Il maresciallo Ernesto Pallotta, punto di riferimento del movimento Carabinieri per la pace e animatore del Giornale dei Carabinieri, raggiunto telefonicamente, trattiene a stento la rabbia e l'amarezza per la morte di due commilitoni e dell'ufficiale dell'esercito italiano: "La tristezza per la strage di oggi conferma quello che diciamo da tre anni a questa parte: via dall'Iraq! Questa non è una missione di pace".
"Sia la destra che la sinistra hanno più volte dichiarato che il contingente italiano lascerà l'Iraq", continua Pallotta, "la differenza è che la destra aveva parlato di fine anno, mentre la sinistra è divisa tra una parte che vuole un ritiro immediato e una parte che vuole un ritiro più calendarizzato. Questa ultima tragedia ha rafforzato in noi dell'associazione Carabinieri per la pace la necessità di un ritiro immediato!". E' strano che un militare come il maresciallo Pallotta parli di ritiro immediato, visto e considerato che tutti i fautori del ritiro 'graduale' dall'Iraq parlano di problemi logistici e tempi tecnici. "E' normale che esistano delle procedure da seguire in casi come questo", spiega il maresciallo dei Carabinieri, "ma nulla che non sia superabile in un mese al massimo. Pensi a Zapatero: il contingente spagnolo ha smobilitato in una settimana!". Ma come mai lei ritiene che il ritiro sia un'urgenza impellente? Solo per la sicurezza dei militari? "Io credo che non ci siano e non ci sono mai stati i presupposti per una missione di pace", conclude Pallotta, "i militari italiani e degli altri contingenti sono impossibilitati a proteggere se stessi, figurarsi in che modo possono proteggere la popolazione civile irachena.Non si può lavorare neanche alla formazione di una polizia o di un esercito iracheno, perchè mancano le condizioni per operare. L'Iraq è un Paese che sta scivolando verso una guerra civile e, paradossalmente, credo che il ritiro delle truppe straniere possa agevolare la ripresa di un dialogo nazionale visto che il loro arrivo ha alimentato il terrorismo".
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