripresa televisiva (mima di cavarsi le scarpe), come si toglie le scarpe (esegue l’azione come a scendere da un gradino) ohp, ohp... i pantaloni sul fondo gli vanno a coprire tutto e i piedi spariscono! Due sporpole sballocchianti. Come si muove e viene in avanti... SBLOK, SBLOK. Entra. Quando si trova nel centro della navata... dell’emisfero sacro, inciampa (mima una rovinosa caduta) PATATONF! Frana in avanti, sbatte la faccia sul pavimento, il sedere per aria, ginocchioni rivolto verso la mecca... e tutti buttandosi carponi esclamano: "Allah è grandeeeee!!". Un trionfo. Si è salvato!
(Torna a ricomporre l’immagine del pupazzo. Lo accarezza sul cranio, lo cinge alle spalle, lo indica) Si è fatto da solo... (pausa, lo considera) poteva farsi meglio!
è proprio basso, corto... soprattutto dal punto di vista morale... è anche di bassa cultura. Devo però ammettere che in certi momenti sa essere davvero geniale, spregiudicato allo schifo. L’idea di formare un governo coi fascisti riciclati, con i gomiti bloccati sopra le anche... se no gli scatta il tick del saluto (solleva le braccia a turno nel saluto romano), per non parlare poi dello stomaco di tirar dentro il Padano-Brianza-Bossi che è un Ubu-oeu! I discorsi di Bossi sono dei capolavori di truculenza comparata: "Ah, che el sia ciaro che qui àsta vaca-bestia di RAI, se non ci sganciate un para de cadreghe, niualtri si smamma come levri e vi mandem a dar via el cü a tüti. E poe basta de rompere i cojon con ’sto fato che nun sarsmo una masa de razisti... sia ciaro che par mi poden vegnir dentro tüti, negher, marochin, cines... basta che me tiret via dai cojon i napolitan! No, quei... foera di bocul! No i podi supurtà. I vegne sü ne la nostra bela Padania, i roba, g’han mica voja de lavurà quei là... sèscriven nei coba... parlen ’sta lengua de teron... e poe i se scopeno le nostre done bianche!".

Beh, Ubu bas, il nostro Ubu bas, spesso quando tira fuori la sua vera natura è di uno spasso. Ineguagliabile, gioviale, amicone... alla mano. Basta vedere come s’è comportato qualche settimana fa, in occasione del Convegno europeo dei Ministri degli Esteri in Spagna... e lui, il nostro Presidente... Ubu-bas, s’è auto-nominato Ministro degli Esteri dopo aver sbattuto via quello consigliatogli dall’Agelli-Fiat. è il primo caso della storia in cui un presidente del consiglio si becca anche il ruolo di ministro degli esteri! Mai accaduto! No, no, un momento... prima di lui Mussolini aveva fatto lo stesso: capo del consiglio, Capo della Farnesina. GNACK, (al pupazzo immaginario) non ti vergogni, copiare il duce? No, lo so che non lo sapevi.(Rivolto al pubblico) non conosce la storia! Cultura zero! (Finge di battergli pacche sul cranio)... proseguiamo. Dicevo: lui si trova in Spagna con tutti i Ministri degli esteri... riunione informale... si annoia: "Basta con ’sta lagna... facciamo qualcosa di spiritoso! Tutti pronti per la foto di gruppo...in posa!" Qui c’è il Ministro spagnolo (indica davanti a sè) sulla destra, qui c’è quello francese. Appena dietro, a sinistra, l’inglese. "Pronti per lo scatto!" e lui, ’sto matto di Ubu-bas, che fa? Solleva la mano e TAC! (Fa le corna sull’immaginaria testa dello spagnolo) Aha, aha!, che simpatico! Ma non è finita. Con l’altra mano va ad infilare un dito nel sedere del Ministro francese... qui di fianco il francese sussulta: "Oue, parbleu!", lo bloccano al volo, appena in tempo. Allora lui, qui appena dietro c’è l’inglese... TAK! Una strizzatina ai coglioncini! Tanto che nella foto si vede il Ministro in questione che con le braccia spalancate in aria che fa: "Auahh".

Stupenda trovata, che stile... gaudio di classe sublime. La nostra reputazione all’estero, dopo questa geniale performance è salita alle stelle: corna, affondo gluteale, strizzatina d’orpelli. Tutti i nostri grandi geni del passato sono scattati fuori dalle loro tombe all’unisono applaudendo (cantando): "Si scoprono le tombe e si levano i morti!" Ma il nostro Ubu non si ferma qui, ha proposto un nuovo intrattenimento spettacolare: nel prossimo convegno ci sarà una gara collettiva a chi farà pipì più lontano.
Tutti i ministri schierati sul balcone... foto di gruppo! E la sera un concerto di scoreggine. E vaiiii!
In tutta questa faccenda però, c’è un atteggiamento che davvero non mi riesce di sopportare: il vittimismo di questo Ubu. (Ridisegnando plasticamente il pupazzo), sì, sto parlando di te! Ma ti pare bello andare intorno come vai facendo da più di un mese, per tutta l’Europa a raccontare certe panzane! (polemizzando col pupazzo Ubu) Ah no? Son peggio di panzane (rivolto al pubblico) diteglielo anche voi: ’sto falsone scatenato è andato a dire un po’ dappertutto che in Italia c’è una coalizione che gli vuol stroncare le gambe. Tanto per cominciare nella giustizia si sono infiltrati un sacco di giudici comunisti, provenienti dalla Russia: nei giornali cosiddetti indipendenti dal direttore al fattorino sono tutti comunisti. Anche alla Rai, fino all’altro ieri il potere era in mano ai comunisti. All’estero poi, le Monde in Francia è comunista, El Mundo in Spagna è un covo di rossi estremisti. In Germania La Roiter... comunista. Non parliamo poi in Inghilterra, tutti i quotidiani comprese le riviste porno... comuniste. Anche la Regina è comunista! Tant’è che è iscritta ai Cobas!
E tuttàsta congrega è nelle mani di D’Alema. è lui che gestisce. è risaputo che quando D’Alema si incazza ordina: sparategli addosso! Fuoco a volontà! E tutti scrivono articoli di fuoco! Un linciaggio!

(Si rivolge al pupazzo massaggiandogli il capo) Hai capitòsto bastardo comunista?! (scoppia a ridere, quasi singhiozzando) D’Alema comunista! (poi esplode con una gran danza e saltella impazzito, indica il pupazzo) Solo lui vede comunisti! (mimando di scuotere il pupazzo) Non ci sono più i comunisti! Ah ah ah aha!!!
A parte che tu, invece di insultarlo dovresti baciare la terra dove mette i piedi, a D’Alema. Sei irriconoscente! Ma andiamo, D’Alema e i suoi ministri... e tutto il suo partito, e l’ala moderata un po’ di centrosinistra, un po’ a destra... sempre al confine... col culo che ogni tanto s’affaccia dall’altra parte... tira di qua... spinge di là... passo, non passo... ripasso!
Dicevo, non dimenticare che D’Alema è rimasto quattro anni al governo... e in tutto questo tempo aveva il sacrosanto dovere di varare una legge contro il conflitto d’interesse. Era un dovere costituzionale, civile. Per metterci a pari con tutte le altre nazioni europee. E invece: "Ma no, non c’è fretta... perché dargli una simile stangata povero Ubu... tanto avere tre televisioni, non è poi questo gran vantaggio. Con quattro trasmissioni in più mica condizioni gli elettori... Oramai la gente ragiona con la propria testa... mica siamo in America dove il pubblico lo imbesuisci con gli spot e con gli slogan a tormentone. (A gran voce) Tiè l’America!! (scoppia a piangere)
Se non ci fosse stato D’Alema col cavolo che tu saresti diventato Presidente del Consiglio del Governo italiano!

(Quindi riprendendosi) Ma tutti tranquilli: c’è una buona notizia. Ubu ha dichiarato che a giorni risolverà personalmente il conflitto di interessi. Venderà due televisioni. Due televisioni di stato!... è spiritoso! Ma io non so, non riesco a sentirmi sereno... Anzi, ho come un gran magone. Ho un’angoscia, un incubo... anche quando dormo. Non so se è capitato anche a voi: mi sogno di svegliarmi da un sogno... e continuo a sognare. Nel primo sogno vivo una situazione di grigiore disperata... sogno di ritrovarmi come ora: un governo che fa, disfa come gli pare... una opposizione in strambola... operai che rischiano il licenziamento. Scuola azienda... ospedali azienda, si ricomincia con la corruzione, le tangenti, processi che saltano, ricominciano a scoppiare le bombe...
Poi di colpo mi sveglio... non era vero niente, solo un incubo... è tutto tranquillo, c’è un buon governo democratico... niente leggi da Banda Bassotti... i furbi e i ladroni in galera... Ubu non c’è più... e rido, rido! E il guaio che dopo mi sveglio davvero... e ricomincia l’incubo.

Ma non lasciamoci abbattere! Su con la vita. Siamo sempre un gran popolo dopo tutto, pieno di risorse. A parte che dopo l’esploit del nostro Ubu in Spagna sono un po’ preoccupato: come arrivo all’estero (a gran voce) Un italiano! (Si porta velocissimo le mani sulla testa, sul pube e sui glutei) Ma lo faranno solo per scherzare. D’altronde le ultime volte che ho passato la frontiera, sia in Francia che in Germania sentivo intorno a me un grande affetto: "Italiano?" e io: "Sì!" "Oh, che popolo stupendo! E che carattere che avete. Davvero invidiabile. Ve ne succedono di tutti i colori e voi sempre lì... sereni. Impressionante la fiducia che dimostrate... fiducia nelle promesse che vi fanno... fede nei governanti... veramente bello sentirvi così disposti a ridare fiducia a quelli che vi hanno già fregati... siete splendidi, vitali, solari... e anche un po’ coglioni."
Ma la nostra reputazione all’estero è esplosa in modo inimmaginabile con Vanna Marchi. è diventato il nostro emblema. Non avete idea l’interesse che ha suscitato all’estero la vicenda di questa donna fenomeno. Ci sono ancora oggi i giornali ricolmi della sua biografia. Sanno tutto: che è già stata in galera per truffa, tempo fa. è uscita di galera dichiarando "In questi mesi ho meditato sui miei errori. Ho imparato molto". E immediatamente ha fatto un contratto con una televisione, una piccola emittente di provincia, a scopo pubblicitario. In sei anni mostrandosi su quel network da quattro soldi è riuscita a incastrare una cosa come trecentomila persone. Le ha imbesuite, fottute, promettendo loro quattrini, successo, lavoro sicuro, pace e serenità in famiglia. Guarigioni miracolose, fortuna sfacciata a qualsiasi gioco, un avvenire radioso. E a botte da gran banditorèsta donna s’è portata a casa, meglio dire: "rapinato" più di 180 miliardi. Tutto, soltanto, sulla fiducia: promettendo la luna, commovendosi. Giurando sui propri figli! (breve pausa) No, questo è un brevetto di Ubu, non si tocca.
Sì, dicevo, ’sta volpastra, per mezzo di una piccola televisione di provincia (salendo di tono) pensa se avesse avuto a disposizione tre televisioni nazionali! Aleèèèhhhaaa
Buio
Fine

Dario Fo

Saturday, November 20, 2004

DAnte Alighieri : sull'ignobile baratto tra ministero degli esteri e taglio berlusconiano delle tasse

Ahi, serva Italia, di dolore ostello,

nave sanza nocchiere in gran tempesta,

non donna di provincie, ma bordello!

(Dante, Purgatorio, Canto VI, vv 76-78)

Tutti i processi di Berlusconi

Il curriculum giudiziario completo del Cavaliere. Da un'inchiesta per riciclaggio del 1983 a oggi. Tutte le indagini, tutti i processi, tutte le sentenze



Traffico di droga

Nel 1983 la Guardia di finanza, nell'ambito di un'inchiesta su un traffico di droga, aveva posto sotto controllo i telefoni di Berlusconi. Nel rapporto si legge: «È stato segnalato che il noto Silvio Berlusconi finanzierebbe un intenso traffico di stupefacenti dalla Sicilia, sia in Francia che in altre regioni italiane. Il predetto sarebbe al centro di grosse speculazioni edilizie e opererebbe sulla Costa Smeralda avvalendosi di società di comodo...». L'indagine non accertò nulla di penalmente rilevante e nel 1991 fu archiviata.

Falsa testimonianza sulla P2

La prima condanna di Silvio Berlusconi da parte di un tribunale arriva nel 1990: la Corte d’appello di Venezia lo dichiara colpevole di aver giurato il falso davanti ai giudici, a proposito della sua iscrizione alla lista P2. Nel settembre 1988, infatti, in un processo per diffamazione da lui intentato contro alcuni giornalisti, Berlusconi aveva dichiarato al giudice:"Non ricordo la data esatta della mia iscrizione alla P2, ricordo che è di poco anteriore allo scandalo". Per questa dichiarazione Berlusconi viene processato per falsa testimonianza. Il dibattimento si conclude nel 1990: Berlusconi viene dichiarato colpevole, ma il reato è estinto per l'intervenuta amnistia del 1989.

Tangenti alla Guardia di finanza

Berlusconi è accusato di aver pagato tangenti a ufficiali della Guardia di finanza, per ammorbidire i controlli fiscali su quattro delle sue società (Mondadori, Mediolanum, Videotime, Telepiù). In primo grado è condannato a 2 anni e 9 mesi per tutte e quattro le tangenti contestate, senza attenuanti generiche. In appello, la Corte concede le attenuanti generiche: così scatta la prescrizione per tre tangenti. Per la quarta (Telepiù), l'assoluzione è concessa con formula dubitativa (comma 2 art. 530 cpp). La Cassazione, nell'ottobre 2001, conferma le condanne per i coimputati di Berlusconi Berruti, Sciascia, Nanocchio e Capone (dunque le tangenti sono state pagate), ma assolve Berlusconi per non aver commesso il fatto, seppur richiamando l'insufficienza di prove.

Tangenti a Craxi (All Iberian 1)

Per 21 miliardi di finanziamenti illeciti a Bettino Craxi (Ë la pi˜ grande tangente mai pagata a un singolo uomo politico in Italia), passati attraverso la società estera All Iberian, in primo grado è condannato a 2 anni e 4 mesi. In appello, a causa dei tempi lunghi del processo scatta la prescrizione del reato. La Cassazione conferma.

Falso in bilancio (All Iberian 2)

Berlusconi Ë stato indagato (anche sulla base di una voluminosa consulenza fornita dalla Kpmg) per la rete di 64 società e conti off shore del gruppo Fininvest (Fininvest Group B) che, secondo l'accusa, ha finanziato operazioni "riservate" (ha scalato societý quotate in Borsa, come Standa e Rinascente, senza informare la Consob; ha aggirato le leggi antimonopolio tv in Italia e in Spagna, acquisendo il controllo di Telepi˜ e Telecinco; ha pagato tangenti a partiti politici, come la stecca record di 21 miliardi di lire data a Craxi attraverso la societý All Iberian). La rete occulta della Finivest-ombra ha spostato, tra il 1989 e il 1996, fondi neri per almeno 2 mila miliardi di lire. Per questo Berlusconi Ë stato chiamato a rispondere di falso in bilancio. Ma nel 2002 ha cambiato la legge sul falso in bilancio, trasformando i suoi reati in semplici illeciti sanabili con una contravvenzione e soprattutto riducendo i tempi di prescrizione del reato (erano 7 anni, aumentabili fino a 15; sono diventati 4). CosÏ il giudice per le indagini preliminari nel febbraio 2003 ha chiuso l'inchiesta: negando l'assoluzione, poichÈ Berlusconi e i suoi coimputati (il fratello Paolo, il cugino Giancarlo Foscale, Adriano Galliani, Fedele Confalonieri) non possono dirsi innocenti; ma decidendo di prosciogliere tutti i 25 imputati, poichÈ il tempo per il processo, secondo la nuova legge, è scaduto. La procura ricorre in Cassazione, che all'inizio di luglio 2003 applica per la prima volta il "lodo Maccanico", decidendo la sospensione del processo per Berlusconi.

Caso Lentini

Berlusconi è stato rinviato a giudizio per aver deciso il versamento in nero di una decina di miliardi dalle casse del Milan a quelle del Torino calcio, per l’acquisto del calciatore Gianfranco Lentini. Il dibattimento di primo grado si Ë concluso con la dichiarazione che il reato Ë prescritto, grazie alla nuova legge di Berlusconi sul falso in bilancio.

Medusa cinematografica

Berlusconi è accusato di comportamenti illeciti nelle operazioni d'acquisto della società Medusa cinematografica, per non aver messo a bilancio 10 miliardi. In primo grado è condannato a 1 anno e 4 mesi per falso in bilancio. In appello, assoluzione con formula dubitativa, confermata in Cassazione.

Terreni di Macherio

Berlusconi è accusato di appropriazione indebita, frode fiscale e falso in bilancio per l’acquisto dei terreni intorno alla sua villa di Macherio. In primo grado è assolto dall'appropriazione indebita e dalla frode fiscale. Per i due falsi in bilancio contestati scatta la prescrizione. In appello è confermata l'assoluzione per i due primi reati; è assolto per uno dei due falsi in bilancio, per il secondo si applica l'amnistia.

Lodo Mondadori

Berlusconi è accusato di aver pagato i giudici di Roma per ottenere una decisione a suo favore nel Lodo Mondadori, che doveva decidere la proprietà della casa editrice. Il giudice dell'udienza preliminare Rosario Lupo ha deciso l'archiviazione del caso, con formula dubitativa. La Procura ha fatto ricorso alla Corte d’appello, che nel giugno 2001 ha deciso: per Berlusconi è ipotizzabile il reato di corruzione semplice, e non quello di concorso in corruzione in atti giudiziari; concesse le attenuanti generiche, il reato dunque è prescritto, poiché risale al 1991 e la prescrizione, con le attenuanti generiche, scatta dopo 5 anni. Il giudice ha disposto che restino sotto processo i suoi coimputati Cesare Previti, Giovanni Acampora, Attilio Pacifico e Vittorio Metta.

Toghe sporche-Sme

Berlusconi è accusato di aver corrotto i giudici durante le operazioni per l'acquisto della Sme. Rinviato a giudizio insieme a Cesare Previti e Renato Squillante. Il processo di primo grado è in corso presso il Tribunale di Milano e andrý a sentenza a Milano, dopo che la Cassazione ha respinto la richiesta di spostare il processo a Brescia o a Perugia, per legittimo sospetto, reintrodotto per legge nell'ottobre 2002. Un'altra legge, il "lodo Maccanico", votata con urgenza nel giugno 2003, impone la sospensione di tutti i processi a cinque alte cariche dello Stato, tra cui il presidente del Consiglio. Ma il Tribunale ha accettato la richiesta di pubblico ministero e parte civile di chiedere alla Corte costituzionale di pronunciarsi sulla eventuale incostituzionalitý del "lodo".

Spartizione pubblicitaria Rai-Fininvest

Berlusconi era accusato di aver indotto la Rai, da presidente del Consiglio, a concordare con la Fininvest i tetti pubblicitari, per ammorbidire la concorrenza. La Procura di Roma, non avendo raccolto prove a sufficienza per il reato di concussione, ha chiesto l'archiviazione, accolta dal Giudice dell'udienza preliminare.

Tangenti fiscali sulle pay-tv

Berlusconi era accusato di aver pagato tangenti a dirigenti e funzionari del ministero delle Finanze per ridurre l’Iva dal 19 al 4 per cento sulle pay tv e per ottenere rimborsi di favore. La Procura di Roma ha chiesto l'archiviazione, accolta dal Giudice dell'udienza preliminare.

Stragi del 1992-1993

Le procure di Caltanissetta e Firenz, indagano da molti anni sui «mandanti a volto coperto» delle stragi del 1992 (Falcone e Borsellino) e del 1993 (a Firenze, Roma e Milano). Le indagini preliminari sull'eventuale ruolo che Berlusconi e Marcello Dell'Utri possono avere avuto in quelle vicende sono state formalmente chiuse con archiviazioni nel 1998 (Firenze) e nel 2002 (Caltanissetta). Continuano però indagini per concorso in strage contro ignoti e i decreti d'archiviazione hanno parole pesanti nei confronti degli ambienti Fininvest.

Mafia

La procura di Palermo ha indagato su Berlusconi per mafia: concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio di denaro sporco. Nel 1998 l'indagine Ë stata archiviata per scadenza dei termini massimi concessi per indagare. Indizi sui rapporti di Berlusconi e Dell'Utri con uomini di Cosa nostra continuano a essere segnalati in molte sentenze.



Telecinco in Spagna

Berlusconi, Dell’Utri e altri manager Fininvest, responsabili in Spagna dell'emittente Telecinco, sono accusati di frode fiscale per 100 miliardi e violazione della legge antitrust spagnola, per avere detenuto occultamente il controllo di Telecinco, proibito dalle leggi antimonopolio. Sono ora in attesa di giudizio su richiesta del giudice istruttore anticorruzione di Madrid, Baltasar Garzon Real. Il giudice Garzon ha chiesto di processare Berlusconi in Italia o di poterlo processare in Spagna. Di fatto, il processo Ë sospeso.

www.societacivile.it

How some of the world's biggest corporations are fuelling the genocide in Darfur

How some of the world's biggest corporations are fuelling the genocide in Darfur
..And what this tells us about the nature of corporations


The dazzlingly efficient herding of Jews, gay people and Gypsies into concentration camps by the Nazis was only made possible by the technological expertise of IBM. The corporation provided the Nazis with punch-card technology - revolutionary in the 1930s - that made it possible to classify the entire German population according to "race" and send them to their deaths. The IBM subsidiary Hollerith had two people stationed in every camp. The numbers tattooed on to the arms of prisoners were five-digit codes for IBM machines. As Edwin Black - the award-winning historian who spent five years exposing this fetid story - explains: "Without IBM's machinery, continuing upkeep and service, as well as the supply of punch cards, Hitler's camps could never have managed the numbers they did."

This isn't an arid history lesson. IBM has apologised and moved on, but another group of multinational corporations is making a holocaust possible today in Darfur.

This western region of Sudan has dropped down the news agenda. But remember: one person dies every five minutes, 2 million people have been driven from their homes, and the UN describes the situation as "the worst humanitarian catastrophe in the world today". But the Arab majority is continuing to rape and slaughter the black African minority with near-impunity. One journalist offers a typical scene from the province: "I found a man groaning under a tree. He had been shot in the neck and jaw and left for dead in a pile of corpses. Under the next tree I found a four-year-old orphan girl caring for her starving one-year old brother. And under the tree next to that was a woman whose husband had been killed, along with her seven- and four-year old sons, before she was gang-raped and mutilated."

The unelected Arab supremacist government in Khartoum raises virtually nothing in taxation. Sudan has an annual per capita income of just £220. So how have they managed to afford to fight a war and launch a genocide? In the south, throughout the 1980s and 1990s, they waged a vast war against the Christian population, killing 2 million of them and ethnically cleansing a further 4 million. In Darfur today, Khartoum is arming and whipping up the genocidal Janjaweed militias. They have enough cash to buy Mig-29s, one of the most swish and deadly fighter aircrafts in the world.

How can they afford all this? Because multinational corporations have ignored the pleas of human rights groups and handed money to the Khartoum serial killers in exchange for Sudan's oil. The roll-call of companies who chose to do this is long and distinguished: Siemens AG from Germany, Alcatel SA from France, ABB Ltd from Switzerland, Tatneft from Russia and PetroChina.

Human Rights Watch states unequivocally: "Oil revenues have been used by the [Sudanese] government to obtain weapons and ammunition that have enabled it to intensify the war." The money paid by multinationals is not the cause of these programmes of mass slaughter, but it is an essential ingredient. Just as Hitler could not have operated such efficient gas chambers without IBM's technology, Khartoum could not be waging such effective and large-scale genocides without oil money.

Of course, these corporations do not actively seek genocide, just as IBM did not actively seek the murder of Jews. They simply have a morally neutral stance towards it. They clearly see the murder of human beings as irrelevant; the profit margin is all. This tells us something about the nature of corporations - now the dominant cultural and economic institution of our times.

Private business is an essential component of a free society because it generates wealth and enables individuals to be independent from the state. But its desire for profit must be kept in careful balance with other human necessities; too often, it is not.

Even within broadly democratic countries like the US, we can see how corporations try to buy up the institutions of a free society - politicians and the press - and encourage them to turn a blind eye to (or even deny) life-and-death issues such as man-made climate change.

But democratic citizens can, if they have the will, restrain them. When corporations operate outside democracies, they will acknowledge no moral limits, and nobody can make them. They will pursue profit at any price. Some will even enslave people in sweat-shops and effectively - as in the Holocaust and in Darfur - aid and abet murder.

Only one group has opposed the corporations facilitating the murder in Sudan with any success, at least when it comes to brokering a fragile peace in the south. This is difficult for me to write, because they have not been the forces I like - human rights groups and the internationalist left. No; the only group that has effectively lobbied against the genocidal regime in Khartoum has been the red-state Christian evangelicals in the US. They lobbied hard for an oil embargo against Sudan, so US dollars were not used to slaughter their fellow Christians. Uber-moralistic religion clashed with raw amoral markets, and - incredibly - the Bush administration sided with the evangelicals against the oil companies. As a result, since 2000, no US oil company has been allowed to operate within Sudan, to their fury. Peace has finally prevailed. This shows what can happen when the Sudanese government is subject to serious economic penalties for its crimes.

The US is lobbying hard for the UN to impose similar international oil sanctions to stop the genocide in Darfur. (The evangelicals are much less worried about slaughtered Muslims, but they believe the chaos might spill over into the south). This is being flatly opposed by China - which receives a quarter of its oil supplies from Sudan - and Russia. These two authoritarian governments are vandalising any attempt to deal with this genocide through the United Nations.

It seems nobody is prepared to choke off the corporate fuel for the holocaust in Darfur. The UN is rendered useless by its arcane structures, the African Union is too poor and disorganised to act, and an Anglo-US intervention is extremely unlikely in the wake of Iraq. So what do we do - lie back and watch the first genocide of the 21st century scythe through Darfur unhindered?

There is an alternative. Professor Eric Reeves is an expert on the murder of black Darfurians. He explains: "The only way to stop this genocide now is for a mass campaign to force multinationals to disinvest from Sudan. During the apartheid era in South Africa, the divestment movement was an immensely powerful force in breaking down this system of racial discrimination. We can do the same today."

Through our pensions plans, our universities and our stock portfolios, we in Europe own most of the companies providing the hard cash for this genocide. If our governments fail to act to end genocide, the responsibility falls to us. Go to www.divestsudan.org to find out how, practically, we can act to deprive the Janjaweed militias of money and arms, just as we throttled apartheid.

If you don't bother - if you're just too busy, or you think corporations will behave responsibly without your pressure - please, don't lower your head or indulge in a moment's pained silence on Holocaust Day next year. You will have learnt nothing and remembered nothing.


The Independent - 19/11/2004


riforma Giustizia in Italia : Test psico attitudinali ai magistrati come voleva Licio Gelli

I test psico-attitudinali una vecchia idea di Gelli
Marco Travaglio – “La Repubblica” 11 novembre 2004

ROMA - Ha un padre nobile l'idea di sottoporre gli aspiranti magistrati a un «esame psico-attitudinale». Un padre nobile e venerabile: Licio Gelli. Se già lo scorso anno il Gran Maestro della P2, intervistato da «Repubblica», rivendicava il copyright sulle più recenti «riforme» e si felicitava per lo stato avanzamento lavori del suo «Piano di Rinascita democratica», ingiustamente bollato di golpismo negli anni '80 e ora riabilitato dal governo Berlusconi, oggi sarà addirittura entusiasta: anche la riforma dell'ordinamento giudiziario, oltre a quella della Costituzione, gli riconosce un ruolo di precursore indiscusso. Nel Piano, scritto da Gelli & C. intorno al 1976 e ritrovato nel 1982 nel doppiofondo della valigia della figlia Maria Grazia, si leggeva fra l'altro: «Ordinamento giudiziario: le modifiche più urgenti investono: - la responsabilità civile (per colpa) dei magistrati; la normativa per l'accesso in carriera (esami psico-attitudinali preliminari)». Obiettivi entrambi centrati: la responsabilità civile fu istituita dopo il referendum craxiano dell'87; gli esami psico-attitudinali sono appena passati grazie alla «riforma» Castelli.

Ma non basta. Il Venerabile invocava la «responsabilità del Guardasigilli verso il Parlamento sull'operato del Pm». Fatto! La Castelli prevede una relazione annuale del ministro sull'attività delle Procure. Gelli suggeriva una «riforma dell'ordina giudiziario per ristabilire criteri di selezione per merito delle promozioni dei magistrati» e «separare le carriere requirente e giudicante». La Castelli risolve anche queste faccenduole.
Addirittura profetico era il Piano di rinascita a proposito dell'«ordinamento del governo»: la fotocopia della riforma costituzionale del «premier forte» appena approvata in prima lettura dalla Casa delle libertà, con la blindatura del premier che scioglie le Camere a piacere. Il venerabile Licio auspicava una «modifica della Costituzione per stabilire che il presidente del Consiglio è eletto dalla Camera all'inizio di ogni legislatura e può essere rovesciato soltanto attraverso le elezioni del successore». Fatto! Il Nostradamus di Castiglion Fibocchi aveva previsto persino la nascita di un partito modello «club di natura rotariana ove siano rappresentati operatori imprenditoriali e finanziari». E invitava gli adepti a "favorire le città-satellite» (tipo Milano 2, per dire).
Ad «acquisire settimanali di battaglia» e a «coordinare molte tv da impiantare a catena per controllare la pubblica opinione media nel vivo del Paese». A «dissolvere la Rai Tv in nome della libertà di antenna». Fatto! Lievemente più prudere del confratello Silvio, Gelli si accontentava di pochi "ritocchi alla Costituzione", non potendo immaginare la riscrittura di 43 articoli in una baita del Cadore. Quanto alla politica fiscale, si limitava all'«abbattimento delle aliquote per le donazioni»: nel 2001 l'allievo ha superato il gran maestro e le ha direttamente azzerate. Persino il rientro dei capitali dall'estero è un'idea del Venerabile: «Concessione di sgravi fiscali – scriveva nel Piano – ai capitali stranieri per agevolare il ritorno di capitali dall’estero». Nel 2002, con lo “scudo fiscale”, è stato accontentato.
Restano, purtroppo, alcuni punti del Piano ancora inapplicati. Per esempio la pretesa di riservare l'ingresso al «Club» a «uomini omogenei per modo di sentire, disinteresse, onestà e rigore morale» (in Parlamento siede una trentina di,condannati). 0 la proposta di una draconiana «legislazione anti-monopolio modello Usa». Che, se importata in Italia, vieterebbe a un privato di controllare più di una tv (figurarsi sei). A ripeterle oggi, quelle idee pericolose, Gelli passerebbe per comunista. Il test psico-attitudinale lo farebbero a lui.

Ancora Epurazioni nell'informazione : Rosanna Sapori cacciata da Radio Padania

COMUNICATO STAMPA

In questo brutto momento di caccia alle streghe, chi pensa che licenziare i giornalisti liberi possa significare risolvere i propri problemi di scarsità politica sbaglia, sbaglia tantissimo.
La mia estromissione da Radio Padania non m’impedirà di raccontare - attraverso le centinaia di lettere che ho ricevuto in questi anni di conduzione radiofonica - come si è modificato il pensiero politico della gente che ascolta e telefona a Radio Padania. Le oltre duemila lettere - comprese e-mail e fax – rappresentano uno spaccato molto variegato degli ascoltatori di Radio Padania. Ogni lettera mi ha dato e detto qualcosa. Critiche, suggerimenti, commenti, a volte rassegnazione e disperazione. Come la lettera di una signora della provincia di Treviso, socio fondatore insieme al marito ed al figlio della banca CREDIEURONORD: “Le scrivo perché sono disperata…io e mio marito siamo tra i soci fondatori…gli unici risparmi che avevamo li abbiamo investiti lì…sono passati attraverso il mio cuore per arrivare alle mie tasche”.
Troverò un editore disposto a pubblicare questa cronaca quotidiana di vita vissuta con gli ascoltatori?
Un libro che dedicherò ad Umberto Bossi che sempre mi chiedeva: “Cosa dice la gente? Fai parlare la gente”.
Dal quel triste 11 marzo 2004, Bossi non l’ho più sentito né visto.

ROSANNA SAPORI
Giornalista (333 4412255)

3.11.2004 – ORDINE DEI GIORNALISTI –
Rosanna Sapori licenziata da Radio Padania Libera. Bossi ha avallato tale decisione o la stessa è stata adottata da un “colonnello” impazzito?
3.11.2004 – ANSA –
Giornalista di Radio Padania a casa dopo 4 anni
3.11.2004 – IL BARBIEREDELLASERA.COM –
Radio Padania Libera. Da cococo a licenziata in tronco
3.11.2004 – OLIVIEROBEHA.IT –
Da co.co.co a licenziata in tronco
3.11.2004 – DISINFORMAZIONE.IT –
Radio Padania…Libera? Sì, libera di licenziare senza preavviso le persone che lavorano.
3.11.2004 – DAGOSPIA.COM -
Sapori senza radio….
- CORRIERE DELLA SERA –
Radio Padania licenzia la conduttrice
4.11.2004 – L’UNITA’ –
Vietato parlar male del premier: epurazione a Radio Padania
4.11.2004 – L’ECO DI BERGAMO –
Giornalista fuori da Radio Padania: “Ero diventata scomoda”
7.11.2004 - LIBERO –
..e in Radio non confermata la conduttrice di una trasmissione molto seguita

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Friday, November 19, 2004

Processo SME : Boccassini chiede 8 anni per Berlusconi.

Milano, contro Berlusconi il pm ha giocato le sue carte
sull'accusa di corruzione del giudice Squillante più che sulla Sme
Scarna, cinica, senza emozioni
la Boccassini spiazza la difesa
Nella requisitoria si fa tesoro delle correzioni dei giudizi
precedenti per i coimputati Previti, Pacifico e Verde
di GIUSEPPE D'AVANZO


Ilda Boccassini durante la requisitoria

MILANO - Si apre, di buon mattino, il libro delle scommesse al Palazzo di Giustizia di Milano. Quale condanna avrebbe chiesto Ilda Boccassini per Silvio Berlusconi? Le previsioni si colorano subito di nero notte. Undici anni! Dodici anni! No, tredici! Gaetano Pecorella, l'avvocato del presidente del Consiglio e tante altre cose ancora, parlamentare di Forza Italia, presidente della commissione giustizia della Camera, in corsa per un posto da giudice costituzionale, lascia cadere prima una perfidia. "Vedrete, la Boccassini ci metterà due giorni per concludere la requisitoria perché un giorno solo è un titolo di giornale solo. Meglio allora stare lunghi in due giorni e guadagnare due titoli".

Liquidata così la vanità del pubblico ministero, l'avvocato scodella il vaticinio più pessimista. Lancia lì "tredici anni e otto mesi". Perché quegli otto mesi, avvocato? "Ma è chiaro. Per Previti il pubblico ministero ha chiesto tredici anni. Per Berlusconi, che all'accusa appare più colpevole di Previti, chiederà otto mesi in più. Non vi pare?".

Ilda Boccassini entra in aula con un paio di occhiali da sole che ne accentuano la grinta di "cattivissima". Brutto segnale. Appare a tutti l'annuncio di una requisitoria del pubblico ministero aspra nella sostanza e addirittura asprissima nella forma per emotività, aggressività, censura morale. A questo punto - e l'udienza non è ancora iniziata - c'è chi corre al libro delle scommesse e corregge la sua giocata al peggio. Per l'imputato Berlusconi Silvio s'annuncia una pessima giornata, dicono.


Campanello. La faccia, che non sai dire se assorta o distratta o assente, del presidente Castellano fa capolino in aula. L'udienza comincia e nessuna delle previsioni, alla fine, rimane in piedi. In sole sette ore, e non in due giorni, Boccassini liquida il suo impegno. Chiede otto anni di condanna e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici per Berlusconi. Esclude ogni attenuante per l'imputato. Con una mossa a sorpresa, contesta non il reato di corruzione in atti giudiziari, ma la corruzione semplice.

Una requisitoria che fa tesoro delle correzioni dei giudizi precedenti (Cassazione, Tribunale, Corte di appello) per gli altri coimputati (Cesare Previti, Attilio Pacifico: i corruttori. Renato Squillante, Filippo Verde: i giudici corrotti).

Veggenti e scommettitori restano di princisbecco perché è il giorno in cui si scopre una Boccassini molto pragmatica. "Cinica" direbbero, credo, i cronisti sportivi. Il pubblico ministero gioca la sua partita in modo utilitaristico ed essenziale. Bada al sodo senza alcun preziosismo tecnico né alcuna mossa emotiva o vagamente "politica". Secca. Asciutta. L'accusa sta ai fatti, e i fatti - si sa - sono testardi e ostinatissimi. Non lo comprendono - non possono comprenderlo, per necessità - i corifei del Capo che, a udienza chiusa, intonano da Roma la farfallina e fraudolenta litania dell'"accanimento politico-giudiziario".

Fossero stati in aula si sarebbero vergognati delle loro parole perché a Milano la Boccassini elenca - anche a costo di diventare noiosissima - documenti, testimonianze, bonifici bancari, contatti telefonici e, degli imputati e dei testimoni a sostegno, contraddizioni, incongruenze, menzogne. Con una prima, sorprendente variazione.

Questo processo viene spesso definito "processo Sme". E' una deformazione di cui i media, in buona o cattiva fede, hanno abusato e che Berlusconi ha sfruttato con abilità parlando quasi esclusivamente dell'affare Sme. La manipolazione ha permesso, negli anni, al patron della Fininvest di coinvolgere nella mischia polemica il suo antagonista politico Romano Prodi, l'azionista di riferimento del Gruppo Espresso Carlo De Benedetti e "la sinistra" e "la magistratura rossa", insomma lo sfruttamento intensivo dell'armamentario con cui Berlusconi si autorappresenta agli italiani come vittima. E' un ruolo che, è noto, sa recitare meglio, con grande sapienza. Questa cosmesi esorcistica dei fatti lascia in ombra, se non dimenticato, che in questo processo i capi di imputazione, per Berlusconi, sono due. Che l'affare Sme è soltanto il secondo capo.

Nemmeno il più rilevante perché il più importante è il primo. Vi si legge che "Silvio Berlusconi ha agito affinché il consigliere istruttore di Roma Renato Squillante compisse una serie di atti contrari ai doveri d'ufficio e in particolare: ponesse le sue pubbliche funzioni al servizio della Fininvest; violasse il segreto d'ufficio fornendo informazioni a lui richieste; intervenisse su altri uffici giudiziari al fine di indurli a compiere atti contrari ai doveri d'ufficio in modo da favorire quella società". Detto in altro modo, "Silvio Berlusconi, con Cesare Previti e Attilio Pacifico, prometteva e versava ingenti somme di denaro, retribuendo stabilmente, Renato Squillante".

Lo si può dire ancora in un altro modo più essenziale: Silvio Berlusconi ha avuto "a libro paga", come fosse un suo dipendente, il giudice di Roma. Ecco l'accusa che più mette in pericolo, preoccupandolo assai, Silvio Berlusconi. Sul terreno del primo capo d'imputazione (la "stabile retribuzione" di Squillante) e non sulla Sme (che è affare dell'altro giudice, Filippo Verde: il pubblico ministero ne parlerà in coda alla requisitoria e per non più di un'ora) Ilda Boccassini gioca le sue carte. Con uno stile apparentemente scarno - e, ripeto, a tratti addirittura noioso - l'accusa sviluppa a mano ferma una ricostruzione dei fatti, dei trasferimenti di denaro, dei contatti diretti tra Berlusconi e il suo giudice. Una mano - e quanto importante - le è stata offerta anche dal presidente del Consiglio. Che è apparso dinanzi al Tribunale in due occasioni rifiutando l'interrogatorio, ma accettando di fare dichiarazioni spontanee che sono diventate improvvide per il suo destino, provvidenziali per l'accusa. Berlusconi ha sempre negato che Squillante avesse deciso un qualche affare Fininvest. Ha sempre negato di averlo addirittura conosciuto ammettendo poi di aver ricevuto soltanto dal giudice una telefonata, forse per un'autocandidatura politica. Manco a dire, del denaro.

Mai denaro, per carità! Questa era dunque la conclusione di Berlusconi: "In questo processo non c'è il morto, non c'è l'arma del delitto, non c'è il movente".

Difesa incauta. Boccassini se la lavora lentamente. Passo dopo passo, documento dopo documento, il pubblico ministero dimostra che "la semplice esposizione dei dati permette di asseverare che il conto bancario "Polifemo", rifornito con fondi che, come sostiene la difesa, "provenivano da disponibilità personali di Silvio Berlusconi e non dalle casse della Fininvest", veniva utilizzato nel 1991 soltanto per tre mesi e solo per ricevere la somma di 12 miliardi di lire che, immediatamente dopo, venivano girati a due soli destinatari: Cesare Previti e Bettino Craxi. Esaurite tali operazioni il conto veniva chiuso".

"Agli inizi del 1991, continua il pubblico ministero, Cesare Previti destinava parte delle somme ricevute da Silvio Berlusconi (e con il suo accordo) a tre magistrati romani; in particolare: il 14 febbraio del 1991, una parte (425 mila dollari) di un bonifico di 2.732.868 dollari era destinata al giudice Vittorio Metta, relatore della sentenza della Corte d'Appello di Roma sul Lodo Mondadori; il 5 marzo 1991 434.404 dollari erano accreditati sul Rowena di Renato Squillante; 16 aprile 1991 da un trasferimento di 1.800.000.000 di lire, venivano accreditati 500 milioni sul conto "Master" di Filippo Verde e una parte - altri 500 milioni - portata in Italia in contati (se ne sono perse le tracce)". Quindi "un arma del delitto" c'è. Renato Squillante riceveva, intermediario Cesare Previti, denaro da Berlusconi. C'è "il morto"? Ovvero Squillante ha mai conosciuto il presidente della Fininvest?

Ha facile gioco ora l'accusa. Con i tabulati telefonici, può dimostrare le frequenti e ripetute telefonate del giudice all'allora imprenditore. E non solo a lui. Ma, per il Capodanno, al fratello Paolo Berlusconi, a Cesare Previti, ovviamente. Meno ovviamente, a Gianni Letta. Insomma, a tutto l'inner circle del presidente del Consiglio. Forse Renato Squillante voleva candidarsi al Parlamento?, come sostiene Berlusconi. No. Lo dice lo stesso Squillante: "E' stato Berlusconi a chiedermi di candidarmi: diceva di non avere toghe all'altezza dell'incarico". C'è "l'arma del delitto". C'è "il morto". Manca "il movente". Berlusconi: "Squillante non si è mai occupato degli affari Fininvest". E' la più clamorosa bugia che l'imputato ha gettato sul tavolo.

E' spietata Ilda Boccassini quando ricorda come "nel 1984, Squillante decise della possibilità della Fininvest di diffondere il segnale a livello nazionale: una questione di vita e di morte per le televisioni di Berlusconi, dopo l'oscuramento imposto da alcuni pretori. In quell'occasione fu addirittura interrogato da Squillante".

Morto. Arma del delitto. Movente. Il pubblico ministero può ora chiudere il suo affondo. Le interessa sanzionare i comportamenti più gravi di Silvio Berlusconi al di là dei reati (falso in bilancio, esportazione di valuta all'estero). Otto anni e l'interdizione dai pubblici uffici le sembrano una pena equa. Per la cronaca, le scommesse sono state restituite. Nessuno ha imbroccato il risultato.


(13 novembre 2004) www.espresso.it