Thursday, December 13, 2007

Agostino Saccà agli ordini del "capo" Berlusconi - solita storia dell'invadenza nei media ,dei suoi miserabili tirapiedi .Intercettazioni Saccà

Inchiesta Berlusconi "Saccà va sospeso"L'ex premier: "Solleva il morale del Capo"
GIUSEPPE D'AVANZO
Inchiesta Berlusconi "Saccà va sospeso"L'ex premier: "Solleva il morale del Capo" " Silvio Berlusconi

A meno di ripensamenti, la procura di Napoli chiederà, al più tardi la prossima settimana, una misura cautelare interdittiva - la sospensione dall'incarico - per Agostino Saccà. Prima della decisione, il presidente di RaiFiction sarà interrogato dal giudice per le indagini preliminari. Gli sarà contestata l'ipotesi della corruzione e gli elementi di prova raccolti. Gli saranno svelate le fonti. Saccà avrà l'occasione (in un primo interrogatorio si è avvalso, per la gran parte, della facoltà di non rispondere) per mettere ordine ai suoi comportamenti; dare un senso alle conversazioni telefoniche intercettate; spiegare la non-contraddittorietà tra i suoi doveri di "incaricato di pubblico servizio" e il suo personale, privatissimo proposito di lasciare la Rai per farsi imprenditore di se stesso: creatore della "Città della Fiction" di Lamezia; architetto di "Pegasus", un nascente consorzio di piccoli produttori televisivi progettato da Luca Cordero di Montezemolo che ne era stato sollecitato da alcuni imprenditori indiani. E' in questa divaricazione o conflitto di interessi che i pubblici ministeri avvistano una mossa illegittima, scorretta, sleale. Qualcosa che non va, e non solo dal punto di vista etico. Come presidente di RaiFiction, nelle iniziative "private" che andava preparando a cavallo dell'estate, Saccà coinvolge le aziende - i tedeschi della Bavaria, gli americani della Hbo - da cui il servizio pubblico acquista format e film televisivi. Spesso gli interlocutori nemmeno sembrano comprendere che non stanno trattando ufficialmente con la Rai, ma con un neo-imprenditore che può vantare il sostegno del governatore della Calabria, Agazio Loiero, e l'appoggio del "Capo" di Mediaset e dell'opposizione politica.


Accade così che la Bavaria durante un viaggio in Calabria - nella delegazione il numero uno della holding tedesca Matthias Esche, l'altro amministratore delegato Dieter Frank in rappresentanza di una holding che fattura 300 milioni di euro all'anno e collabora con Rai da quarant'anni (Pinocchio, Sandokan, Berlin Alexanderplatz) - ammette di puntare per la "Città della Fiction" su Lamezia perché offre due vantaggi non trascurabili: "la possibilità di avere un quarto dell'investimento finanziato dalla Regione con fondi dell'Unione europea e la partecipazione della Rai". Saccà lo lascia credere: "L'obiettivo della Rai è di star dentro l'operazione anche se con una piccola quota" (luglio 2007). Non è vero, ma lo ammetterà soltanto quando vi sarà costretto ("La Rai non c'entra", settembre 2007). E' un equivoco in cui cade anche Jhon Dellaverson, un avvocato che giunge in rappresentanza della Hbo a luglio in Calabria per annunciare l'arrivo in settembre del presidente e amministratore delegato della società Chris Albrecht. In quell'estate il telefono di Agostino Saccà è molto caldo. L'alto dirigente della Rai con il consigliere d'amministrazione Giuliano Urbani valuta la possibilità di mettere insieme, per il consorzio di produzione "Pegasus", una cordata alternativa a quella inizialmente immaginata dall'amministratore delegato di Intesa, Corrado Passera, e dal presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, che non sembra troppo gradire l'idea di Saccà di inserire nella compagine - Montezemolo la giudica "un'anomalia" - "un uomo di Berlusconi". La cordata alternativa, vagheggiata da Saccà, dovrebbe avere "il punto di coagulo" proprio in Giuliano Urbani e far leva su un gruppo di industriali bresciani organizzati dall'onorevole Riccardo Conti (ex-Udc, oggi nel gruppo Misto) e sulla vicentina Palladio Finanziaria (private equity) di Roberto Meneguzzo. L'ambizione non è soltanto di rendere più competitive le produzioni televisive dei piccoli produttori nazionali, ma di proporre un'intera gamma di offerta tv. Agostino Saccà, al telefono, lascia intendere che si potrebbe pensare anche all'acquisizione della "Ballandi Entertainment", la società che concepisce e produce gli spettacoli più visti e costosi di RaiUno (Ballando con le stelle, Fiorello, Morandi, Panariello, Celentano, il Festival di Sanremo). Un programma così ambizioso ha bisogno di un sponsor politico, di un sostegno imprenditoriale, di un committente sicuro per lo meno in fase di avvio. E' alla luce di questa necessità del Saccà "imprenditore" che i pubblici ministeri interpretano alcuni colloqui del presidente di RaiFiction con Giuliano Urbani e Silvio Berlusconi. Nei primi, il consigliere d'amministrazione della Rai e l'alto dirigente convengono che bisogna inserire "un uomo di Berlusconi". In una telefonata, sembra di capire che quest'uomo possa essere Claudio Sposito, che in passato è stato amministratore delegato della Fininvest spa. Il Cavaliere sostiene che, negli abituali dialoghi con Saccà (un amico), egli si sia limitato soltanto a delle "segnalazioni". Le parole non mutano il segno delle circostanze. Berlusconi chiama Saccà e gli chiede di ingaggiare quattro attrici, Elena Russo, Evelina Manna, Antonella Troise, Camilla Ferranti. Per piacer suo e per soddisfare le richieste di un senatore del centro-sinistra che potrebbe passare con l'opposizione condannando il governo. Quel che conta per gli inquirenti, a quanto si capisce, è che cosa promette il Cavaliere alla termine della telefonata: saprò ricompensarla quando lei sarà un libero imprenditore come mi auguro avvenga presto... Interessante è la reazione del presidente di RaiFiction. Le "segnalazioni" del Cavaliere devono apparirgli un impegno improrogabile. Chiama subito il produttore di Incantesimo, Guido De Angelis. Il tono è perentorio: "... Per quel ruolo hai già ingaggiato qualcuno?". Il produttore risponde: "Sì, Sonia Aquino". Saccà lo interrompe subito: "Levala di mezzo e prendi Elena Russo. Così ci facciamo un grande alleato...". E Incantesimo ha bisogno di "grandi alleati" perché costa troppo e non ha l'audience che ci si aspetta. Saccà cela il suo interesse personale capovolgendolo come convenienza del produttore. Il meccanismo delle "segnalazioni", a quanto appare agli inquirenti, ha anche un controllo e un controllore. Dopo le richieste di Berlusconi, sarebbe il condirettore di "Sorrisi e Canzoni Tv", Rosanna Mani, a seguire l'inserimento delle attrici "segnalate" dal Cavaliere. La giornalista chiama Saccà con accenti che possono apparire perentori. Prende nota delle sue mosse, dei contatti che ha avviato, dei provini che ha individuato il dirigente Rai. Controlla con i produttori che l'uomo di RaiFiction non le abbia mentito o enfatizzato il suo impegno. Riferisce. Ora, c'è da chiedersi se è ragionevole o plausibile configurare il reato di corruzione per le condotte di Saccà e di corruttore per Berlusconi. Come si comporta Saccà?
Ascolta le richieste del "Capo" (così Berlusconi si definisce nelle telefonate intercettate: "Devi sollevare il morale del Capo"). Si dà da fare subito. Sostituendo qualche nome dove è possibile, aggiungendo un ingaggio quando possibile non è.
Per fare un esempio. In Incantesimo, Sonia Aquino salva il contratto di protagonista, ma De Angelis (il produttore della fiction) rimette mano alla sceneggiatura per creare un nuovo personaggio che viene poi assegnato a Camilla Ferranti (figliola di un medico molto vicino a Berlusconi). Se il pubblico ufficiale compie un atto contrario ai doveri d'ufficio ricevendone un'utilità o accettandone la promessa, il codice penale parla di corruzione. E' quel che - si può sostenere - accade a Saccà. Deve farsi imprenditore. Ha bisogno di un aiuto, di un sostegno. Berlusconi lo sa, d'altronde ne hanno parlato. Gli promette il suo puntello tanto più essenziale perché è "uno del ramo", un possibile, prioritario committente sia della "Città della Fiction" che di "Pegasus". Saccà prende per buono l'impegno del Cavaliere, ne accetta la promessa e muove le cose per esaudire le richieste del suo sponsor torcendo a un interesse privatissimo il suo ruolo di "incaricato di pubblico servizio". Come tutti gli argomenti giuridici, naturalmente, non è onnipotente, ma sarà la verifica del giudice per le indagini preliminari a darne un primo scrutinio. Non è comunque l'ipotesi di corruzione - e di istigazione alla corruzione per il tentativo di comprare il voto del senatore Nino Randazzo - il punto debole di questa inchiesta napoletana. Il suo vero deficit è la competenza territoriale. La Rai è a Roma. Saccà è a Roma come Berlusconi. I due si incontrano e discutono al telefono nella Capitale. Il reato ipotizzato si consuma all'interno dell'azienda del servizio pubblico. Che c'entra Napoli? E' ragionevole pensare che presto le carte di questa indagine migreranno verso la procura di Roma. L'inchiesta sarà di fatto conclusa con l'interrogatorio del presidente di RaiFiction che deciderà dinanzi al giudice la sua sospensione dall'incarico. Esaurita questa fase, i pubblici ministeri si spoglieranno della competenza. Non è escluso tuttavia che il procuratore Giandomenico Lepore possa decidere di inviare ai presidenti di Camera e Senato il resoconto delle intercettazioni dei parlamentari che, pur non contenendo alcun rilievo penale, è giusto che siano sottoposti - per lealtà istituzionale - all'attenzione delle Camere. (13 dicembre 2007)

http://www.repubblica.it/

Wednesday, December 12, 2007

Thyssen, ovvero le famiglie di merda del capitalismo europeo. Thyssen e i nazisti

http://www.corriere.it/cronache/07_ottobre_19/festa_nazista.shtml

Il terribile segreto della contessa Thyssen
Un festino nazista con strage di ebrei

Il 24 marzo del ’45 nel castello austriaco furono uccise 200 persone

BERLINO — Ci sono storie che, come i peggiori fantasmi, restano nell’aria per decenni. Poi, all’improvviso, si materializzano e lasciano senza fiato. Questa è una di quelle. La notte tra il 24 e il 25marzo 1945, le truppe dell’Armata Rossa erano a 15 chilometri dal castello di Rechnitz, sul confine tra Austria e Ungheria, residenza di Margit Thyssen-Bornemisza, maritata al conte Ivan Batthyany. Che il Terzo Reich fosse al crollo era chiaro, ma gli dei caduti erano più sprezzanti e mostruosi che mai. Margit organizzò l’ultima festa: 40 persone, tra Gestapo, SS e giovani nazisti. Fino a mezzanotte, balli, vino, liquori. A quel punto, però, serviva qualcosa di speciale che potesse fare ricordare quei momenti cruciali. Franz Podezin, un amministratore della Gestapo che aveva anche una relazione sessuale con la Thyssen-Bornemisza, prese l’amante e una quindicina di ospiti, li armò e li accompagnò a una vicina stalla.
In alcuni locali del castello, erano ospitati (in condizioni tremende) circa 600 ebrei che avevano il compito di rafforzare le difese della zona e Podezin ne aveva presi 200, non più in grado di lavorare, e li aveva portati in quella stalla. Raggiuntala assieme agli ospiti li invitò a sparare «a qualche ebreo». Cosa che i pazzi ubriachi fecero dopo avere fatto denudare le vittime. Un massacro. Un certo Stefan Beiglboeck, la mattina dopo, ancora si vantava di averne massacrati sei o sette amani nude. Tutti morti, tranne 15 che dovettero scavare le fosse e che il giorno successivo furono ammazzati a loro volta. I sovietici arrivarono pochi giorni dopo, il 29 marzo, e il 5 aprile compilarono un rapporto nel quale dicevano che «in tutto sono state trovate 21 tombe» ciascuna delle quali conteneva dai dieci ai dodici corpi. «Apparentemente — aggiungeva — sono stati colpiti con bastoni prima di essere uccisi» con armi da fuoco. Il documento fu ritenuto propaganda comunista e dimenticato.
Poi, negli Anni Sessanta, alcuni processi per stabilire i fatti finirono in nulla dopo l’omicidio di due testimoni chiave. Un giornalista austriaco, negli Anni Ottanta, abbandonò un’inchiesta dopo avere ricevuto minacce. E una registrazione inviata alla tv viennese Orf, nella quale una vecchia testimone oculare raccontava la sua storia, andò perduta. Margit Thyssen-Bornemisza scappò in Svizzera, dove il padre Heinrich aveva vissuto durante la guerra—a villa La Favorita di Lugano — e da dove aveva diretto le forniture di acciaio emunizioni che le sue fabbriche garantivano al Terzo Reich. Morì nel 1989, mai perseguita, dopo essere tornata sul luogo del massacro, per una battuta di caccia. Questo è il terribile segreto dei Thyssen-Bornemisza così come lo ha ricostruito e raccontato David Litchfield, un autore inglese, qualche giorno fa sull’Independent di Londra e, ieri, sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, probabilmente il giornale tedesco più autorevole.

E qui sta la parte interessante dello sviluppo che potrebbe avere la storia: per la prima volta, in Germania si parla apertamente di una vicenda che tocca il cuore della famiglia Thyssen, una delle più famose e ricche d’Europa, industriali, collezionisti d’arte e jet-set di prima fila. Che la dinastia si fosse arricchita con le forniture militari durante la prima guerra mondiale e poi durante il nazismo è cosa nota anche se poco raccontata. Ora, però, le accuse arrivano direttamente in casa, in Germania. Ed è quella notte del marzo 1945 che può diventare il tragico fantasma dei Thyssen-Bornemisza.
Danilo Taino19 ottobre 2007