Tuesday, April 05, 2005

Amministrative 2005. Prodi :" gli italiani ci chiedono di governare"

Prodi: gli italiani ci chiedono di governareNon pretenderà le dimissioni del premier. Fassino: Silvio ha perso la fiducia della maggioranza



ROMA—Le dita in segno di vittoria. Un sorriso che non finisce più. Il faccione di Romano Prodi illuminato dai flash che bersagliano la finestra della sede ulivista di piazza Santi Apostoli. «Una vittoria così non mel’aspettavo proprio, è una bella, bellissima nottata... ». Alle dieci di sera, l’uomo dell’Ulivo assapora quello che ha atteso per mesi. L’Unione non ha vinto: «Ha largamente vinto come numero di voti e numero di Regioni conquistate». Prodi corre verso il quartier generale di Piero Marrazzo, il colonnello che ha portato all’esercito ulivista il successo più sudato, più inaspettato. «Le analisi politiche? Quelle le faremo domani...» farfuglia di fretta l’ex presidente Ue, abbracciando Marrazzo, mentre tutt’intorno si alzano le note della «Canzone popolare» e la gente grida «Romano, Romano» e Piero Fassino abbraccia Walter Veltroni, che a sua volta abbraccia chiunque gli passi a un metro.

Eppure il domani politico è già qui. Perché, come gorgheggia un caricatissimo Pierluigi Castagnetti, «adesso, cara Italia, ci siamo anche noi». E molte cose cambieranno. Sicuramente più nel centrodestra che nell’Unione. Prodi ne è consapevole. Lo è sin da quando, ed eravamo a metà pomeriggio, la vittoria del centrosinistra ancora non aveva assunto le proporzioni definitive. Diceva in quei momenti il Professore con profilo volutamente basso, quasi non volesse dare eccessivo credito a quelle proiezioni che spingevano sempre più su la sua coalizione: «Con questo voto, gli italiani ci chiedono di prepararci a governare. E il mio impegno è quello di rispondere a queste attese». E qualcuno subito a domandarsi: forse che il Professore sta chiedendo le dimissioni, ora e subito, del premier Berlusconi? Per carità: «No, no, nessuna richiesta — l’immediata replica dello staff prodiano —: le parole del presidente vanno lette in prospettiva: quando verrà il momento, il nostro obiettivo sarà quello di ricostruire il Paese».

Che poi nell’Unione, viste le dimensioni del capitombolo elettorale berlusconiano, qualcuno accarezzi l’idea di anticipare i tempi, cominciando magari a dare qualche scrollone verbale alla Casa delle Libertà, è cosa che inevitabilmente prende corpo. E così, quando il leader ds Piero Fassino fa il suo ingresso in piazza Santi Apostoli, annunciando che «da oggi Berlusconi non ha più con sè la maggioranza degli italiani, che hanno invece espresso una netta preferenza per il centrosinistra», nessuno si stupisce più di tanto. Colpisce, piuttosto, il resto del ragionamento fassiniano: «Credo che sia cosa saggia per un uomo politico guardare in faccia la realtà e tener conto dei risultati elettorali ». Che è un invito, e neanche tanto velato, a farsi da parte. Subito. Un po’ quello che pensa, ma preferisce non dire («Non do consigli »), Massimo D’Alema, che nel 2000 si dimise da premier per una sconfitta molto meno bruciante (8 a 7) e che adesso snocciola con voluttà il pallottoliere elettorale: «Abbiamo almeno 6-7 punti più del centrodestra». Prodi, di parole, ne regala poche. I suoi parlano di «profilo istituzionale». Più semplicemente, forse, il Professore stasera preferisce che siano altri a cantare le lodi dell’Unione, la creatura per la quale si è speso in prima persona in tutti questi mesi. E così ecco Parisi ricordare che «anche in Lombardia, dove abbiamo perso, si è registrata una rimonta incredibile, eravamo a meno 30 punti dal Polo e ora siamo a meno 11: vuol dire che per le Politiche ce la giocheremo». E Castagnetti: «E poi, da quando esistono i due Poli, è la prima volta che il centrosinistra prende un numero di voti superiore agli avversari... ». Prodi guarda e tace. La faccia di chi ha pescato l’asso di briscola.
Francesco Alberti
www.corriere.it
05 aprile 2005

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