Gli inseparabili di Cosa nostraascesa e caduta dei Lo Piccolo
Salvo PalazzoloIl pm: "Il figlio era diventato l´angelo custode del padre"
Da quando in Cosa nostra soffiavano venti di guerra, erano ormai inseparabili. Padre e figlio. Salvatore e Sandro Lo Piccolo. I poliziotti e i magistrati lo sospettavano. Ieri mattina, al culmine del blitz di Giardinello, hanno avuto la conferma: «Probabilmente, il figlio non aveva più lasciato il padre da quando si era saputo che una parte di Cosa nostra, quella capeggiata da Nino Rotolo, avrebbe voluto morto il capomandamento di Tommaso Natale», così ipotizza il sostituto procuratore Gaetano Paci. Sandro non era più soltanto il figlio prediletto, era ormai diventato l´ombra, la scorta. E, soprattutto, un killer pronto a sparare. Per quella che era ormai diventata la sua causa. Interpretata dal suo padre padrino, l´uomo a cui ha dichiarato in lacrime il suo amore mentre entrava in manette dentro la volante della polizia. Eppure, un tempo, Sandro era stato il ragazzo ribelle. Tanto che qualche volta anche il padre era dovuto intervenire. «Io Sandro me lo ricordo - ha rivelato il pentito Isidoro Cracolici, un tempo braccio destro di don Salvatore - diciamo che l´ho svezzato io. Sin da piccolo l´avevo sempre vicino a me. A momenti, ha fatto la latitanza anche lui da bambino». Nel ‘91, Sandro fu fermato per furto: aveva 16 anni. In cella rimase pochissimo. Due anni dopo, fu sospettato di rapina ed estorsione. Era già in carriera. E il padre non era proprio contento allora: Cracolici ha spiegato che «u Nicu», così lo chiamavano, «era un ragazzo molto irrequieto, dedito a liti e scorribande», tanto da prendersi i rimproveri anche di alcuni vecchi uomini d´onore. Ma il crimine si impara presto: poco importa che il primo omicidio di Sandro Lo Piccolo, un ladro che operava senza autorizzazione, rischiò di andare a male perché i killer furono colpiti dalle bottiglie lanciate dai balconi. Quella volta, il padre padrino lo rimproverò sonoramente. Il secondo omicidio fu commesso secondo i canoni del perfetto killer di mafia, questo era stato negli anni Ottanta Salvatore Lo Piccolo. E Sandro stava ormai ripercorrendo le sue gesta criminali. Padre e figlio, poco a poco cominciarono ad essere sempre più uniti. Tutti e due con la comune fama di dongiovanni: «u Vascu», il vecchio è un gran fumatore di Malboro, veste sportivo e sempre all´ultima moda. Non sappiamo se «u Nicu» fuma, ma di certo ama anche lui le buone marche: indossava un bel maglioncino quando cinque anni fa sfuggì ai carabinieri inerpicandosi sui tetti delle ville di via Lanza di Scalea. Il particolare è rimasto nelle relazione di servizio. Gli abiti di lusso raccontano molto di quello che è rimasto per alcuni anni il più giovane fra i padrini di Cosa nostra. Sandro Lo Piccolo mandava un certo Tonino "u curtu" dello Zen a comprargli abiti all´ultima moda. E questa cosa era ritenuta troppo imprudente dagli altri mafiosi. Tonino entrava nei negozi più esclusivi del centro città e comprava per milioni delle vecchie lire. Pantaloni, maglioni, giacche, camicie. Ma niente della sua misura. I poliziotti della squadra mobile capirono presto che quegli abiti così eleganti non erano per lui: chi lo aveva incaricato degli acquisti era proprio Sandro Lo Piccolo.Da quando, però, le indagini avevano stretto il cerchio, il rampollo di Tommaso Natale era diventato prudente. Racconta il pentito Antonino Giuffrè che a Lo Piccolo junior era stata ormai delegata la gestione del business della droga. Il padre lo aveva investito del potere necessario. Ma la vera iniziazione era stata un´altra: anche «u Nicu» poteva infatti vantarsi di avere beffato la giustizia. L´ordine di arresto per i due omicidi fu inizialmente annullato: da allora il giovane boss era latitante. Poi, l´analisi del suo cellulare e di tutti i contatti, svolta dal consulente informatico della Procura, Gioacchino Genchi, ribaltò quell´inchiesta che sembrava destinata all´archiviazione. E in pochi mesi, la corte d´assise decretò l´ergastolo. Lo Piccolo junior e senior erano ormai una cosa sola. E i picciotti li veneravano. Il più fedele era Andrea Adamo, 45 anni, anche lui fra gli arrestati di ieri mattina. Era latitante dal mese di luglio 2007, quando era scattata l´operazione "Gotha". Ufficialmente, era solo un rivenditore di moto, in realtà era uno dei mafiosi più influenti del mandamento di Brancaccio. Anche grazie all´intercessione del suocero, Giuseppe Savoca, nome storico di Cosa nostra. L´altro fedelissimo dei Lo Piccolo padre e figlio era Gaspare Pulizzi, 36 anni, reggente della famiglia di Carini, latitante dal marzo scorso. Tutti si sono chiusi nel silenzio dopo l´arresto.
(06 novembre 2007)
http://espresso.repubblica.it/
No comments:
Post a Comment