Discorso di Alex Zanotelli a Fidenza(PR)
18 marzo 1996
Buonasera. Vi dico grazie per essere qui, grazie per l'accoglienza. Ho già fatto 3 o 4 incontri: questa mattina con gli studenti, oggi pomeriggio con un gruppo scout (molto bello!), questa sera con il Kindugu (che sostiene un po' il cammino a Korogocho di questa banda della piccola criminalità che sta lentamente cambiando), ed ora con voi. Ho sentito davvero il senso del calore umano, anche stasera, parlando con l'uno, con l'altro. Noi, come preti, qualche volta riusciamo anche ad amare ma troviamo difficile lasciarci amare. Ritengo molto bello questo sentirmi amato. Non ne sono degno (lo sapete molto bene, mi sento un povero diavolo). Ricordo le parole che una priora, la badessa di un convento di clausura, mi ha detto quando assisteva il cognato che stava morendo giovanissimo di cancro (mi sembra sia morto a 41 o 42 anni). Questa badessa delle Clarisse, che lo invitava a tentare di andare avanti, di credere in un Dio che va ben al di là, al di là dei nostri piccoli dubbi, delle nostre crisi, al di là dei popoli, della Storia, mi ha detto: "Alex, io sono rimasta commossa quando quell'uomo - mio cognato - mi ha detto: 'Non preoccuparti, penso che possa morire, e morire sereno perché sono stato troppo amato nella mia vita'". E' bella questa espressione, perché in fondo è quello ciò che è bello poter dire: "Sono stato amato, non solo ho amato". Vi ringrazio davvero per questo essere amato ed accolto, anche se non ne sono degno.
Volevo, prima di tutto, ricordare una cosa a voi che siete presenti qui questa sera: i vostri volti. La dico a tutti, girando in questi giorni, l'importanza di ognuno. Ognuno di voi ha un volto, è un volto! E ognuno di voi è un volto unico ed irripetibile. Questa è la ricchezza più bella che abbiamo. Non sono le vostre macchine, le vostre pellicce, i vostri conti in banca... La ricchezza siete voi, ognuno di voi! Ogni volto è ricco per l'altro. A Korogocho la solenne celebrazione dell'Eucarestia alla domenica mattina dura tre ore (di festa, di canti, ...). Voi quando uscite di chiesa uscite con tanto di muso... Oh che roba! Che tristezza la domenica mattina! Non so mica da dove uscite!... A Korogocho si esce con gioia. E' festa; sono tre ore, ma è festa! E iniziamo con un semplice gesto: ci si guarda in volto e ognuno dà il benvenuto a suo fratello, a sua sorella. Guardatevi in volto e datevi il benvenuto, coraggio! Benvenuti tutti, di cuore. Ci troviamo ricchi gli uni per gli altri dei nostri volti, unica ricchezza che abbiamo.
Mi piace proprio ricordarlo questa sera e vorrei dirlo ad alta voce, in un momento molto difficile per due ragioni. Oggi è il 18 di marzo, e oggi, se non sbaglio, il decreto sugli immigrati decade o verrà trasformato in legge. Un decreto che davvero mi è rimasto qui, sullo stomaco. Quando stava per uscire ero appena arrivato da Korogocho e mi hanno invitato a 'Tempo Reale'. E' stato qualcosa di incredibile, una sofferenza enorme. Provenivo da Korogocho, mi sembrava di trovarmi in una gabbia di matti. Gabbia di matti perché non si poteva neanche parlare (il tempo di Santoro penso che sia un tempo americano, non umano). Ma c'era dell'altro: la gabbia di matti dei politici. L'inquisito Martelli faceva molto più bella figura di tutti i vostri rappresentanti dei maggiori partiti italiani. Siamo decaduti in una maniera spaventosa! La gabbia di matti anche di quest'Italia che era proiettata in quei filmati sul razzismo e la xenofobia. Non mi ero mai illuso sul fatto che noi italiani fossimo razzisti, lo sapevo che lo eravamo. Però non m'aspettavo che saremmo potuti arrivare così in fretta a delle forme di razzismo così acute come ho visto in quei filmati. Sono rimasto di stucco: quella processione a Genova, per esempio, con quelle lampade accese, quelle candele, gridando slogan contro gli zingari. Era una replica (perfetta!) di tattiche del Ku-Klux-Klan, con un odio, una ferocia... Ma come è possibile? Sono proprio caduto dalle nuvole... La percezione era che le forze politiche, almeno certe forze politiche, utilizzavano la xenofobia e il razzismo come tigre da cavalcare per ottenere voti. A quel punto io ne sono uscito... Sono stato così male quella sera... Ero avvilito! Ma come è possibile? State attenti, se lasciate i vostri politici cavalcare questa tigre andiamo dritti alla Jugoslavia. Le Jugoslavie nascono così, non nascono mica in maniera differente. Non so che cosa ha fatto il governo, se ha lasciato decadere il decreto oppure se lo ha trasformato in legge. Io non riesco ad accettare quel decreto, al di là degli aspetti costituzionali. Ci sono anche degli aspetti buoni, ma è stato fatto come ricatto da parte delle forze politiche sulla Finanziaria. Ma i poveri già pagano in maniera incredibile la Finanziaria della nostra economia! Ricattare i poveri in mezzo a noi, gli immigrati, sulla Finanziaria è per me proprio una beffa di certe categorie politiche che non capiscono nulla. Bisogna proprio essere cinici per fare lavori del genere! Vi dico tutta la mia amarezza, questa sera, davanti ad un decreto legge che davvero mi ha fatto stare male. Io spero, chiedo, che il popolo italiano discuta sull'immigrazione, perché è importante che si arrivi ad una legge-quadro. Ogni governo deve avere una legge, ma che venga da un dibattito pubblico e che dia davvero la possibilità a chi soffre in mezzo a noi, agli immigrati, di avere un inserimento. E lo faccio in nome della nostra memoria di popolo italiano. Gli immigrati sono l'1,6% della popolazione, secondo statistiche del governo; la Caritas le contesta, accettiamole pure. L'1,6% di presenza di immigrati in questo paese: è il dato più basso d'Europa, il più basso! Mi scandalizza profondamente che i politici vengano a dirci che costituiscono una minaccia per l'ordine pubblico. Ma siamo matti? Perdiamo perfino la nostra memoria, ci dimentichiamo che fino a ieri siamo emigrati anche noi. Dal 1861 al 1961 il popolo italiano è stato una continua onda di emigrazione verso l'Australia, verso il Brasile, verso il Nordamerica, ovunque! Per cercare un tozzo di pane. Sapete quanti milioni di italiani sono nati da quell'emigrazione? Tanti! 60 milioni! E ci scandalizziamo, ci arrabbiamo e ci facciamo prendere in giro da quattro politici (beceri, perché bisogna essere beceri per fare discorsi del genere) per l'1,6% di presenza di immigrati in mezzo a noi, che costituirebbero adesso la nuova minaccia alla sicurezza? Lasciatemi dire di sentirmene profondamente amareggiato...
Porto questa sciarpa perché davvero credo in quello che rappresenta. Me l'ha data l'altro giorno ad Arezzo la segretaria generale dei popoli indigeni di tutta l'America Latina. Una donna davvero meravigliosa, mi ha fatto un'impressione incredibile. Quando ho parlato mi ha abbracciato e mi ha detto: "Alex, portala!". E' molto bella! Non è l'iride, è una specie di iride ma non è l'arcobaleno, non è la bandiera della Pace; è la bandiera lanciata nel '92 dai popoli indigeni e la sua bellezza è che non ci sono colori primari e ogni colore aiuta l'altro a distaccarsi, ognuno aiuta l'altro ad essere se stesso. E' quello che Tonino Bello chiamava la "convivialità delle differenze". Ormai siamo un villaggio economico, diventeremo sempre di più anche un villaggio multietnico, multirazziale, multireligioso. O impariamo a trovarci ricchi gli uni gli altri delle nostre differenze o non ce la faremo più a vivere a questo mondo. Ecco il cuore dell'appello all'accoglienza, pur nel rispetto della legge, che vi faccio questa sera a nome degli immigrati in mezzo a noi. Ragioniamo su queste cose, non lasciamoci prendere in giro o giocare sulla xenofobia perché è di una estrema pericolosità. Sono partito dai nostri volti, sono andato ai volti degli immigrati in mezzo a noi, permettetemi di essere qui questa sera a parlare dei volti delle vittime dell'Impero. Anche gli immigrati sono parte delle vittime dell'Impero; se vengono in mezzo a noi è perché fuggono, in buona parte, da situazioni disperate. Se pensate che terrete gli immigrati fuori con l'esercito, dimenticatevelo. L'Impero Romano ha tentato di farcela, molti anni fa, con i cosiddetti barbari (che poi non so chi era più barbaro, se i barbari o i romani; dipende molto da dove vedete la storia, da come la leggete). Questi cosiddetti barbari non solo non sono rimasti fuori, nonostante lo strapotere delle legioni romane, ma lentamente sono entrati e alla fine hanno preso l'Impero come un frutto cotto. La disperazione porta i popoli a gesti che sono il prodotto di un sistema economico mondiale impazzito. Ve lo dicono i volti di questa gente, ve lo dicono i volti di Korogocho...
A molti di voi è stata data la mia 'lettera agli amici', il tentativo di ricordare, semplicemente, i volti della mia gente, i volti di chi soffre a Korogocho. Volevo riprendere, leggendoli, soltanto due o tre volti, per essere brevi e per darvi il sentore di cosa significa vivere nei sotterranei della Vita e della Storia. Vorrei ricordare tre volti. Il volto di Giuliana, "abbandonata con tre figli dal marito, che sospettava che la moglie avesse L'AIDS... Giuliana non riuscì più a pagare l'affitto della baracca... Il padrone buttò fuori dalla stanzetta lei, i bimbi e le poche masserizie... Giuliana (già grave) passò quella giornata sulla strada battendo i denti e sotto shock. La Piccola Comunità Cristiana riuscì a trovarle a tarda sera un'altra baracca, dove, alla rinfusa, ammassarono le poche masserizie". Quel giorno era stato destinato, molto tempo prima, al suo Battesimo. Era lei che aveva chiesto, da tantissimo tempo, di essere battezzata. Sapeva che stava venendo meno e quella sera era stata designata come la sera del suo Battesimo. Quel giorno lo aveva vissuto buttata fuori al freddo (certi mesi a Nairobi fa veramente freddo), era lì intirizzita, in fase quasi terminale di AIDS. Quando l'ho vista alla sera, nell'altra baracca dove era stata portata, l'ho vista mentalmente persa e mi sono detto: "Forse non vale proprio la spesa neanche di andare avanti con il Battesimo perché non capisce nulla". Ma poi ci ho riflettuto e mi sono detto: "Ma chi sono io? Chi sono io per giudicare? A Lei che ha continuamente chiesto di averlo, non è forse il momento di dare questo segno dell'acqua come segno della fedeltà di un Papi che, quando tutti ci abbandonano, Lui non ci pianta?". "...E riandai alla figura di Agar, la schiava di Abramo, dalla quale ebbe un figlio, ma che Sara prontamente scacciò di casa. 'Agar se ne andò e smarrì per il deserto di Bersabea. Tutta l'acqua dell'otre era venuta a mancare. Allora Agar depose il fanciullo sotto un cespuglio e andò a sedersi di fronte, alla distanza di un tiro d'arco, perché diceva: "Non voglio vedere morire il fanciullo". Quando gli si fu seduta di fronte, egli alzò la voce e pianse. Ma Dio udì la voce del fanciullo' (Gen. 21, 14-19). Agar, figura emblematica di tutte le donne-schiave della storia, di tutte queste donne di Korogocho... Di Giuliana, che pochi giorni dopo, abbandonata, moriva in quella baracca. Volto di Giuliana, volto di Martin... Uno dei raccoglitori di rifiuti nella discarica. Stroncato dal male, a sera tardi, davanti alla sua baracca, vegliato durante la notte dalla sua gente perché quel corpo non fosse sbranato dai cani. Lo trovai al mattino, ai bordi della stradina, adagiato in mezzo ai rifiuti, avvolto da uno stuolo di mosche... Tolsi lo straccio nero, e vidi quel volto tumefatto.... Guardo e riguardo: è il volto del crocefisso... 'Dio mio, Dio mio, Dio mio assente e lontano! Io ti chiamo di giorno e tu muto... E io invece un verme, non uomo, un obbrobrio di uomo, un rifiuto!' (Salmo 22). Un 'rifiuto' tra i rifiuti ai bordi della discarica, a pochi metri dall'acquitrino dove si era gettata per disperazione Joan...". Joan era una donna di 28 anni, per buona parte drogata, prostituta. So che quel giorno è stata violentata ripetutamente e poi battuta con spranghe di ferro alla testa. Disperata, ha preso la rincorsa e si è buttata in questo acquitrino che chiude Korogocho. L'avevo salvata varie altre volte Joan. Mi ricordo una notte: mentre stavo pregando nella cappellina sento urla, esco e vedo che Joan tenta di buttarsi dentro. La prendo, la porto con me dentro nella baracca, in questo angoletto per pregare. Si butta lì in un cantone e piange; poi, all'improvviso, me la vedo che scatta in piedi e comincia a buttare via i vestiti che aveva addosso. "Ma cosa fai, lo spogliarello proprio davanti al Santissimo?". E dice: "Alex guarda! Ma guarda il mio corpo! Ma tu non capisci nulla!". Quando vedete i corpi di queste ragazze... Mamma, che roba! "...dove si era gettata per disperazione Joan, a fianco del 'fiume' Nairobi, le cui acque puzzano come quel 'rifiuto' fuori le mura di Gerusalemme... Pregai con la gente della discarica per dare dignità a quest'uomo che non l'ha mai avuta. Questo dare dignità ai poveri! Come quella sera quando entrammo nella baracca di un giovanotto distrutto dall'AIDS... Non riuscivamo neanche ad entrare in quella baracca sommersa dall'acqua (pioveva a catinelle). Per ripararsi Njuguna aveva messo un pezzo di nylon sopra il letto - l'unica maniera perché pioveva da tutte le parti - (il tetto era tutto un buco!)". Questo giovane era in fase terminale di AIDS, è morto poi tre giorni dopo. "...Ovunque sputi, rifiuti, vomito, ... "Ho sete" fu l'unica parola che riuscì a dire. Corremmo a prendergli un bicchiere d'acqua. Volevamo celebrare l'Eucarestia, ma non c'era neanche un angolo dove mettere il pane... Ma forse era già celebrata, anche senza pane e vino, con quell'acqua ("Ho sete")... quel corpo 'spezzato' di quel giovane abbandonato da tutti, anche dai suoi familiari... (la 'messa' dei disperati, l''acqua' della speranza)". Sono volti, volti delle vittime del Sistema, volti scavati, volti di chi paga pesantissimamente un Sistema mondiale assurdo (mondiale ma anche locale, è la stessa cosa a Nairobi). Questi volti, i volti di Martin, di Joan, di Giuliana, di Njuguna, sono i volti della gente di Korogocho. Korogocho è una delle tante baraccopoli, è costruita su di una collina a schiena d'asino, lunga 2 Km. e mezzo, larga 1 e mezzo, su cui sono accatastati 100.000 abitanti almeno. Nairobi, questa bellissima città, chiamata la 'città del sole', è circondata da una paurosa corona di spine: le baraccopoli. Costruita dagli inglesi, è una città bella, almeno nelle zone-bene, mentre il centro è caotico come in tutte le grandi città. Nairobi ha oggi 3 milioni di abitanti. Prospettive demografiche dicono che dovrebbe avere 18 milioni di abitanti tra vent'anni. L'urbanizzazione è spaventosa in Africa.
Quello che è sconcertante, a Nairobi, è proprio questa spaccatura tra la gente che sta bene, che vive da nababbi, e quella che vive nella miseria più nera. Sono due mondi, fianco a fianco. Di ricchezza ce n'è a non finire a Nairobi. Vorrei pregarvi che nessuno qua dentro si metta in testa che sono venuto per puntare il dito contro qualcuno. Assolutamente! Io non ho bisogno di venire a Fidenza per puntare il dito contro di voi. Se voglio puntare il dito, a 3 Km. da Korogocho c'è Muthaiga, con delle ville che voi ve le sognate. E' la contraddizione del Sistema che mi sta a cuore e sulla quale vorrei che rifletteste: questa divisione assurda, incredibile, fra gli straricchi e gli strapoveri. Gli straricchi sono i volti neri al potere, legati alla comunità indiana che controlla almeno l'80% del commercio. Oggi, ovunque in Africa, la spaccatura tra le élite al potere e le masse è incredibile, è uno dei grandi tradimenti di questo continente. E' proprio una voragine tra questi due mondi. Le statistiche che vi do non sono mie, sono molto attendibili perché vengono dall'ambasciata americana, non certo dal governo kenyano. L'ambasciata americana ha fotografato Nairobi pezzo per pezzo con un aereo militare, poi ha messo insieme la mappa ed è arrivata a queste conclusioni: il 60% della popolazione di Nairobi, su 3 milioni 1,7-1,8 milioni, vive nell'1% della terra disponibile. Vive in baracche questa gente accatastata, io dico 'sardinizzata', nell'1% della terra disponibile. E di terra ne avete a non finire, terra bellissima... Quello che è ancora più grave è che questa gente non possiede neanche questo 1% della terra. Questo 1% appartiene al governo, ed il governo può arrivare quando e come vuole, vi dà 24 ore di preavviso e poi 'sbologna' tutti, sotto il tiro delle mitragliatrici dell'esercito (ci ritorneremo, sul ruolo delle armi). Ancora più grave (io non ho visto questa situazione altrove): l'80% della gente che vive in baracche vive pagando l'affitto, che vuol dire che l'80% non possiede neanche la baracca. E l'affitto costa: almeno un quarto delle entrate va per pagare l'affitto. Capite allora i problemi enormi che ci sono per fare una lotta per la terra. I poveri sono già spaccati tra loro (dovendo pagare l'affitto delle baracche ad altri abitanti della baraccopoli - N.d.R.), ma poi c'è tutto il resto... Il degrado è spaventoso, a tutti i livelli, fino a giungere al degrado sanitario. Noi oggi calcoliamo che nelle baraccopoli di Nairobi il 50% sia già sieropositivo: stiamo andando verso la tragedia. Quando vivete dentro queste realtà vedete a occhio nudo l'impoverimento, un Sistema dove tu puoi fare quello che vuoi ma non c'è nulla da fare. Smettetela di dire che i poveri non lavorano, ma finitela! Se volete vedere gente che lavora, venite a vedere le donne, gli sforzi che fan lì dentro: si portano per Km. e Km. sulla schiena quintali di banane, di roba... Mamma, che fatica! Per guadagnare quasi nulla! E' la femminizzazione dell'impoverimento, perché è la donna, l'anello debole della società, che paga pesantissimamente questo sistema economico. Solo un esempio dell'impoverimento: noi calcoliamo che a Korogocho ci siano oggi 5.000 ragazzi (dai 5 ai 10 mila!) che sono fuori della scuola elementare. Ci sono scuole elementari tenute dal governo, ma per entrarci bisogna pagare. Dai 5 ai 10 mila ragazzi oggi sono sulla strada perché i genitori non possono permettersi il lusso di pagare l'entrata in prima elementare. Un esponente del Comune di Nairobi mi ha confermato che è vero. Tra dieci anni pensiamo che il 50% dei ragazzi di Nairobi non riuscirà ad entrare in prima elementare. Questa voragine immensa si allarga, i poveri non la possono passare. Il più grande giornale del Kenya, il 'Daily Nation' (non è mica 'il Manifesto' o 'Liberazione', appartiene all'Aga Khan, ad una delle più grandi multinazionali) ha avuto il coraggio di dire, qualche mese fa, che il sistema economico in Kenya è un apartheid economico. E' forse l'unica definizione esatta del sistema: pura apartheid economica!. Nairobi è in piccolo quello che in grande trovate a livello mondiale: il 20% della popolazione mondiale detiene l'80% delle ricchezze di questo mondo e le usa, le spende, le spande come crede opportuno (e questo 20% lo trovate qui come a Nairobi, come a Johannesburg, come a Kinshasa, come a S.Paolo in Brasile...).
Prima di analizzare questo Sistema, permettetemi alcune battute sulla nostra esperienza dentro Korogocho (tenterò di essere breve perché ci sono parecchie cose importanti che vorrei condividere con voi sul 'qui'...). Io ci sono sceso, sono 5 anni che ci vivo dentro. Ho iniziato da solo, poi è venuto padre Gianni Nobili e adesso c'è padre Antonio D'Agostino. In più c'è Gino, un bravissimo laico di Brescia, e lentamente dovremmo avere una piccola comunità di laici, o, meglio, di laiche, di donne che si inseriranno con noi. Cos'è che abbiamo fatto? Abbiamo semplicemente accettato l'idea di inserirci in questa situazione al limite del vivibile. Abbiamo preso anche noi una baracca, viviamo come vive la gente. Quando cominciate a vivere come vivono loro, vi 'partono' subito dei chili. Mi son perso subito 20 chili, ma dopo sono stato molto meglio, vuol dire che non ne avevo bisogno (e penso che anche buona parte di voi può perdere 20 chili senza perdere nulla...). Beviamo quello che beve la gente, andiamo a comperarci l'acqua con le lattine. Camminiamo come camminano tutti, dentro questo formicaio umano, decine e decine di Km. al giorno. Siamo alla mercé della violenza. Korogocho è violenza totale, una violenza spaventosa. Potete essere accoltellati in qualsiasi angolo, dove qualcuno vi aspetta. Possono sfondare la porta della baracca, tagliandovi il lucchetto, come a tutti i poveri. Non vi porteranno via molto, un pezzo di materasso... E' solo quando scendete agli inferi, quando sentite sulla vostra pelle quello che significa sofferenza, la sofferenza dei poveri, quando vedete questi volti, quando udite il grido delle vittime, un grido immane, che vi sentite toccati dentro e cambiate.
Quello che cerchiamo di fare là dentro è, essenzialmente, essere quello che è stato Gesù. Gesù ha preso carne nella Galilea, la zona più depressa della Palestina. E' stato volto luminoso dell'Abbà, come lui chiamava Dio, del Papi. Volto luminoso del Papi a chi? A tutte le vittime del Sistema: i lebbrosi, le prostitute, i poveri, gli affamati, i diseredati, le vedove. E' stato speranza, volto luminoso, tenerezza, carezza, e ha fatto sorgere un movimento dei poveri dentro la Galilea. E' quello che tentiamo di fare anche noi dentro questa drammatica realtà di Korogocho: essere segno di speranza, di tenerezza, ... A volte è la gente stessa che ci dice, durante la preghiera: "Signore, ti ringraziamo perché Antonio, Gianni potrebbero essere sull'erba fresca a Ngong Road, a recitare le loro preghiere. Invece sono qui, nella merda, nella puzza. Sono qui con noi ed è segno che Tu non ti sei dimenticato di noi". Ecco il significato: proprio come ha fatto Gesù, anche noi abbiamo guardato ai più emarginati dentro Korogocho. Ce ne sono molti... Li abbiamo identificati, per esempio, nella gente della discarica, gente disprezzata da tutti. La discarica è una collina davanti a Korogocho sulla quale arrivano centinaia di camion ogni giorno: scaricano i rifiuti della nettezza urbana (sono i rifiuti dei ricchi, non c'è nettezza urbana per i poveri a Nairobi). Scaricano, e su questi scarichi (mamma, che impressione!) piombano addosso come avvoltoi 30 o 40 uomini per prendersi un pezzettino di rifiuti: si tratta di vita o di morte. Tutto è raccolto, ma tutto! Tappi di bottiglie, dentifrici usati, pezzi di bottiglia, ... Migliaia di persone vivono sul riciclato. Sono disprezzati da tutti. Sono i poveri che disprezzano ed emarginano altri poveri. Smettetela di pensare che i poveri sono i buoni e i ricchi sono i cattivi. E' teoria marxista, non è vero! I poveri ed i ricchi sono uguali, sono peccatori tutti! E' molto importante tenerla questa distinzione, per capire che Dio è il Dio dei poveri. Non perché i poveri sono buoni, ma perché Dio è Dio. Dio non è il Dio del Sistema, è il Dio degli schiavi, degli esclusi, delle vittime del Sistema; è il loro Dio perché Lui è Dio. E' molto importante questo, è il cuore dell'esperienza biblica. Emarginati come la gente della discarica sono i ragazzi di strada: disprezzati, presi in giro, lerci, ce ne saranno almeno 30.000 a Nairobi (vi do le statistiche minime). A Korogocho sono migliaia. E se avete la sfortuna di nascere donna a Korogocho, quello che vi rimane è la via della prostituzione, non c'è altra strada; e, con la prostituzione, l'emarginazione, il disprezzo, la violenza sessuale... Vi ricordate Joan? I giovani, molto spesso, entrano nel giro della droga, dell'alcoolismo, per vivere si mettono insieme e diventano le cosiddette bande armate; sono emarginati, temuti, sospettati da tutte le parti. Infine, i malati di AIDS. I più gravi sono quelli che in baraccopoli pagano lo scotto di tutto. Sono soprattutto donne, in buona parte donne con bimbi. Una tragedia, con tutta l'emarginazione che ci sta dietro. A questa gente noi abbiamo dato la priorità. Già Korogocho è emarginazione, ma dentro l'emarginazione c'è gente più emarginata. Lavoriamo con tutti, ma diamo la priorità ai più poveri, ai più emarginati, dentro la poveraglia che è Korogocho. Ecco allora nascere quelle che sono le Comunità. Le potete chiamare 'comunità terapeutiche', dove diamo la priorità alla Parola. La Parola ha una forza immensa di mettere persone in piedi, di dar loro dignità, di guarirle dentro; insieme con la Comunità, che è la vera terapia per rimettere persone in piedi. E' nata la prima Comunità Cristiana della discarica. E' stato durissimo tentare di mettere insieme questa gente: non si fidano di nessuno perché nella loro vita sono stati traditi da tutti, ed è vero. Ce n'è voluto! Oggi è nata un'amicizia bellissima con loro... Mamma, che roba! Con questa Comunità, ogni lunedì mattina, da quasi quattro anni, mi incontro a leggere il Vangelo, a sentire i loro problemi. Si sono costituiti adesso in piccola cooperativa e, con l'aiuto di Gino Filippini che ha fatto un bellissimo lavoro, hanno spiazzato tutti i mediatori, tutti! E' la Comunità adesso che compra tutto il riciclato che prima veniva venduto ai mediatori, i quali poi strozzavano i poveri. La novità: il guadagno della Comunità non va ad arricchire pochi; tutto il guadagno viene distribuito (ecco l'economia di uguaglianza) fra i ragazzi di strada, o alle donne che vengono a vendere il loro riciclato, che prima venivano strozzate mentre adesso si tende a dare loro un prezzo maggiorato. La gente stessa della Comunità può lavorare fuori della discarica, sempre sui rifiuti ma fuori, impacchettando la carta, caricando pezzi di vetro sui camion, ... E' nata tutta un'economia, ma un'economia che vede anche l'aspetto sociale. Per esempio, si sono finalmente convinti di mandare una delle donne della discarica a fare un corso di infermieristica. Quando l'ha finito l'hanno assunta e la pagano con il guadagno per fare l'infermiera: c'è un piccolo dispensario per quando vengono feriti. Voi non avete un'idea della discarica. Provate soltanto a pensare che gli ospedali di Nairobi, invece di bruciare i rifiuti come dovrebbero, mandano camion pieni che vuotano tutto: siringhe, sangue, ... tutto! Provate a immaginare: gente che gratta rovistando, le ferite, i problemi... Ecco un primo segno di speranza.
Un secondo segno di speranza nella discarica è la seconda Comunità: una Comunità bellissima, fatta soprattutto di donne. Cosa fanno? Dentro la discarica c'è sempre meno lavoro perché quello che arriva è pochissimo ed è il rifiuto dei rifiuti; i rifiuti buoni rimangono in città e i ricchi già ci mettono le mani su quelli. Allora abbiamo iniziato, attraverso amici, a contattare le grandi compagnie, i grattacieli, e adesso la seconda Comunità va a pulire i grattacieli o varie zone di Nairobi. Riesce lentamente - lentamente! - a vivere su questo guadagnandoci. Sono piccoli segni di speranza, ma davvero è gente stupenda, che ha soprattutto un'umanità straordinaria. Questo sta aprendo vie nuove anche per i ragazzi di strada, con i quali lavora padre Antonio. Antonio sta lavorando moltissimo, soprattutto per creare punti di incontro dove questi ragazzi di strada possano essere accolti e sentirsi amati; hanno bisogno soprattutto di questo. Per loro stanno nascendo possibilità nuove per poter vivere, proprio per la pulizia in città, la raccolta dei giornali, ... . Le ragazze, l'ho detto prima, hanno ormai, come unico spazio per poter sopravvivere, la prostituzione. Abbiamo tentato di costituirle in piccola Comunità anche loro. Joan, quella ragazza che ho ricordato che si è buttata nell'acquitrino, quando è riapparsa... Mamma, che roba! E' riapparsa la settimana dopo... Abbiamo chiesto per tutta la giornata alla polizia di portare via il corpo che galleggiava sulle acque (con le braccia distese, sembrava una croce galleggiante). Nulla da fare... Alla sera abbiamo chiesto ad alcuni ragazzi di trascinarla verso riva. Ancora la polizia non arrivava, siamo andati giù nel cuore della notte con alcuni cristiani. E non dimenticherò mai la preghiera su quel corpo. Il catechista ha fatto una preghiera davvero incredibile. Ha detto: "Signore, perdonaci! Perché se questa ragazza s'è buttata dentro è colpa nostra. Ecco il risultato del peccato che viviamo qui a Korogocho". Joan era una di quelle che avevano formato la Udada, la 'sorellanza'. Fanno croci come questa, che porto proprio in solidarietà con loro, fanno collane, per cercare di tirarsi fuori dal ciclo della prostituzione. Abbiamo 50 o 60 ragazze che in buona parte sono già uscite ed è questo un altro tentativo importante per rimetterle in piedi. Poi vi ricordo i ragazzi Kindugu, una squadra criminale che si è trasformata in Piccola Comunità. Ho raccontato prima a chi sostiene questo gruppo del Kindugu che il cammino è durissimo ma andiamo avanti tentando lentamente di rimettere in piedi questi ragazzi. Infine, i malati di AIDS. Vi sembrerà strano, in una società, in un mondo come il vostro, dove voi valete tanto quanto producete, o valete tanto quanto avete soldi o altro, che noi dedichiamo la buona parte del nostro tempo, come preti, ad assistere chi muore di AIDS. Eppure è questo, in fondo, il Dio in cui credo: il Dio di questa gente. Tutte le sere, dalle nove alle undici, andiamo, con la Piccola Comunità Cristiana, nelle baracche dove c'è un malato di AIDS. Immaginatevi 10, 15 persone accalcate dentro che pregano. La mia Fede è molto debole, eppure si sta rafforzando perché sono loro che mi dicono chi è Dio. Ed è incredibile vedere questi ragazzi, queste ragazzine, ri-dirvi chi è Dio per loro. Mamma, che roba! Sono momenti in cui toccate il mistero. Io sono critico perfino delle mie esperienze interiori di fede; molto spesso dubito, per cui mi faccio un'autocritica spietata. Eppure, io davvero devo dire che lì c'è qualche cosa, e cosa ci sia è mistero. Solo due episodi, per dirvi cosa significa. Ricordo che una sera siamo andati a pregare per una ragazza di vent'anni, Nancy, malata di AIDS, molto grave. All'Offertorio ha chiesto di pregare. Una preghiera lunghissima, sarà durata sette o otto minuti, a voce aperta; i poveri pregano molto! Ha detto: "Papà (Baba), lo so, sono molto ammalata. Però Tu, Papà, Tu che puoi tutto, Tu puoi guarirmi. Guariscimi! Ti chiedo di guarirmi non per me, ma per questo mio bimbo - aveva il bimbo a fianco, di due anni. Ha solo me. Guariscimi, Papà! Però, Papà, se Tu non vuoi guarirmi, se Tu vuoi che venga da Te, eccomi, Papà!". Non sono ragazzine che vengono dal catechismo o dall'Azione Cattolica. Sono ragazzine che sono vissute sul marciapiede.
Ricordo Florence, una ragazzina che ha iniziato a prostituirsi a undici anni; a quindici anni ha avuto il verdetto che aveva L'AIDS, è morta a sedici. Tre giorni prima che morisse sono entrato da lei. Eravamo solo quattro: due preti, un giovane kenyano e lei. Mi sono seduto, ho guardato il volto, un volto scarnificato dall'AIDS. Le ho detto: "Florence, siamo venuti per dirti che ti siamo vicini. Lo so che tutti ti hanno abbandonato, tutti - anche la mamma due giorni prima l'aveva piantata. Siamo qui per dirti che ti siamo vicini". Ma poi le ho detto: "Florence, dimmi una cosa. Ma chi è il volto di Dio per te?". E lei si è fermata, perché non se l'aspettava una domanda simile. Si è fermata in silenzio, poi il volto si è illuminato con un sorriso incredibile. Ha detto: "Alex, ma sono io il volto di Dio!".
Eccovi il volto del mistero! I poveri sono soggetti, sono loro che ci evangelizzano, sono loro che proclamano Dio a noi. Non perché sono buoni e bravi, ma perché Lui è buono, perché Lui è il loro Dio! Ecco il cuore del mistero che viviamo. Ma ricordatevi che Korogocho è peccato! E' un grido immane che sale a Dio, perché non è concepibile che in questo mondo i figli di Dio vivano a questa maniera. E' peccato! Vi ho detto prima che a Nairobi c'è apartheid economica. Ma è un'apartheid che rispecchia l'apartheid economica globale: il 20% del mondo vive possedendo l'80% delle risorse di questo mondo. Le usa, le spende, le spande come vuole. E' la grande forbice del 20% che si arricchisce a spese dei due terzi dell'umanità, che diventano sempre più poveri. Questa apartheid economica sta portando a disastri incredibili. Vi cito la Banca Mondiale; non un istituto missionario, la Banca Mondiale, cuore di questo Sistema. La Banca Mondiale vi dice che a questo mondo ci sono un miliardo e centocinquanta milioni di esseri umani che sono inutili, azzerati. Cioè, non hanno più né possibilità di lavoro, né di essere aiutati in chiave di assistenza medica, nulla! Una volta i poveri almeno venivano sfruttati. Oggi i poveri non servono neanche più per essere sfruttati. Un miliardo e centocinquanta milioni di volti. Di questi almeno quaranta milioni all'anno muoiono di fame, in buona parte bimbi e donne. Un sistema economico che vi porta a un macello del genere (capirete perché sono obbligato a dirlo) è un sistema ingiusto, immorale, è un sistema di peccato! Ecco la mia prima provocazione alla Chiesa: quand'è che la Chiesa avrà il coraggio di dire questo? A volte, in certi documenti, si è spinta a parlare di strutture di peccato. Ma qui c'è qualcosa di ben più grosso: è un sistema di peccato! Parlavo l'anno scorso con padre Nolan, uno dei migliori teologi africani, un domenicano bravissimo, eletto ad essere Maestro Generale. Ha rifiutato per ritornare in Sudafrica a lottare contro l'apartheid. Mi diceva: "Alex, ma ti meravigli di questo? C'è voluto un secolo per le Chiese in Sudafrica prima di arrivare a dire che il sistema dell'apartheid era peccato. E ci sono arrivate alla fine, poco prima che l'apartheid crollasse. Di quanti secoli ancora avranno bisogno le Chiese per arrivare a dire che questo Sistema, che procura un disastro del genere, è peccato?". Questa è una cosa importante, fondamentale.
Permettetemi di aiutarvi a cogliere cos'è questo Sistema, in pochissime battute. Uso i termini politici vostri (ormai in politica non si capisce più nulla; almeno io non ci capisco più nulla, se voi ci capite... Sento parlare di poli, di cespugli... E' una giungla, altro che la giungla africana!): per me questo Sistema è fatto da tre poli (mi perdonerete se uso il linguaggio dei poli, ma forse richiama qualche cosa...). Il primo è il polo dell'economia; o, meglio, della finanza, perché oggi è predominante la finanza. A questo è legato il polo del militare. E terzo il polo dei mass-media. Un polo aiuta l'altro a reggersi in piedi. Prima di tutto, l'economia. Se voi pensate che il 21 aprile andrete ad eleggere le persone che decideranno il vostro futuro, siete una banda di illusi! I vostri politici oggi possono decidere ben poco. Rendiamoci conto che chi decide sono le forze economiche. E' l'economia, la finanza, che decide praticamente tutto! Questo è importante, se non lo comprendiamo stiamo qui a perdere tempo. Dobbiamo ritornare a parlare di primato dell'economico. L'altro giorno sono stato invitato a Roma ad un dibattito interno ai giudici, per capire un po' questo tipo di realtà. Ho parlato, me lo hanno chiesto, e ho ascoltato un professore che ha presentato il problema dell'economia mondiale, della finanza. Solo a sentir parlare di che razza di flussi ci sono oggi in chiave finanziaria... Mamma, che roba! Voi spostate miliardi e miliardi così, semplicemente, e fate miliardi e miliardi... E' un mondo virtuale, non c'è più neanche il mondo reale. E' la finanza, è lì il cuore di tutto. Questo ormai spiazza via tutto: Stati, tutto... I giudici appunto si domandavano: "Ma allora cos'è lo Stato? Di grazia, cosa è lo Stato di Diritto?". Boh! Se davvero è l'economia che decide tutto, non vi sorprende più neanche la vostra situazione politica. Vi sorprendete che non capite più cos'è la destra e cos'è la sinistra? Ma perché è un unico omologato economico. Non pensate mica che voi possiate distinguere i democratici dai repubblicani negli Stati Uniti: ma neanche per sogno! E' la stessa realtà perché la politica è funzionale, semplicemente, a quello che l'economia decide, se no è fuori. E' importante questo, è fondamentale. Questo mondo economico, la finanza, che è il 20% del mondo, che detiene l'80% delle risorse di questo mondo, non potrebbe mai continuare a tenere botta, a controllare questo 80% dei prodotti, dell'energia, se non fosse per il potere militare. Se ancora credete che l'esercito italiano, che le armi servano a difendere i confini o le patrie, siete, di nuovo, una banda di illusi. Neanche Spadolini, che Dio l'abbia in gloria, credeva più a balle del genere! Le armi servono unicamente a mantenere sfruttamento e ricchezza, punto e basta! Il 20% del mondo non mollerà mai le armi. Mai, soprattutto quelle atomiche. Ormai non distinguete più l'economico dal militare. Sono un unico ed inscindibile legame, che è difficilissimo tagliare. E qui permettetemi alcune battute gravissime sulla nostra situazione italiana. E' incredibile il silenzio che avete mantenuto davanti ad una Finanziaria che ha tagliato le vostre spese sociali, mentre il bilancio della Difesa è salito da 25.000 a 31.000 miliardi. Per fare che cosa? Tra poco, lentamente (non passeranno certo per il Parlamento...), vi faranno trangugiare il Nuovo Modello di Difesa, che prevede un esercito di professionisti (e quando parlate di uomini forti, in questo paese, con l'esercito di professionisti, sapete cosa significa...). In questo paese, e perdonatemi se sono così duro, chi ha comandato in questi anni non è stato lo Stato di Diritto, sono state le forze economiche, congiunte con i militari. E il militare è tutto 'coperto', sapete molto bene da chi: dai servizi segreti, dalle logge, siano esse P2 come massoniche. E' questo il cuore di tutto, non prendetevi in giro! Con altrettanta chiarezza: questo sistema economico-militare ha assoluto bisogno dei mass-media. Ecco perché, in Italia, ci sono due grandi complessi (il potere economico!) che controllano praticamente tutti i mass-media. Due! Negli Stati Uniti (dove si parla tanto di libertà, ma la smettano!...) tutto è controllato da 10 grandi complessi industriali. Tutto!
I mass-media sono la voce del padrone e servono essenzialmente a due scopi. Primo, ideologico: creano in noi l'illusione che questo è l'unico Sistema possibile. Secondo: servono a renderci tubi digerenti. Produciamo? Dobbiamo consumare. Ci fanno consumare! In particolare state attenti alla televisione. Ho visto, quando sono passato per Assisi, un testo molto bello, di cui è già uscita negli Stati Uniti la seconda edizione: 'Cristiani in una società consumistica'. Leggetelo, perché è potente. E' di un gesuita americano. Guardate quello che vi dice della televisione: "Si calcola che l'americano medio guardi la televisione almeno 26 ore la settimana pari a 13 anni continui della nostra vita media". Provate a pensare, 13 anni davanti a quel televisore! Ma poi, più grave ancora: "Dato che la pubblicità occupa fino al 27% della fascia oraria di maggiore ascolto, potenzialmente potremmo trascorrere in media l'equivalente di tre interi anni della nostra vita guardando unicamente annunci pubblicitari". Provate a pensare, 3 anni!... "...il loro implacabile messaggio aggredisce l'autostima e la percezione di milioni di persone: i tuoi capelli sono troppo lunghi, i tuoi capelli sono troppo corti, la tua pelle è troppo chiara o troppo scura, i tuoi odori sono nocivi, sei troppo grasso, troppo magro, hai troppi difetti, devi avere un reggiseno sportivo già dalla quinta elementare o non avrai amici, il tuo seno è terribilmente grande o troppo piccolo, puoi fermare il traffico con un reggiseno 'Maidenform', sarai frigido o impotente se non usi 'Hai Karate' o 'Musk'". Tre anni a sentirvi roba del genere...
Capite il potere dei mass-media, un potere immenso. Questo gesuita conclude così, in maniera glaciale, ma coglie il cuore: "La costrizione al consumo è diventata per noi tanto profonda quanto il bisogno di sopravvivere, perché il Modello consumistico rivela che il nostro stesso essere e scopo sono calcolati unicamente in termini di ciò che possediamo. (...) Noi siamo solo finché possediamo. Siamo ciò che possediamo. Di conseguenza siamo posseduti da ciò che possediamo, prodotti dai nostri prodotti. Rifatti ad immagine e somiglianza della nostra stessa merce, ci riveliamo essere beni di consumo. L'idolatria esige da noi il suo pieno prezzo, siamo derubati della nostra stessa umanità". Notate: "l'idolatria". Permettetemi di dirvi che il problema grosso non è l'ateismo. L'ateismo è forse già il primo passo, da noi, per tentare di fare un atto di Fede, perché chiaramente bisogna sbarazzarsi del Dio del Sistema. Perché Dio non può essere il Dio del Sistema. Il problema nostro è l'idolatria! E io ho la netta impressione che le nostre Chiese, le Chiese del Nordamerica, le Chiese dell'Europa, sono in buona parte, oggi, Chiese idolatriche, funzionali a questo Sistema. E siamo noi! Non pensiamo mica a chissà chi... Da qui capite che, in questo Sistema, l'idolatria ci porta a che cosa? Ad adorare la Cosa. E perché adoriamo la Cosa diventiamo cose! Ecco il problema. Se c'è una cosa che mi ha impressionato, girando 3 mesi per l'Italia, è proprio il fatto che questo Sistema ci distrugge in chiave personale; è come acido che ci corrode. Distrugge le coppie. Ho lasciato molte coppie bellissime nel '91, felicissimamente sposate, impegnate. Ritorno, e me le ritrovo... Mamma, che roba! E non è questione caratteriale. Sembrano tutte fatte su copione le crisi. E' questione che questo Sistema ci rende cose. Ma poi cosa volete in qualche modo condividere anche dentro la famiglia? Non c'è più nulla! Capite allora la droga, capite i suicidi, che sono in aumento ovunque... M'han detto che qui in Emilia-Romagna si spendono miliardi in ansiolitici nelle farmacie. Stiamo diventando matti: dobbiamo prendere pillole! Ci deruba della nostra umanità, è un Sistema che ci rende cose! E questo Sistema ci rende, lo sapete molto bene, il futuro impossibile. L'ipoteca fondamentale sul futuro è quella ecologica. Gli scienziati americani vi danno 50 anni per cambiare; dopodiché, dicono, avremo già intaccato le falde ecologiche di questo mondo: le future generazioni non potranno più vivere a questo mondo... 50 anni! Questo macello ecologico l'abbiamo fatto noi, 20% del mondo. Provate a pensare quando l'altro 80% del mondo vivrà come viviamo noi... Ma chi ci potrà più vivere a questo mondo? La FIAT sta andando in Cina ad aprire le fabbriche. Provate a pensare se invece di un miliardo di biciclette avrete un miliardo di macchine FIAT... Ma chi respirerà più a questo mondo? Questo Sistema non è più esportabile. Dobbiamo già noi stessi rimetterlo in discussione, perché andando avanti di questo passo non c'è futuro in chiave ecologica! Gandhi lo aveva espresso in una battuta stupenda (una!), nel '38 ancora, quando un giornalista inglese gli chiedeva: "Mahatma, quando tu avrai ottenuto l'indipendenza dell'India, riuscirai a portare l'India allo stesso livello economico dell'Inghilterra?". E Gandhi aveva risposto: "Fratello mio, se ci son volute metà delle risorse di questo mondo per fare arrivare l'Inghilterra lì dove è arrivata, di quanti mondi avrà bisogno l'India, per arrivare lì dove è arrivata l'Inghilterra?". E' tutto qui il problema: su questa strada non c'è futuro. Ormai l'alternativa non è più un'utopia, è l'unica cosa decente che abbiamo fra le mani e che possiamo fare. L'alternativa è necessaria! Permettetemi allora di 'saltare' al propositivo. Direte subito: "Ma cos'è che possiamo fare noi?". Ritorno ai vostri volti. Se c'è una cosa che è incredibile sono i volti, unici ed irripetibili. Se viviamo in questo Sistema è perché noi lo vogliamo. Non lamentatevi di Maccanico, di Dini, ... A proposito: mamma, che roba! Abbiamo parlato prima delle forze economiche in questo paese. Ma le forze economiche vi esprimono perfino i governi economici, talmente sono chiare. E' inutile che andiate a dare la colpa in su. Se noi abbiamo i governi che abbiamo, i politici che abbiamo o l'economia che abbiamo, è perché noi li vogliamo così! A me ha fatto un'impressione enorme Martin Niemoller (uno dei grandi resistenti contro Hitler, insieme con Bonhoeffer. Martin Niemoller è sopravvissuto al campo di concentramento di Dachau, Bonhoeffer è stato invece impiccato). Quando Martin Niemoller è uscito, alcuni giornalisti gli hanno chiesto: "Martin, cosa dici del popolo tedesco? Tutti hanno mollato tutto davanti al nazismo: Chiese, Sindacati,... Tutti! Erano quattro gatti che hanno fatto la resistenza al nazismo, quattro gatti! Cosa dici?". E Martin è stato splendido. Ha detto: "Siamo tutti colpevoli". 'Siamo', non 'Siete', 'Siamo'! Se ci siamo su questa barca è perché tutti noi lo vogliamo. Era stato Martin Niemoller che aveva detto quella famosa frase: "Quando la Gestapo ha cominciato a venire ad arrestare i comunisti, io non ho detto nulla perché non ero un comunista. Quando la Gestapo è venuta per arrestare gli ebrei, io non ho detto nulla perché non ero un ebreo. Quando la Gestapo è venuta per arrestare i sindacalisti, non ho detto nulla perché io non ero un sindacalista. Quando è venuta per arrestare i cattolici, non ho detto nulla perché io non ero un cattolico. Quando alla fine son venuti per arrestare me, non c'era più nessuno per parlare". La logica è questa. Ecco perché ritorno ai vostri volti di questa sera. Se siete qui, è perché voi avete le potenzialità, dentro ognuno di voi, per cambiare. Ognuno di noi ha dentro le proprie mani la forza, come diceva Gandhi, della Satyagraha, la forza della verità; come dice Gesù, la forza dell'amore, una bomba atomica! Uscite dal senso di impotenza.
Dopo il peccato di idolatria, il più grave peccato di questa società è, per me, il peccato di impotenza. Sentite che ognuno di voi può fare, anche se dà un piccolo contributo, qualcosa di eccezionale. Sono i poveri che me l'hanno insegnato. Per fare questo, però, avete bisogno di fermarvi un attimo. Se siete non credenti, fate un po' di silenzio; ovunque volete, ma fatelo. Se siete sposati, andate insieme in qualche montagna. Un fine settimana, prendetevi 2 o 3 giorni; il venerdì sera andate su in qualche cascina e fate silenzio. Se siete sposati, fatelo insieme (è importante!). Per la prima volta ragionerete insieme e insieme tenterete di parlarvi. Non ci si parla più! Se siete credenti, trovate dei momenti di preghiera, di contemplazione. Fatelo anche come coppia. Andate dove volete (può essere Spello, può essere un monastero, può essere una cascina...), ma fate dei momenti di silenzio, riflettete. Se vi fermate, vedete subito la nostra follia collettiva. E allora cominciate a ragionare. Quando cominciate a ragionare sul primato dell'economico, subito dite certe cose... Quando ero a Comacchio mi ha introdotto un vecchio prete, avrà avuto dai 60 ai 70 anni. Ha detto 3 o 4 parole, una più saggia dell'altra: "Quando io ero un giovane prete e mi preparavo al 'Moralone' - grande esame dei preti, 'Teologia Morale' - avevo volumi e volumi così sul sesto comandamento. Sulla giustizia? Avevano dato 20 paginette... Dice: 'No, non preoccuparti, puoi leggerle anche all'ultimo momento, nessuno ti farà neanche una domanda su quella roba'". Come credenti abbiamo tradito tutto. Ma come è possibile che come Chiesa abbiamo avuto il coraggio di prendere tanto seriamente il sesto comandamento, e ci sono solo tre detti di Gesù sul sesto comandamento, fino ad arrivare a dire che non c'è neanche parvità di materia sul sesto comandamento? Sull'economia, dove avete i detti più duri di Gesù, dove Gesù è di una crudezza... Ma cosa ne abbiamo fatto? Ad una donna che prende la pillola io devo dire: "Tu non puoi andare a fare la Comunione". Se sono fedele al Magistero Pontificio è quello che devo dire. Un uomo che ha un miliardo in banca, mentre c'è gente che muore di fame, può andare tranquillamente alla Comunione, perché quelli sono soldi suoi. Questo non è né Vangelo, né Morale, né nulla... E' morale borghese, se volete, e basta. Dobbiamo cominciare a prendere seriamente questo benedetto Vangelo. Per quanto so io, è Chiavacci (prete professore all'Università di Firenze) l'unico moralista che ha tentato di fare questo lavoro in Italia (e forse è anche per quello che è emarginato!). Riassume l'insegnamento di Gesù e del Nuovo Testamento in chiave di economia con due comandamenti (non son consigli, non certo i consigli evangelici di noi frati, che ne abbiamo fatto uno scempio). Due comandamenti! Primo comandamento: non puoi arricchirti. Secondo comandamento: se tu hai, per qualsiasi ragione che sei venuto ad avere, hai per condividere. Provate a tradurre questo po' po' di roba nelle vostre scelte quotidiane: avete una rivoluzione tra le mani! Non ditemi che è la Chiesa, che noi non possiamo far nulla... Ma sono balle, autentiche! Il Vangelo è una rivoluzione, non c'è nulla da fare. E se la Chiesa vuole essere dura sul sesto comandamento, mi va benissimo: facciamola la profezia. Ma chi ci accusa di moralismo ha ragione, perché non facciamo la profezia su tutto. La facciamo sul sesso, ma facciamola allora anche sull'economia. C'è gente a volte che viene qui e comincia a dirmi sull'aborto: "Ma perché tu non parli?". Se volete parlare di aborto accetto tutto il discorso dell'aborto. Ma chi è dentro il 'Movimento per la Vita', per favore, la smetta di parlare solo di aborto. O se vuol parlare di aborto, ci sto, ma che parli anche dei morti di fame, che parli contro la pena capitale, perché o facciamo profezia o se no smettiamola di prenderci in giro.
Permettetemi allora di scendere al concreto. Nasce in questi giorni la Banca Etica. Non lasciatela fallire!. La Banca Etica è il primo tentativo in questo paese di coniugare, sul controllo dei soldi, Fede, Vangelo ed economia. Non è mica un'invenzione, è una Banca. Grazie all'AGESCI, alle ACLI, a varie altre organizzazioni che hanno dato qualcosa. Ma siamo ancora lontani... (dall'obbiettivo dei 2 miliardi, capitale minimo richiesto dalla legge per poter aprire una banca - N. d. R.). La Banca Etica vi permette che cosa? Il controllo dei soldi. Sapete che le banche danno i soldi per tutte le cose più assurde di questo mondo: narcotraffico, commercio d'armi, soldi rubati, tangenti, ... Di tutto! La Banca Etica offre per la prima volta la possibilità di depositare i soldi e dire: "Voglio che questi soldi vengano investiti in questo campo". E sono investiti in quel campo. E' il controllo dei soldi. Non voglio ritornare a Korogocho e sentirmi dire che la Banca Etica è fallita! Si tratta di far girare un libro sulla Banca Etica. Uscirà in questi giorni, mi hanno chiesto l'introduzione. Potete trovare anche al CEDOC un sacco di informazioni. Mi meraviglia che in una città come Fidenza non sia ancora partito il Commercio Equo e Solidale. Ma è possibile? Con un'assemblea così splendida come la vostra di questa sera, non riuscite a trovare 20 persone che si mettono insieme per far partire un negozio? Ma andate in Comune, domandate una stanza! Ho qui la mozione di un Comune come Fano. Sono molti i Consigli Comunali che hanno deciso questo tipo di roba. Ma cosa aspettate? Il Commercio Equo e Solidale è fondamentale. Ha le sue pecche, non tutto è perfetto. Ma è uno degli strumenti importanti. Se voi riusciste a raggiungere il 2%, per esempio, del caffè venduto, immediatamente i vostri supermercati a Fidenza comincerebbero ad allarmarsi: se ne accorgono subito! E' una delle vie importanti. E' uscito in questi giorni il libro: 'Guida al consumo critico', di Gesualdi. Gesualdi è un discepolo di don Milani. Gesualdi non fa mica questo come lavoro, è un uomo come tutti voi: lavora, fa l'infermiere in ospedale a Pisa. Ha fatto questo lavoro nel suo tempo libero. Qua dentro trovate tutto: prodotti per l'igiene personale, pane, cracker, snack, orzo, camomilla, marmellata, mele, salami, latticini... Cosa è che vi fa? Per ognuna di queste cose vi dà: la compagnia che la produce (i vari marchi quando andate al supermercato), come paga gli operai, se accetta i sindacati, ... Questo vi porta esattamente a che cosa? Al consumo critico. Cioè a consumare, ma a consumare criticamente, a comperare criticamente. Voi potete andare al supermercato e trovarvi un giocattolino: "Ohi, ma guarda che bello, costa così poco...". Poi scoprite qua dentro che è fatto da una compagnia che utilizza bambini di 10 anni in Thailandia, ve li fa lavorare 15 ore al giorno, ve li sottopaga. E' chiaro che costa poco. Lo comperate, fate parte della linea di sfruttamento... Questo deve portare a boicottaggi, a campagne contro certe compagnie. Provate a pensare se a Fidenza, per esempio, le parrocchie si aggregassero e dicessero: "Lanciamo una campagna sul tal prodotto, perché...". Ma pensate alla forza! Avete una forza incredibile... Una volta, sembra proprio il medioevo ormai, si diceva: "Lavoratori, unitevi!". Mamma, che roba, sembra il medioevo... Oggi bisogna dire: "Consumatori, unitevi!". Avete una potenza enorme tra le mani, ma enorme. Il gigante imperiale ha i piedi d'argilla; questa è una delle maniere per batterlo. E le compagnie hanno una paura boia. La Nestlé - c'è una piccola campagna che mandano avanti in Italia, ma fatta da 4 gatti - ha convocato tutti i capi prima di Natale. Hanno davvero paura! Uscirà a giorni, presso l'EMI, il testo degli scienziati di Wuppertal, che hanno fatto questo rapporto sotto l'egida della 'Misereor', un'organizzazione cattolica tedesca. Gli scienziati di Wuppertal chiedono al popolo tedesco che abbia il coraggio, nei prossimi 50 anni (i fatidici 50 anni...), di tagliare il proprio consumo di energia, di prodotti, del 90%... Provate a pensare: 90%! Sono scienziati a dirlo! Per esempio, i "Beati i Costruttori di Pace" hanno lanciato il progetto 'Bilanci di Giustizia' per le famiglie. Fatelo girare. Una maniera per vedere davvero come famiglia che cosa consumate, dove è che spendete, cosa potete tagliare. E' molto importante. Tocca ad ognuno di voi muovervi. Tocca alle parrocchie. Ma è concepibile, per esempio, che le parrocchie continuino ad andare avanti con queste feste pagane che sono le Prime Comunioni, le Cresime, ...? Non parliamo poi dei matrimoni: è paganesimo puro! Un giorno ero a Pisa in una chiesa e, quando ho finito di parlare, un uomo è venuto e mi ha detto: "Alex, una ragazza che conosco personalmente, l'altro giorno, s'è comperata un vestito da sposa di 18 milioni". La chiesa che fa questo tipo di matrimonio fa peccato! Ma andate a sposarvi in Comune, perché andate in chiesa a prendere in giro quel povero Cristo? E' tutta una presa in giro questa roba. Provate a pensare se le parrocchie di Fidenza avessero il coraggio di dire: "Basta!". Pensate che botta sarebbe!... Dobbiamo tutti iniziare a parlare. Pensate ai vostri Natali. Io mi son visto questo Natale... Che roba! Ma è concepibile? I miliardi che avete speso per le luminarie... "Auguri!", "Buon Natale!"... Ma non trovavo neanche un cane per strada a dirmi: "Buon Natale!". Ma diteglielo "Buon Natale!" a qualcuno, non scrivetelo spendendo miliardi! Usciamo da certe logiche! A questo livello mi permetto di appellarmi al Consiglio Comunale di Fidenza, perché costituisca la 'Casa per la Pace', un vero Centro per tutte queste iniziative, non una stanzetta come ha il CEDOC. Tantissimi Comuni si sono organizzati. Ma tocca a voi cittadini darvi da fare, muovetevi!
Sul militare dovrei farvi lunghissimi discorsi, perché avrei dovuto parlarvi della violenza. Non riesco ad entrarci. Il discorso della nonviolenza per la Chiesa, mi porterebbe lontanissimo. Solo un appello: l'importanza dell'obiezione di coscienza, soprattutto per le ragazze. Ma è possibile che l'Anno di Volontariato delle ragazze non sia ancora decollato? Dobbiamo arrivare a sentire che tutti i ragazzi e le ragazze devono avvertire lo spendere un anno della propria vita per la comunità come un obbligo? Ma questa è educazione civica! Nella Val di Cembra, in Trentino, tutti i sindaci della valle (sono 20 o 30) mandano a tutti i giovani dai 16 ai 18 anni una cartolina in cui si dice: "Carissimo ragazzo, è arrivato il tuo tempo per la Leva militare. Sappi che se vuoi hai un'alternativa alla Leva: vieni il tal giorno, ti presenti in una tal sala e ti sarà spiegato". Questo per i ragazzi e per le ragazze. E' educazione civica, il Sindaco non decide per nessuno. Tocca ai Consigli Comunali promuovere questo po' po' di roba. Avete delle possibilità enormi a questo riguardo. Dobbiamo far nascere qualcosa di radicalmente nuovo. Una coscienza nuova. Soprattutto le Chiese, che ritornino al principio fondante della nonviolenza, il cuore del Vangelo! E le Chiese non ne vogliono ancora sapere...
I mass-media, il terzo polo, non è uno scherzo. Per questa ragione vi chiedo: fate girare letteratura alternativa. Ce n'è, ce n'è tanta, anche in Italia. Ciclostilate, ma poi intervenite, parlate alle radio, scrivete ai giornali, rendetevi soggetti. E state attenti a quella televisione... Voi votate con quel telecomando. Quando la RAI o Berlusca vi chiedono 10 milioni di televisori aperti su un programma, è il momento di spegnerla. In questi giorni di Quaresima, in preparazione alla Pasqua, se potete anche questa sera, andate a casa, impacchettate il televisore e mettetelo in cantina fino a Pasqua. Forse riuscirete, marito e moglie, a parlarvi; forse i genitori riusciranno a parlare ai figli. Non c'è altra via, dobbiamo fare anche pulizia mentale! Permettetemi una parola sull'aspetto politico. Vi ho detto, e ho usato parole molto gravi, "...è l'economia che decide tutto". Viviamo un momento estremamente grave in chiave politica: non defilatevi! E non sono qui a dirvi per chi votare, per carità... Tocca a voi! Ma non defilatevi, trovate vie per esprimervi politicamente. Avete un testo bellissimo - fatelo girare - 'C'è un tempo per tacere e un tempo per parlare', dove il Cardinal Martini lancia un monito molto duro. Non sto qui adesso a leggervi tutto, ma contiene una frase molto dura: "Non è in gioco la libertà della Chiesa, in Italia è in gioco la libertà dell'uomo. Non è in gioco il futuro della Chiesa, è in gioco il futuro della democrazia. E' un momento grave per tutti noi, un momento non per tacere ma per parlare". Girando per l'Italia, in questi giorni, ho trovato alla base due realtà bellissime. Tanta gente sana (voi stasera siete espressione di questo popolo sano che tenta minimamente di ragionare). Ce n'è tanta; è minoranza, ma minoranza consistente. E tanti gruppi: gruppi, gruppuscoli, associazioni, di tutti i tipi e di tutte le razze. Nessun paese in Europa ha una tale ricchezza. Eppure tutto questo rimane sommerso. Fatelo emergere! Altrimenti qualchedun altro farà opinione al vostro posto. Ecco perché tentiamo di vedere (e, dopo l'assemblea, ne parlerei con i rappresentanti di gruppi, anche venuti da fuori) se si riesce ad arrivare ad un referente unico in chiave regionale, proprio per tentare di far uscire, di far emergere questo sommerso.
E' troppo importante questo discorso. Permettetemi di concludere con alcune brevissime riflessioni, fondamentali per tutto il discorso, per questo 'Il gigante ha i piedi d'argilla'. Non potete illudervi di resistere da soli. Questo Sistema, se tentate di resistere da soli, vi travolge tutti! Ci corrode dentro, corrode la società, i tessuti sociali, le comunità, sfalda tutto. Se volete fare resistenza, se siete non credenti costituitevi in piccoli gruppi di riflessione; se siete credenti (e questo le parrocchie dovranno lentamente impararlo) costituite Piccole Comunità di base. Comunità, non gruppi, dove c'è un rapporto interpersonale vero. Perché in questa società ormai non esiste più nulla, e le nostre famiglie stanno saltando per quello. Comunità dove vi sono rapporti veri di amicizia, di fraternità, di calore umano. Comunità dove il primato va alla Parola; ma la Parola deve portare inesorabilmente all'analisi sociale della realtà, se no non è Parola (la Parola è anche idolatrica). Tutto questo deve portarvi all'impegno. Ma se l'impegno deve portarvi a correre da una manifestazione all'altra, a fare di tutto, diventate matti! Già diventiamo matti in questo Sistema per sopravvivere, se dovessimo diventar matti a fare resistenza... E' il Sistema che vince alla fine! Ogni Piccola Comunità cristiana si specializzi in un aspetto, si impegni in un'unica cosa. Fate quello ma fatelo bene. E poi concatenatevi! Guardate l'esperienza del Nordamerica, il cuore del Golia imperiale, dove così avviene la resistenza: si uniscono, attraverso Internet o computer o quel che volete voi, e sanno quello che uno fa, si passano documenti... I credenti hanno gioito che sia caduto il marxismo all'Est. Abbiamo detto: "Finalmente sono cadute le dittature! Sapevamo, avevamo ragione noi". Il marxismo diceva e dice che l'uomo è fatto dalle strutture, dalla società. Ha sempre detto: "Cambiate le strutture e l'uomo cambia". Ci hanno provato all'Est: non è vero, non è avvenuto. I cristiani hanno sempre detto: "Cambia l'uomo e la società necessariamente cambia". Beh, non è vero. Non è vero! E ci siamo dimenticati persino di domandare perdono per questi 40 anni. I credenti sono grandemente responsabili per quello che è avvenuto in questo paese in questi 40 anni. Dobbiamo ancora chiedere perdono, il che è importante. Cito di nuovo un cattolico, se no mi dicono subito che io sono chissà chi: l'arcivescovo Hurley, di Durban, Sudafrica, uno dei grandi resistenti all'apartheid. Afferma che "nel corso di 20 secoli, l'esperienza cristiana ha cambiato uomini da così in così (Saulo in un Paolo, Francesco figlio di Bernardone, che si sognava di essere grande commerciante di Assisi, in un Francesco radicalmente differente). Eppure, anche in 20 secoli, non c'è mai stata nessuna società che sia stata trasformata dalla logica evangelica". Nessuna! Ambedue hanno fallito: il marxismo ha fallito; l'esperienza cristiana ha fallito in questo senso. Due intuizioni, due grandissime intuizioni. Ritengo che l'intuizione cristiana è fondamentale ed è fondante: i volti! Ogni uomo è un volto.
Ricordo il colloquio con Curcio, nel '91. Era allora in galera e ha chiesto di vedermi. Mi ha detto: "Alex, sai lo sbaglio che abbiamo fatto noi brigatisti? Prendere seriamente Machiavelli, il fine che giustifica i mezzi. Oggi la mia conversione sta in questo: credo che ogni uomo è fine a se stesso; io non posso usare una persona per qualche altra cosa, per quanto nobile possa essere". Allora è vero quello che dice l'esperienza cristiana: la conversione può venire solo da una persona; quindi la conversione è un appello personale. Ma una persona è parte di una struttura, necessariamente. E se io dico che mi converto, ma non mi rendo conto che devo convertire la struttura che sta attorno a me, la struttura e la società che stanno attorno a me mi riporteranno ad essere quel pagano che ero prima. Dobbiamo iniziare a coniugare questo benedetto personale con lo strutturale e con il sociale! Se non lo facciamo tradiamo tutto. E' fondamentale. Troppo della nostra esperienza, anche di Chiesa, è intimistica, è schizofrenia religiosa. L'esperienza cristiana ha una dinamica sociale, economica, politica. E' il sogno di Dio, di un mondo alternativo a quello che abbiamo tra le mani. Se questa sera ho dato l'impressione a qualsiasi persona qui presente di aver demonizzato qualsiasi realtà, chiedo perdono. Perché ritengo, ed è questa un'altra grande riflessione proveniente dalle Comunità nordamericane, che l'impero del denaro, l'economia, lo Stato, la televisione, non sono mica demoniaci in sé. Sono demoniaci perché noi li abbiamo resi demoniaci. Abbiamo bisogno dell'economia, abbiamo bisogno dei soldi, abbiamo bisogno di tante cose. Le potenze (l'economia, il denaro, ...) sono buone, ma sono decadute. Ma sono redimibili! Tocca a voi, ecco la sfida come credenti, ma anche come non credenti, che abbiamo tra le mani.
Ecco l'appello che faccio a voi: di darvi da fare per trasformare queste potenze, perché sono redimibili. E mi appello, in particolare, alle donne: donne, non vendetevi a questo Sistema! E' un Sistema maschilista, legato al militarismo, legato all'economicismo più bieco che ammazza ed uccide. Voi donne avete dentro di voi tre valori che sono: l'amore per la vita, voi generate vita; la nonviolenza; la tenerezza. Voi che siete la maggioranza del genere umano, fateli entrare, che diventino il principio portante di quell'uomo nuovo che Balducci diceva deve nascere se vogliamo che si salvi l'umanità, se no davvero andremo giù tutti per la piena. Voi donne avete un'importanza fondamentale per far nascere questo 'uomo planetario', geneticamente nuovo. Mi appello a voi perché so che voi, proprio perché generate vita, sarete capaci anche di generare un Sistema nuovo, un uomo nuovo. E' fondamentale il vostro ruolo. Sto girando per l'Italia, come un cretino se volete. Tanti mi dicono: "Ma cosa fai?". L'altro giorno ero giù in Puglia. Nevicava, son 'sbucato' così in una scuola e i ragazzi mi hanno detto: "Ma chi te lo fa fare di andare in giro come un cretino, così, per l'Italia? Ma a che pro?". Sto spendendo le mie vacanze - son queste le mie vacanze! - girando, parlando, perché i poveri mi danno la fiducia e la speranza che davvero la vita vince e deve vincere. Se sono qui è perché sono stati loro che mi hanno contagiato con una carica incredibile di speranza, che viene proprio dalla dimensione di quel Papi che è il Papi dei poveri, degli ultimi, di chi non conta. La 'lettera agli amici' conclude proprio con questa frase molto bella: "E' un sogno.... Ma noi continuiamo a sognare nella profonda convinzione che Dio è fedele, che Dio è il Dio della gente del Mukuru (la discarica), delle ragazze dell'Udada, dei giovani deviati del Kindugu, dei ragazzi di strada, dei malati di AIDS, ... E' il loro Dio! E' il Dio della vittima del Golgota: cane immondo buttato fuori le mura di Gerusalemme. E' questo il Dio che ogni domenica celebriamo nella solenne liturgia. La liturgia domenicale costituisce un punto fondamentale nel nostro esodo verso la libertà. Cantiamo le meraviglie che Dio compie a Korogocho. (...) Per questo balliamo, cantiamo... il Dio della Vita, il Dio che fa germinare il nuovo. Lentamente sta anche nascendo una nuova liturgia: la lode di un popolo oppresso in marcia verso la liberazione... E la gioia esplode, è festa di liberazione! La liturgia, infatti, non è solo memoria, ma è costitutiva della realtà, pone e crea quel mondo che sogniamo in contrapposizione al mondo reale imperiale che crea Korogocho e tutte le Korogocho di questo mondo. E' il sogno di Mosè, dei Profeti, di Gesù... Il grande sogno ritorna con forza... E' questo il sogno che ci lega a migliaia di amici attraverso il mondo, a migliaia di 'comunità di resistenza' (e ai vostri volti di questa sera)". Dice Brueggemann, un biblista che lavora con queste comunità nordamericane: "E' vocazione del profeta tenere vivo il ministero del Sogno, continuare a proporre futuri alternativi al modello che l'impero vuole imporci come l'unico possibile". Il Golia imperiale, io ne sono profondamente convinto, ha i piedi d'argilla. Per farlo crollare abbiamo bisogno di tornare al punto dal quale siamo partiti: ai volti delle vittime, alla capacità di ritornare ad indignarci! Mi permetto di concludere attraverso l'esperienza di uno dei grandi resistenti contro Hitler, con un testo che a me ha fatto molta molta impressione. E' l'esperienza di Kaj Munk, un pastore protestante che ha resistito contro Hitler ed ha aiutato i danesi alla resistenza. E' stato preso ed ucciso come un cane nel 1944. Notate quello che dice: "Qual è il compito del predicatore oggi? Dovrei rispondere Fede, Speranza, Carità. Sembra una bella risposta, ma vorrei dire piuttosto: Coraggio. Ma no, neppure questo è abbastanza provocatorio per costituire l'intera verità. Il nostro compito oggi è la Temerarietà, perché ciò di cui noi come Chiesa manchiamo non è certamente né di psicologia né di letteratura. Quello che a noi manca è una santa Collera, una santa Collera! La temerarietà che scaturisce dalla conoscenza di Dio e dell'umanità, la capacità di indignarsi quando la giustizia giace prostrata sulle strade e quando la menzogna furoreggia sulla faccia della Terra, una santa collera contro tutto ciò che nel mondo è ingiusto. La collera contro il saccheggio della Terra del Signore e la distruzione del mondo di Dio, la collera perché i bambini devono morire di fame mentre le tavole dei ricchi si piegano sotto il peso delle vivande, la collera per l'indulgenza di tanti verso la Chiesa, che non si avvede di poter vivere solo grazie alla verità e ignora che la nostra paura sarà la morte di tutti noi. Quello che ci è necessario è di perseguire senza sosta quella temerarietà che saprà lanciare la sua sfida e di cercare di cambiare la storia umana finché essa giunga a conformarsi alle norme del Regno. E ricordatevi - dice Kaj Munk, sentite com'è bello - i simboli della Chiesa cristiana sono sempre stati il leone, l'agnello, la colomba e il pesce, ma mai il camaleonte! E ricordate anche questo: la Chiesa è il popolo che Dio si è scelto, ma coloro che sono scelti saranno riconosciuti in base alle loro scelte". Grazie a tutti voi!
Alex Zanotelli
"I swear to God, if I were a piano player or an actor or something and all those dopes thought I was terrific, I'd hate it. I wouldn't even want them to clap for me. People always clap for the wrong things". "(Holden Caulfield/JDSalinger - The catcher in the rye)
Sunday, April 24, 2005
Chi è Padre Alex Zanotelli
CHI E' PADRE ALEX ZANOTELLI
tratto dal mensile Nigrizia
Nato a Livo (Trento) il 26 agosto 1938, è stato ordinato sacerdote nell'Istituto dei missionari comboniani nel 1964, dopo aver completato gli studi di teologia a Cincinnati (Usa). Partito missionario per il Sudan, dopo otto anni viene allontanato dal governo a causa della sua solidarietà con il popolo Nuba e della coraggiosa testimonianza cristiana.
Assume la direzione della rivista Nigrizia nel 1978 e contribuisce a renderla sempre più un mensile di informazione, nel solco di una tradizione avviata nel 1883 e consolidatasi a partire dagli anni '50. Il suo programma di lavoro è ben chiaro fin dall'inizio:
"Essere al servizio dell'Africa, in particolare 'voce dei senza voce', per una critica radicale al sistema politico-economico del nord del mondo che crea al Sud sempre nuova miseria e distrugge i valori africani più belli, autentici e profondi".
Per quasi dieci anni, Zanotelli ha saputo prendere posizioni precise e imporsi all'opinione pubblica italiana, affrontando i temi del commercio delle armi, della cooperazione allo sviluppo affaristica e lottizzata, dell'apartheid sudafricano. E' stato anche tra i fondatori del movimento "Beati i costruttori di pace", con cui ha condotto molte battaglie in nome della cultura della mondialità e per i diritti dei popoli.
Nel 1987 - su richiesta di esponenti politici e vaticani - Alex Zanotelli lascia la direzione di Nigrizia: ma la sua eredità culturale, raccolta dai successivi direttori e redattori, continua a manifestarsi anche oggi.
Negli ultimi otto anni, il lavoro missionario di Zanotelli si è svolto a Korogocho, una delle baraccopoli che attorniano Nairobi, la capitale del Kenya.
Continuano tuttavia le sue collaborazioni giornalistiche: con Nigrizia dove da quest'anno ha anche la rubrica fissa "Sulle strade di Pasqua"; e con la direzione della rivista Mosaico di Pace, pubblicata da Pax Christi.
tratto dal mensile Nigrizia
Nato a Livo (Trento) il 26 agosto 1938, è stato ordinato sacerdote nell'Istituto dei missionari comboniani nel 1964, dopo aver completato gli studi di teologia a Cincinnati (Usa). Partito missionario per il Sudan, dopo otto anni viene allontanato dal governo a causa della sua solidarietà con il popolo Nuba e della coraggiosa testimonianza cristiana.
Assume la direzione della rivista Nigrizia nel 1978 e contribuisce a renderla sempre più un mensile di informazione, nel solco di una tradizione avviata nel 1883 e consolidatasi a partire dagli anni '50. Il suo programma di lavoro è ben chiaro fin dall'inizio:
"Essere al servizio dell'Africa, in particolare 'voce dei senza voce', per una critica radicale al sistema politico-economico del nord del mondo che crea al Sud sempre nuova miseria e distrugge i valori africani più belli, autentici e profondi".
Per quasi dieci anni, Zanotelli ha saputo prendere posizioni precise e imporsi all'opinione pubblica italiana, affrontando i temi del commercio delle armi, della cooperazione allo sviluppo affaristica e lottizzata, dell'apartheid sudafricano. E' stato anche tra i fondatori del movimento "Beati i costruttori di pace", con cui ha condotto molte battaglie in nome della cultura della mondialità e per i diritti dei popoli.
Nel 1987 - su richiesta di esponenti politici e vaticani - Alex Zanotelli lascia la direzione di Nigrizia: ma la sua eredità culturale, raccolta dai successivi direttori e redattori, continua a manifestarsi anche oggi.
Negli ultimi otto anni, il lavoro missionario di Zanotelli si è svolto a Korogocho, una delle baraccopoli che attorniano Nairobi, la capitale del Kenya.
Continuano tuttavia le sue collaborazioni giornalistiche: con Nigrizia dove da quest'anno ha anche la rubrica fissa "Sulle strade di Pasqua"; e con la direzione della rivista Mosaico di Pace, pubblicata da Pax Christi.
Zanotelli sulla guerra . Un vecchio contributo
10/12/02 - E' un momento grave questo per l'umanità. Forse uno dei suoi momenti più gravi. Si tratta di vita e di morte per il pianeta, per la razza umana. Questa assurda guerra all'Iraq diventa il simbolo di una scelta radicale di fondo. Dobbiamo scegliere da che parte stiamo, se dalla parte della vita o della morte. Non si può più barare. Il 20% del mondo è ormai deciso a continuare a papparsi l'83% delle risorse del mondo. Anzi può assicurarsi con le armi di continuare a farlo. Le armi servono oggi a garantire che pochi possano continuare a papparsi quasi tutto a spese di molto morti di fame. Solo lo strapotere delle armi può permetterci questo. Infatti utilizzando l'11 settembre il complesso industriale militare americano ha forzato il governo americano ad investire 500 miliardi di dollari in armi. Bush ha già firmato giorni fa un bilancio della difesa di 378 miliardi di dollari e l'Europa dovrebbe investire 250 miliardi di dollari. E' un'altra maniera, questa, per rilanciare l'economia mondiale in recessione. Gli Usa stanno rinnovando tutto l'armamentario atomico (60 miliardi di dollari), affermano che useranno l'atomica ovunque i loro interessi militari saranno minacciati.Hanno già stanziato 70 miliardi di dollari per la costruzione dello scudo spaziale. Quarto gli Usa hanno già messo a parte 100 miliardi di dollari per la guerra contro l'Iraq (gli esperti dicono che ci costerà circa 200 miliardi di dollari). Questa è una macchina da guerra infernale per lottare contro il «terrorismo internazionale». Ma dobbiamo pur chiederci: chi sono i terroristi? Non siamo forse noi che costruiamo un folle arsenale per proteggere lo stile di vita del 20% del mondo? E' stato lo stesso ministro della difesa americana Rumsfeld a dirlo. Quando gli è stato chiesto cosa ritenesse vittoria nella nuova guerra contro il terrorismo ha risposto che per lui sarebbe vittoria se tutto il mondo accettasse che gli americani siano liberi di continuare con il loro stile di vita. E gli americani sono disposti ad usare anche l'arma atomica se i loro interessi vitali saranno minacciati. Questa è follia collettiva ! Per questo dobbiamo dire un no categorico a questa guerra. E' un momento di non ritorno. Altrimenti sarà la guerra infinita. E' una questione morale ed etica per tutti (credenti e non). Non può esistere una «guerra preventiva» (è importante l'editoriale dell'ultima Civiltà Cattolica che bolla senza mezzi termini questa guerra). Gli ingenti investimenti in armi tolgono risorse alla vita: con 13 miliardi di dollari potremmo risolvere fame e sanità per un anno e per tutto il mondo. Ma questo sistema uccide poi lo stesso pianeta il cui stato di salute è già così precario! Questa guerra sarà un'altra botta ecologica incredibile.E la guerra nucleare resta una reale possibilità in questa guerra all'Iraq (è il monito che ci viene rivolto da tanti scienziati!).Insieme a tanti pensatori (René Girard, Bailey, ecc) ritengo che stiamo attraversando la più grave crisi che l'homo sapiens abbia mai vissuto: il genio della violenza è fuggito dalla bottiglia e non esiste più nessun potere che potrà rimettervelo dentro. All'umanità rimane solo una scelta: rendere tabù la violenza e la guerra. L'umanità ha fatto una simile operazione con l'incesto che era praticato nelle antiche società. Quando l'uomo vide che l'incesto faceva male alla razza umana lo ha reso tabù. Penso che non ci resta che questo: rendere tabù la guerra e la violenza. E' questo il salto di qualità che l'umanità è chiamata a fare. E' la scelta della non violenza attiva come praticata da Gesù, Ghandi, Martin Luther King.... E' una scelta di civiltà. E' l'unica strada che ci rimane. Alex Zanotelli
Wednesday, April 06, 2005
"Mai più guerra, mai più guerra, mai più guerra!"
Mi stanno disgustando gli eccessi retorici di questi giorni dedicati al Santo Padre; mi disturba il tono ipocrita e finto di molti commentatori TV; trovo i papaboys ,in maggioranza, vuoti intellettualmente e troppo limitati politicamente, penso che non è raggrumandosi a Roma per la morte del Papa che il mondo possa essere cambiato nel senso indicato da Gesu Cristo nel Nuovo Testamento; m'intristisce il fatto che i moniti del Papa sulla Guerra siano tutti andati a vuoto ,che l'ignoranza Cristiana delll'entroterra degli USA abbia fatto rieleggere quell'esemplare di idiota esaltato di nome J.W.Bush; è intollerabile che tutto in una Repubblica Laica come l'italia si debba fermare per fatti che riguardano solo la religione ; quando le menti bacate dell'occidentalismo criticheranno i riti e le teocrazie islamiche pensino d'ora in poi agli eccessi di questi giorni. Per quanto mi riguarda ricordo Papa Giovanni Paolo II con una piccola citazione:
"Una violenza che risponde a un’altra violenza non è mai una via per uscire dalla crisi. Imploriamo il Signore perché non prevalga la spirale dell’odio e della vendetta. Mai più guerra, mai più guerra, mai più guerra!"
Ciao Karol
"Una violenza che risponde a un’altra violenza non è mai una via per uscire dalla crisi. Imploriamo il Signore perché non prevalga la spirale dell’odio e della vendetta. Mai più guerra, mai più guerra, mai più guerra!"
Ciao Karol
Tuesday, April 05, 2005
Un piccolo segno che non vivo in una teocrazia: Queen a Roma 5 aprile 2005
Niente lutto, i Queen trionfano a Roma La festa rock è stata comunque aperta con un minuto di silenzio in segno di rispetto. Aperta al Palalottomatica la tournée italiana
Al centro Paul Rodgers, il nuovo cantante dei Queen (Ansa)
ROMA - Inglesi, laici, iconoclasti e fedeli a uno dei loro classici («The Show Must Go On», lo spettacolo deve continuare), i Queen superstiti e redivivi hanno aperto ieri sera al Palalottomatica di Roma la loro tournée italiana che toccherà stasera Milano, il 7 Firenze e l’8 Pesaro. In netto contrasto con l’atmosfera che regnava a San Pietro e nel resto del mondo, si è svolta una festa rock in piena regola. Il capo della protezione civile Guido Bertolaso aveva cercato di convincere gli organizzatori (Claudio Trotta di Barley Arts) a sospendere il concerto per rispetto alla morte del Papa.
Ma i Queen e gli organizzatori avevano fatto orecchie da mercante. «Non spostarlo è stata una scelta di pessimo gusto - ha commentato Bertolaso -. Si facciano pure il loro concerto e spero che non ci vada nessuno». In realtà l’affluenza è stata massiccia e il successo trionfale. E gli organizzatori hanno risposto a Bertolaso con un comunicato letto prima del concerto: «Al Papa piaceva la musica e non crediamo che la musica dei Queen sia un disturbo. Tuttavia con rispetto al mondo cattolico vi chiediamo un minuto di raccoglimento». Reazione del pubblico, equamente diviso fra giovani e mezza età? «Se avessero sospeso il concerto sarebbe stato comprensibile, ma buttare un biglietto da 50 euro sembrava eccessivo».
Dopo il minuto di silenzio, il via allo show. Paul Rodgers, il sostituto di Freddie Mercury, giacca bianca e pantaloni neri con banda argentata, scatena subito il delirio su «Tie Your Mother Down». Sulla carta l’idea di una tournée dei Queen senza Mercury appariva disastrosa: come pensare agli Stones senza Jagger, agli U2 senza Bono, ai Nirvana senza Cobain. Non è possibile fare un paragone fra Mercury e il suo sostituto che però non ha deluso. Sul piano tecnico l’ex cantante dei Free e dei Bad Company ha tutte le carte in regola: presenza, voce, cultura, storia e sa suonare anche bene la chitarra come ha dimostrato in «Crazy Little Thing Called Love». Non ha la personalità eclettica della «regina» Mercury. Ma nei brani fortemente caratterizzati come «I Want to Break Free» funziona alla grande pur nel dilemma irrisolto nello show fra essere artista originale e/o sosia.
Mario Luzzato Fegiz
www.corriere.it
5 aprile 2005
Al centro Paul Rodgers, il nuovo cantante dei Queen (Ansa)
ROMA - Inglesi, laici, iconoclasti e fedeli a uno dei loro classici («The Show Must Go On», lo spettacolo deve continuare), i Queen superstiti e redivivi hanno aperto ieri sera al Palalottomatica di Roma la loro tournée italiana che toccherà stasera Milano, il 7 Firenze e l’8 Pesaro. In netto contrasto con l’atmosfera che regnava a San Pietro e nel resto del mondo, si è svolta una festa rock in piena regola. Il capo della protezione civile Guido Bertolaso aveva cercato di convincere gli organizzatori (Claudio Trotta di Barley Arts) a sospendere il concerto per rispetto alla morte del Papa.
Ma i Queen e gli organizzatori avevano fatto orecchie da mercante. «Non spostarlo è stata una scelta di pessimo gusto - ha commentato Bertolaso -. Si facciano pure il loro concerto e spero che non ci vada nessuno». In realtà l’affluenza è stata massiccia e il successo trionfale. E gli organizzatori hanno risposto a Bertolaso con un comunicato letto prima del concerto: «Al Papa piaceva la musica e non crediamo che la musica dei Queen sia un disturbo. Tuttavia con rispetto al mondo cattolico vi chiediamo un minuto di raccoglimento». Reazione del pubblico, equamente diviso fra giovani e mezza età? «Se avessero sospeso il concerto sarebbe stato comprensibile, ma buttare un biglietto da 50 euro sembrava eccessivo».
Dopo il minuto di silenzio, il via allo show. Paul Rodgers, il sostituto di Freddie Mercury, giacca bianca e pantaloni neri con banda argentata, scatena subito il delirio su «Tie Your Mother Down». Sulla carta l’idea di una tournée dei Queen senza Mercury appariva disastrosa: come pensare agli Stones senza Jagger, agli U2 senza Bono, ai Nirvana senza Cobain. Non è possibile fare un paragone fra Mercury e il suo sostituto che però non ha deluso. Sul piano tecnico l’ex cantante dei Free e dei Bad Company ha tutte le carte in regola: presenza, voce, cultura, storia e sa suonare anche bene la chitarra come ha dimostrato in «Crazy Little Thing Called Love». Non ha la personalità eclettica della «regina» Mercury. Ma nei brani fortemente caratterizzati come «I Want to Break Free» funziona alla grande pur nel dilemma irrisolto nello show fra essere artista originale e/o sosia.
Mario Luzzato Fegiz
www.corriere.it
5 aprile 2005
Totò Riina : "i giudici sono comunisti"
Totò Riina(boss di cosa nostra) : "i giudici sono comunisti"
"I giudici sono comunisti e non perseguono fini di giustizia, ma intendono favorire la sinistra ed usano le loro funzioni per screditare gli avversari politici".
Totò Riina, udienza al Tribunale di Reggio Calabria 25/5/94
MEDITATE GENTE !
"I giudici sono comunisti e non perseguono fini di giustizia, ma intendono favorire la sinistra ed usano le loro funzioni per screditare gli avversari politici".
Totò Riina, udienza al Tribunale di Reggio Calabria 25/5/94
MEDITATE GENTE !
Amministrative 2005. Prodi :" gli italiani ci chiedono di governare"
Prodi: gli italiani ci chiedono di governareNon pretenderà le dimissioni del premier. Fassino: Silvio ha perso la fiducia della maggioranza
ROMA—Le dita in segno di vittoria. Un sorriso che non finisce più. Il faccione di Romano Prodi illuminato dai flash che bersagliano la finestra della sede ulivista di piazza Santi Apostoli. «Una vittoria così non mel’aspettavo proprio, è una bella, bellissima nottata... ». Alle dieci di sera, l’uomo dell’Ulivo assapora quello che ha atteso per mesi. L’Unione non ha vinto: «Ha largamente vinto come numero di voti e numero di Regioni conquistate». Prodi corre verso il quartier generale di Piero Marrazzo, il colonnello che ha portato all’esercito ulivista il successo più sudato, più inaspettato. «Le analisi politiche? Quelle le faremo domani...» farfuglia di fretta l’ex presidente Ue, abbracciando Marrazzo, mentre tutt’intorno si alzano le note della «Canzone popolare» e la gente grida «Romano, Romano» e Piero Fassino abbraccia Walter Veltroni, che a sua volta abbraccia chiunque gli passi a un metro.
Eppure il domani politico è già qui. Perché, come gorgheggia un caricatissimo Pierluigi Castagnetti, «adesso, cara Italia, ci siamo anche noi». E molte cose cambieranno. Sicuramente più nel centrodestra che nell’Unione. Prodi ne è consapevole. Lo è sin da quando, ed eravamo a metà pomeriggio, la vittoria del centrosinistra ancora non aveva assunto le proporzioni definitive. Diceva in quei momenti il Professore con profilo volutamente basso, quasi non volesse dare eccessivo credito a quelle proiezioni che spingevano sempre più su la sua coalizione: «Con questo voto, gli italiani ci chiedono di prepararci a governare. E il mio impegno è quello di rispondere a queste attese». E qualcuno subito a domandarsi: forse che il Professore sta chiedendo le dimissioni, ora e subito, del premier Berlusconi? Per carità: «No, no, nessuna richiesta — l’immediata replica dello staff prodiano —: le parole del presidente vanno lette in prospettiva: quando verrà il momento, il nostro obiettivo sarà quello di ricostruire il Paese».
Che poi nell’Unione, viste le dimensioni del capitombolo elettorale berlusconiano, qualcuno accarezzi l’idea di anticipare i tempi, cominciando magari a dare qualche scrollone verbale alla Casa delle Libertà, è cosa che inevitabilmente prende corpo. E così, quando il leader ds Piero Fassino fa il suo ingresso in piazza Santi Apostoli, annunciando che «da oggi Berlusconi non ha più con sè la maggioranza degli italiani, che hanno invece espresso una netta preferenza per il centrosinistra», nessuno si stupisce più di tanto. Colpisce, piuttosto, il resto del ragionamento fassiniano: «Credo che sia cosa saggia per un uomo politico guardare in faccia la realtà e tener conto dei risultati elettorali ». Che è un invito, e neanche tanto velato, a farsi da parte. Subito. Un po’ quello che pensa, ma preferisce non dire («Non do consigli »), Massimo D’Alema, che nel 2000 si dimise da premier per una sconfitta molto meno bruciante (8 a 7) e che adesso snocciola con voluttà il pallottoliere elettorale: «Abbiamo almeno 6-7 punti più del centrodestra». Prodi, di parole, ne regala poche. I suoi parlano di «profilo istituzionale». Più semplicemente, forse, il Professore stasera preferisce che siano altri a cantare le lodi dell’Unione, la creatura per la quale si è speso in prima persona in tutti questi mesi. E così ecco Parisi ricordare che «anche in Lombardia, dove abbiamo perso, si è registrata una rimonta incredibile, eravamo a meno 30 punti dal Polo e ora siamo a meno 11: vuol dire che per le Politiche ce la giocheremo». E Castagnetti: «E poi, da quando esistono i due Poli, è la prima volta che il centrosinistra prende un numero di voti superiore agli avversari... ». Prodi guarda e tace. La faccia di chi ha pescato l’asso di briscola.
Francesco Alberti
www.corriere.it
05 aprile 2005
ROMA—Le dita in segno di vittoria. Un sorriso che non finisce più. Il faccione di Romano Prodi illuminato dai flash che bersagliano la finestra della sede ulivista di piazza Santi Apostoli. «Una vittoria così non mel’aspettavo proprio, è una bella, bellissima nottata... ». Alle dieci di sera, l’uomo dell’Ulivo assapora quello che ha atteso per mesi. L’Unione non ha vinto: «Ha largamente vinto come numero di voti e numero di Regioni conquistate». Prodi corre verso il quartier generale di Piero Marrazzo, il colonnello che ha portato all’esercito ulivista il successo più sudato, più inaspettato. «Le analisi politiche? Quelle le faremo domani...» farfuglia di fretta l’ex presidente Ue, abbracciando Marrazzo, mentre tutt’intorno si alzano le note della «Canzone popolare» e la gente grida «Romano, Romano» e Piero Fassino abbraccia Walter Veltroni, che a sua volta abbraccia chiunque gli passi a un metro.
Eppure il domani politico è già qui. Perché, come gorgheggia un caricatissimo Pierluigi Castagnetti, «adesso, cara Italia, ci siamo anche noi». E molte cose cambieranno. Sicuramente più nel centrodestra che nell’Unione. Prodi ne è consapevole. Lo è sin da quando, ed eravamo a metà pomeriggio, la vittoria del centrosinistra ancora non aveva assunto le proporzioni definitive. Diceva in quei momenti il Professore con profilo volutamente basso, quasi non volesse dare eccessivo credito a quelle proiezioni che spingevano sempre più su la sua coalizione: «Con questo voto, gli italiani ci chiedono di prepararci a governare. E il mio impegno è quello di rispondere a queste attese». E qualcuno subito a domandarsi: forse che il Professore sta chiedendo le dimissioni, ora e subito, del premier Berlusconi? Per carità: «No, no, nessuna richiesta — l’immediata replica dello staff prodiano —: le parole del presidente vanno lette in prospettiva: quando verrà il momento, il nostro obiettivo sarà quello di ricostruire il Paese».
Che poi nell’Unione, viste le dimensioni del capitombolo elettorale berlusconiano, qualcuno accarezzi l’idea di anticipare i tempi, cominciando magari a dare qualche scrollone verbale alla Casa delle Libertà, è cosa che inevitabilmente prende corpo. E così, quando il leader ds Piero Fassino fa il suo ingresso in piazza Santi Apostoli, annunciando che «da oggi Berlusconi non ha più con sè la maggioranza degli italiani, che hanno invece espresso una netta preferenza per il centrosinistra», nessuno si stupisce più di tanto. Colpisce, piuttosto, il resto del ragionamento fassiniano: «Credo che sia cosa saggia per un uomo politico guardare in faccia la realtà e tener conto dei risultati elettorali ». Che è un invito, e neanche tanto velato, a farsi da parte. Subito. Un po’ quello che pensa, ma preferisce non dire («Non do consigli »), Massimo D’Alema, che nel 2000 si dimise da premier per una sconfitta molto meno bruciante (8 a 7) e che adesso snocciola con voluttà il pallottoliere elettorale: «Abbiamo almeno 6-7 punti più del centrodestra». Prodi, di parole, ne regala poche. I suoi parlano di «profilo istituzionale». Più semplicemente, forse, il Professore stasera preferisce che siano altri a cantare le lodi dell’Unione, la creatura per la quale si è speso in prima persona in tutti questi mesi. E così ecco Parisi ricordare che «anche in Lombardia, dove abbiamo perso, si è registrata una rimonta incredibile, eravamo a meno 30 punti dal Polo e ora siamo a meno 11: vuol dire che per le Politiche ce la giocheremo». E Castagnetti: «E poi, da quando esistono i due Poli, è la prima volta che il centrosinistra prende un numero di voti superiore agli avversari... ». Prodi guarda e tace. La faccia di chi ha pescato l’asso di briscola.
Francesco Alberti
www.corriere.it
05 aprile 2005
Elezioni Amministrative 2005. Polo del Berlu stramazza a terra
L'Italia
è cambiata
MASSIMO GIANNINI
L'ITALIA azzurra non c'è più. Quella "Fantasyland" felice e spensierata del 2001, dove un "partito personale" dominava in 81 province su 100, s'è dissolta. Quell'appendice virtuale di Milano2, riprodotta su scala nazionale dalla Casa delle Libertà, esiste ormai solo nella mente del suo "inventore". Berlusconi ha perso anche queste elezioni regionali.
Si partiva da 8 a 6 per il centrodestra. Dopo questa chiamata alle urne per 41 milioni d'italiani, secondo le proiezioni provvisorie della notte, finirà 11 a 2 per il centrosinistra. Si frantuma la geografia politica immaginata dal premier. Prodi consolida la sua leadership, la lista unitaria prende corpo, i Ds diventano il primo partito in molte aree del Paese.
L'opposizione strappa agli avversari il Piemonte al Nord, il Lazio al Centro e la Puglia al Sud. È molto più che una sconfitta. È una disfatta. Nel Polo, che resta maggioranza in Parlamento ma non nel Paese, finisce la "dittatura del premier". Quello che comincia non si sa ancora. Sicuramente un "tutti contro tutti", se non addirittura un "rompete le righe".
Le elezioni regionali sono un test locale per definizione. Ma qui c'è qualcosa di più. Dopo il trionfo del 2001, il Polo ha perso le amministrative del 2002, le provinciali del 2003, le europee e le comunali del 2004, le suppletive del 2005, e ora anche le regionali. In questa sequenza non c'è solo un "segnale", estemporaneo e congiunturale.
C'è forse, soprattutto, un travaso di voti nel bacino (finora a compartimenti stagni) della rappresentanza bipolare. Lo dimostra l'affluenza alle urne, molto alta considerata anche la traumatica coincidenza del voto con la scomparsa di Giovanni Paolo II. E se è vero (come insegnano i sondaggisti) che non esiste un astensionismo di sinistra, ma solo una forte quota di elettori incerti o lontani dalla politica, questo vuol dire che tanta parte di questo elettorato "di mezzo", che in passato ha votato per il Polo, stavolta ha votato per l'Unione.
Il tracollo del centrodestra è grave. Riapre al suo interno una verifica che in realtà non si era mai chiusa. Ne compromette in modo strutturale la già precaria stabilità. Per almeno quattro ragioni fondamentali.
1) La caduta del Piemonte sancisce il fallimento di un progetto strategico. Il blocco sociale più dinamico, quello della borghesia produttiva, dei professionisti e dei "padroncini", aveva affidato le chiavi d'Italia al "suo imprenditore", convinto che gli avrebbe aperto le porte dell'Eldorado economico. La vittoria della Bresso segna la fine di quel sogno.
L'opposizione, conquistando la regione della Fiat e della media impresa, infila un cuneo decisivo nel "fronte del Nord", che Berlusconi aveva blindato insieme a Bossi. Per il Cavaliere e il Senatur sarà difficile governare un Paese complesso come l'Italia dalla "ridotta padana" del lombardo-veneto. Questo voto indebolisce anche quell'"asse del Nord", intorno al quale Berlusconi ha costruito i suoi successi e la sua provvista di seggi sicuri. Quasi sempre a spese degli altri due alleati, An e Udc, sempre poco visibili, sempre troppo acquiescenti.
2) La beffa del Lazio è ancora più cocente. E gravida di conseguenze. Qui entra in rotta il modello sociale rappresentato dall'anima più popolare e populista di An. L'autodafè di Storace è clamorosa. Probabilmente non basta a spiegarla il verminaio sudamericano esploso con la Mussolini: se anche si fosse raggiunto un accordo elettorale con la nipote del duce, la somma dei voti delle rispettive liste non sarebbe bastata a superare Marrazzo.
In ogni caso, "Epurator" ha costruito la sua immagine sull'alterità: da Berlusconi, ma anche da Fini. Ha sempre contestato al suo leader la colpa di aver trasformato An in una "corrente" sbiadita di Forza Italia. Su questa posizione, ha dietro di sé una bella fetta di partito.
È verosimile che ora chieda il conto al vicepremier, riversando su di lui la responsabilità di un'onta che non riguarda una persona, ma un partito e il suo posizionamento politico dentro la coalizione. Ed è altrettanto verosimile che Fini, privo di un suo vero delfino e assorbito com'è dalla Farnesina, abbia adesso una seria difficoltà a controllare An, fiaccata da un gregariato estenuante e lacerata com'è dalle correnti interne.
3) Il probabile successo di Vendola in Puglia è una pugnalata al cuore di un sedicente "moderatismo" che, evidentemente, Forza Italia e i centristi dell'Udc (i due partiti più forti al Sud) si sono illusi di rappresentare quasi "a prescindere". Dovrebbe aver vinto un rifondatore comunista e gay discreto ma dichiarato, che va a prendersi una delle regioni più "conservatrici" della Penisola.
Al di là dei problemi che questa eventuale vittoria creerà nel centrosinistra sul piano dei rapporti di forza con Bertinotti, qui c'è l'indizio della crisi profonda di un falso modello di sviluppo, che il Cavaliere ha creduto di spacciare a colpi di grandi opere scritte sulla lavagna invece che realizzate sul territorio. Fitto è stato da sempre una pupilla dei suoi occhi, aperta sul prezioso serbatoio di voti del Mezzogiorno. Ora quella pupilla si chiude, e quel serbatoio si prosciuga. A Sud, per il Polo, resta solo la Sicilia.
4) Al fondo di tutto, c'è una nuova e inedita interpretazione del cosiddetto "fattore B". Così come quella di quattro anni fa fu in larga misura una vittoria personale, questa del 2005 è per ragioni uguali e contrarie una debacle personale. Perde la maggioranza, ma perde soprattutto lui, Berlusconi, che ha fondato le sue fortune politico-imprenditoriali sul mito dell'invincibilità. Il Cavaliere viene investito da un'onda lunga e crescente di malcontento popolare. La sanzione inevitabile dopo una fase stupefacente e ininterrotta di malgoverno politico.
Berlusconi perde sulla politica. Paga tutti gli errori commessi in questa avventurosa legislatura. Non lo premia una rovinosa riforma costituzionale, approvata prima di Pasqua solo per onorare un patto con la Lega, ma vissuta dagli italiani come una mannaia che si abbatte sull'unità del Paese. Non lo premia la grancassa degli sconti fiscali, suonata ossessivamente per un anno, e poi maledetta dai contribuenti che si sono ritrovati una manciata di spiccioli nella busta paga di gennaio.
Il Cavaliere ha cercato più volte di sminuire la portata generale di queste elezioni. Ma negli ultimi dieci giorni si è presentato ben due volte nel salotto tv di Vespa, "terza Camera" un po' corriva di questa sguaiata Seconda Repubblica. Ha occupato per una mattinata intera i microfoni di Radio anch'io. E se il mondo non si fosse fermato per la morte del Papa, avrebbe concluso tra bandiere e paillettes la campagna elettorale di Storace. Non proprio la condotta di chi vuole restare "fuori dalla mischia". Semmai la percezione, drammaticamente tardiva, di un consenso che gli stava e gli sta gradualmente sfuggendo di mano.
Berlusconi perde anche sui numeri. Dopo il 2001 avevamo creduto alla metamorfosi di Forza Italia, trasformata in un vero partito di massa. Ci eravamo sbagliati. Il crollo dei consensi che si registra dai primi dati sui voti di lista dimostra che quello del premier è rimasto ciò che era: un partito di plastica. Per questo, ora, anche tra gli azzurri si profila qualche notte dei lunghi coltelli, che non potrà non avere ripercussioni sul governo.
Il Cavaliere aveva affermato che alla fine avrebbe contato non il numero di regioni che cambiavano segno, ma il numero di elettori che avrebbero votato per i due schieramenti. Il premier incassa una batosta anche su questo. Nelle regionali del 2000 il Polo ottenne 14 milioni 170 mila voti, contro i 12 milioni 453 mila del centrosinistra. Cinque anni dopo la maggioranza perde oltre 2 milioni di voti, che passano quasi interamente all'opposizione. La Cdl precipita dal 50,8% a poco più del 44%. L'Unione decolla dal 44,6% a oltre il 52%.
Dopo questo sisma elettorale, si entra in una "terra incognita". Un anno di livorosa resa dei conti a destra. Fini e Follini dovranno dimostrare, se ne hanno la forza e la voglia, che "un altro centrodestra è possibile". Ma sarà difficile che ci riescano. Il Cavaliere è un animale ferito, e ora anche braccato. Azzarderà colpi di coda pericolosi e imprevedibili.
Ci aspettano dodici mesi di campagna elettorale permanente. Tra due settimane i ballottaggi, poi il referendum sulla fecondazione, poi le politiche nella prossima primavera. Ma queste regionali confermano che il Grande Seduttore non incanta più. Chiedere che si dimetta, compiendo lo stesso gesto di "disarmo unilaterale" che compì D'Alema nel 2000, non sarebbe sbagliato. Sarebbe inutile. Non lo farà mai. È geneticamente inadatto ad assumere quel minimo senso di responsabilità che si addice a qualunque uomo di Stato.
In quasi quattro anni ha rinunciato a tradurre in un vero progetto politico una folgorante intuizione personale. Continuerà a governare l'Italia usando la vecchia legge di Truman: se non li puoi convincere, confondili. Ma dopo queste regionali, forse, gli italiani hanno scoperto il trucco.
(5 aprile 2005) www.repubblica.it
è cambiata
MASSIMO GIANNINI
L'ITALIA azzurra non c'è più. Quella "Fantasyland" felice e spensierata del 2001, dove un "partito personale" dominava in 81 province su 100, s'è dissolta. Quell'appendice virtuale di Milano2, riprodotta su scala nazionale dalla Casa delle Libertà, esiste ormai solo nella mente del suo "inventore". Berlusconi ha perso anche queste elezioni regionali.
Si partiva da 8 a 6 per il centrodestra. Dopo questa chiamata alle urne per 41 milioni d'italiani, secondo le proiezioni provvisorie della notte, finirà 11 a 2 per il centrosinistra. Si frantuma la geografia politica immaginata dal premier. Prodi consolida la sua leadership, la lista unitaria prende corpo, i Ds diventano il primo partito in molte aree del Paese.
L'opposizione strappa agli avversari il Piemonte al Nord, il Lazio al Centro e la Puglia al Sud. È molto più che una sconfitta. È una disfatta. Nel Polo, che resta maggioranza in Parlamento ma non nel Paese, finisce la "dittatura del premier". Quello che comincia non si sa ancora. Sicuramente un "tutti contro tutti", se non addirittura un "rompete le righe".
Le elezioni regionali sono un test locale per definizione. Ma qui c'è qualcosa di più. Dopo il trionfo del 2001, il Polo ha perso le amministrative del 2002, le provinciali del 2003, le europee e le comunali del 2004, le suppletive del 2005, e ora anche le regionali. In questa sequenza non c'è solo un "segnale", estemporaneo e congiunturale.
C'è forse, soprattutto, un travaso di voti nel bacino (finora a compartimenti stagni) della rappresentanza bipolare. Lo dimostra l'affluenza alle urne, molto alta considerata anche la traumatica coincidenza del voto con la scomparsa di Giovanni Paolo II. E se è vero (come insegnano i sondaggisti) che non esiste un astensionismo di sinistra, ma solo una forte quota di elettori incerti o lontani dalla politica, questo vuol dire che tanta parte di questo elettorato "di mezzo", che in passato ha votato per il Polo, stavolta ha votato per l'Unione.
Il tracollo del centrodestra è grave. Riapre al suo interno una verifica che in realtà non si era mai chiusa. Ne compromette in modo strutturale la già precaria stabilità. Per almeno quattro ragioni fondamentali.
1) La caduta del Piemonte sancisce il fallimento di un progetto strategico. Il blocco sociale più dinamico, quello della borghesia produttiva, dei professionisti e dei "padroncini", aveva affidato le chiavi d'Italia al "suo imprenditore", convinto che gli avrebbe aperto le porte dell'Eldorado economico. La vittoria della Bresso segna la fine di quel sogno.
L'opposizione, conquistando la regione della Fiat e della media impresa, infila un cuneo decisivo nel "fronte del Nord", che Berlusconi aveva blindato insieme a Bossi. Per il Cavaliere e il Senatur sarà difficile governare un Paese complesso come l'Italia dalla "ridotta padana" del lombardo-veneto. Questo voto indebolisce anche quell'"asse del Nord", intorno al quale Berlusconi ha costruito i suoi successi e la sua provvista di seggi sicuri. Quasi sempre a spese degli altri due alleati, An e Udc, sempre poco visibili, sempre troppo acquiescenti.
2) La beffa del Lazio è ancora più cocente. E gravida di conseguenze. Qui entra in rotta il modello sociale rappresentato dall'anima più popolare e populista di An. L'autodafè di Storace è clamorosa. Probabilmente non basta a spiegarla il verminaio sudamericano esploso con la Mussolini: se anche si fosse raggiunto un accordo elettorale con la nipote del duce, la somma dei voti delle rispettive liste non sarebbe bastata a superare Marrazzo.
In ogni caso, "Epurator" ha costruito la sua immagine sull'alterità: da Berlusconi, ma anche da Fini. Ha sempre contestato al suo leader la colpa di aver trasformato An in una "corrente" sbiadita di Forza Italia. Su questa posizione, ha dietro di sé una bella fetta di partito.
È verosimile che ora chieda il conto al vicepremier, riversando su di lui la responsabilità di un'onta che non riguarda una persona, ma un partito e il suo posizionamento politico dentro la coalizione. Ed è altrettanto verosimile che Fini, privo di un suo vero delfino e assorbito com'è dalla Farnesina, abbia adesso una seria difficoltà a controllare An, fiaccata da un gregariato estenuante e lacerata com'è dalle correnti interne.
3) Il probabile successo di Vendola in Puglia è una pugnalata al cuore di un sedicente "moderatismo" che, evidentemente, Forza Italia e i centristi dell'Udc (i due partiti più forti al Sud) si sono illusi di rappresentare quasi "a prescindere". Dovrebbe aver vinto un rifondatore comunista e gay discreto ma dichiarato, che va a prendersi una delle regioni più "conservatrici" della Penisola.
Al di là dei problemi che questa eventuale vittoria creerà nel centrosinistra sul piano dei rapporti di forza con Bertinotti, qui c'è l'indizio della crisi profonda di un falso modello di sviluppo, che il Cavaliere ha creduto di spacciare a colpi di grandi opere scritte sulla lavagna invece che realizzate sul territorio. Fitto è stato da sempre una pupilla dei suoi occhi, aperta sul prezioso serbatoio di voti del Mezzogiorno. Ora quella pupilla si chiude, e quel serbatoio si prosciuga. A Sud, per il Polo, resta solo la Sicilia.
4) Al fondo di tutto, c'è una nuova e inedita interpretazione del cosiddetto "fattore B". Così come quella di quattro anni fa fu in larga misura una vittoria personale, questa del 2005 è per ragioni uguali e contrarie una debacle personale. Perde la maggioranza, ma perde soprattutto lui, Berlusconi, che ha fondato le sue fortune politico-imprenditoriali sul mito dell'invincibilità. Il Cavaliere viene investito da un'onda lunga e crescente di malcontento popolare. La sanzione inevitabile dopo una fase stupefacente e ininterrotta di malgoverno politico.
Berlusconi perde sulla politica. Paga tutti gli errori commessi in questa avventurosa legislatura. Non lo premia una rovinosa riforma costituzionale, approvata prima di Pasqua solo per onorare un patto con la Lega, ma vissuta dagli italiani come una mannaia che si abbatte sull'unità del Paese. Non lo premia la grancassa degli sconti fiscali, suonata ossessivamente per un anno, e poi maledetta dai contribuenti che si sono ritrovati una manciata di spiccioli nella busta paga di gennaio.
Il Cavaliere ha cercato più volte di sminuire la portata generale di queste elezioni. Ma negli ultimi dieci giorni si è presentato ben due volte nel salotto tv di Vespa, "terza Camera" un po' corriva di questa sguaiata Seconda Repubblica. Ha occupato per una mattinata intera i microfoni di Radio anch'io. E se il mondo non si fosse fermato per la morte del Papa, avrebbe concluso tra bandiere e paillettes la campagna elettorale di Storace. Non proprio la condotta di chi vuole restare "fuori dalla mischia". Semmai la percezione, drammaticamente tardiva, di un consenso che gli stava e gli sta gradualmente sfuggendo di mano.
Berlusconi perde anche sui numeri. Dopo il 2001 avevamo creduto alla metamorfosi di Forza Italia, trasformata in un vero partito di massa. Ci eravamo sbagliati. Il crollo dei consensi che si registra dai primi dati sui voti di lista dimostra che quello del premier è rimasto ciò che era: un partito di plastica. Per questo, ora, anche tra gli azzurri si profila qualche notte dei lunghi coltelli, che non potrà non avere ripercussioni sul governo.
Il Cavaliere aveva affermato che alla fine avrebbe contato non il numero di regioni che cambiavano segno, ma il numero di elettori che avrebbero votato per i due schieramenti. Il premier incassa una batosta anche su questo. Nelle regionali del 2000 il Polo ottenne 14 milioni 170 mila voti, contro i 12 milioni 453 mila del centrosinistra. Cinque anni dopo la maggioranza perde oltre 2 milioni di voti, che passano quasi interamente all'opposizione. La Cdl precipita dal 50,8% a poco più del 44%. L'Unione decolla dal 44,6% a oltre il 52%.
Dopo questo sisma elettorale, si entra in una "terra incognita". Un anno di livorosa resa dei conti a destra. Fini e Follini dovranno dimostrare, se ne hanno la forza e la voglia, che "un altro centrodestra è possibile". Ma sarà difficile che ci riescano. Il Cavaliere è un animale ferito, e ora anche braccato. Azzarderà colpi di coda pericolosi e imprevedibili.
Ci aspettano dodici mesi di campagna elettorale permanente. Tra due settimane i ballottaggi, poi il referendum sulla fecondazione, poi le politiche nella prossima primavera. Ma queste regionali confermano che il Grande Seduttore non incanta più. Chiedere che si dimetta, compiendo lo stesso gesto di "disarmo unilaterale" che compì D'Alema nel 2000, non sarebbe sbagliato. Sarebbe inutile. Non lo farà mai. È geneticamente inadatto ad assumere quel minimo senso di responsabilità che si addice a qualunque uomo di Stato.
In quasi quattro anni ha rinunciato a tradurre in un vero progetto politico una folgorante intuizione personale. Continuerà a governare l'Italia usando la vecchia legge di Truman: se non li puoi convincere, confondili. Ma dopo queste regionali, forse, gli italiani hanno scoperto il trucco.
(5 aprile 2005) www.repubblica.it
Sunday, April 03, 2005
Un'altra vittima della civiltà pistolera statunitense
Guitarist killer's motive unknown
Police in Ohio say they still have no idea why a gunman shot and killed rock guitarist Darrell Abbott and three others at a concert on Wednesday.
Spokesman Sgt Brent Mull said they did not know Nathan Gale's motive and probably never would.
Gale, 25, climbed onstage during the concert by metal band Damageplan and fired more than a dozen shots before being shot dead by police.
Police said two people wounded in the shooting were still in hospital.
Damageplan, formed from Grammy-nominated group Pantera, had just begun their set at the Alrosa Villa club in Columbus when the violence broke out.
Sgt Mull said some witnesses reported hearing Gale accuse Abbott of being responsible for splitting up Pantera.
However, he said the loud music made it impossible to be sure what the attacker had said.
Sgt Mull said an officer arrived shortly after the shooting began.
"If the officer wasn't as close as he was, I think this would have been a lot worse," he said. "It was a chaotic scene, just a horrific scene."
Two of the other dead were named as Erin Bray and Nathan Halk by the Columbus police department.
Damageplan were formed in 2003 by guitarist "Dimebag" Darrell Abbott and drummer brother Vinnie Paul after their former band, Pantera, split up.
Pantera were one of the most popular metal bands of the early 1990s, topping the US album charts and getting a Grammy nomination for 1994 release Far Beyond Driven.
The pair were joined in the new band by singer Pat Lachman and bassist Bob "Zilla" Kakaha.
Story from BBC NEWS:
http://news.bbc.co.uk/go/pr/fr/-/2/hi/entertainment/4083871.stm
Published: 2004/12/09 20:18:08 GMT
© BBC MMV
Police in Ohio say they still have no idea why a gunman shot and killed rock guitarist Darrell Abbott and three others at a concert on Wednesday.
Spokesman Sgt Brent Mull said they did not know Nathan Gale's motive and probably never would.
Gale, 25, climbed onstage during the concert by metal band Damageplan and fired more than a dozen shots before being shot dead by police.
Police said two people wounded in the shooting were still in hospital.
Damageplan, formed from Grammy-nominated group Pantera, had just begun their set at the Alrosa Villa club in Columbus when the violence broke out.
Sgt Mull said some witnesses reported hearing Gale accuse Abbott of being responsible for splitting up Pantera.
However, he said the loud music made it impossible to be sure what the attacker had said.
Sgt Mull said an officer arrived shortly after the shooting began.
"If the officer wasn't as close as he was, I think this would have been a lot worse," he said. "It was a chaotic scene, just a horrific scene."
Two of the other dead were named as Erin Bray and Nathan Halk by the Columbus police department.
Damageplan were formed in 2003 by guitarist "Dimebag" Darrell Abbott and drummer brother Vinnie Paul after their former band, Pantera, split up.
Pantera were one of the most popular metal bands of the early 1990s, topping the US album charts and getting a Grammy nomination for 1994 release Far Beyond Driven.
The pair were joined in the new band by singer Pat Lachman and bassist Bob "Zilla" Kakaha.
Story from BBC NEWS:
http://news.bbc.co.uk/go/pr/fr/-/2/hi/entertainment/4083871.stm
Published: 2004/12/09 20:18:08 GMT
© BBC MMV
Saturday, April 02, 2005
Ma il calcio sul digitale non era una fesseria?
Ma il calcio sul digitale non era una fesseria?
di Redazione www.articolo21.info
Il vice presidente di Mediaset Pier Silvio Berlusconi forse non è così folle come i vertici della Rai avevano provato a dimostrare quando il figlio del Presidente del Consiglio annunciò l’acquisto dei diritti delle principali squadre di serie “A” per il digitale terrestre. “Un investimento a perdere” lo definirono a Viale Mazzini, giustificando così il disimpegno della Rai dalle nuove tecnologie in campo sportivo.
Invece oggi leggiamo trionfali dichiarazioni di Pier Silvio Berlusconi che parla, dopo neppure quattro mesi, di bilancio più che positivo, ipotizzando il break even (cioè il pareggio dei conti) già da quest’anno con 1milione e 600mila card vendute. Altro che investimento a perdere: La Rai voleva solo lasciare campo libero alle tv del Presidente del Consiglio che peraltro annunciano nuovi investimenti nei diritti sportivi per il digitale terrestre.
La Rai invece è ferma, paralizzata, e lascia campo libero ai concorrenti, rinunciando, dopo averla detenuta per due edizioni, anche alla prossima Coppa America di vela. Quali sono i progetti della Rai nello sport? Che futuro si prevede in questo settore vitale e strategico per la Tv di Stato?
di Redazione www.articolo21.info
Il vice presidente di Mediaset Pier Silvio Berlusconi forse non è così folle come i vertici della Rai avevano provato a dimostrare quando il figlio del Presidente del Consiglio annunciò l’acquisto dei diritti delle principali squadre di serie “A” per il digitale terrestre. “Un investimento a perdere” lo definirono a Viale Mazzini, giustificando così il disimpegno della Rai dalle nuove tecnologie in campo sportivo.
Invece oggi leggiamo trionfali dichiarazioni di Pier Silvio Berlusconi che parla, dopo neppure quattro mesi, di bilancio più che positivo, ipotizzando il break even (cioè il pareggio dei conti) già da quest’anno con 1milione e 600mila card vendute. Altro che investimento a perdere: La Rai voleva solo lasciare campo libero alle tv del Presidente del Consiglio che peraltro annunciano nuovi investimenti nei diritti sportivi per il digitale terrestre.
La Rai invece è ferma, paralizzata, e lascia campo libero ai concorrenti, rinunciando, dopo averla detenuta per due edizioni, anche alla prossima Coppa America di vela. Quali sono i progetti della Rai nello sport? Che futuro si prevede in questo settore vitale e strategico per la Tv di Stato?
Berlusconi da Vespa. Uno spot assurdo mentre il papa peggiorava
Berlusconi da Vespa. Uno spot assurdo
www.articolo21.info
Un lungo, straniante comizio fino all’ 1 e 12 della notte, intervallato da due brevissime edizioni straordinarie del TgUno e lungamente corredato da scritte in sovrimpressione , “la trasmissione è stata registrata alle 18”, che suonavano come le classiche scuse non richieste. Lo show elettorale di Silvio Berlusconi da Bruno Vespa è andato regolarmente in onda ieri sera su Raiuno, a partire dalle 23 circa, nonostante che da ormai tre ore in tutto il mondo circolassero notizie, confermate ufficialmente verso le 22, di un improvviso aggravarsi delle condizioni di salute del Papa. E nonostante che le principali reti televisive del pianeta fossero ormai tutte insieme con le programmazioni stravolte per dedicare spazio agli speciali con i collegamenti da piazza San Pietro. Bruno Vespa ha perciò scritto una pagina pessima e penosa non solo della sua carriera, ma della storia della prima rete del servizio pubblico radiotelevisivo italiano.
Ma ciò che è parso subito ancora più grave è stato il protervo tentativo dei vertici Rai di non voler disturbare in alcun modo l’annunciato ultimo spottone elettorale del Presidente del Consiglio, facendo prima minimizzare al TgUno la notizia, e poi scegliendo di farla ignorare addirittura a Raidue: l’ennesima faziosissima puntata contro la sinistra “violenta e correa con i terroristi” allestita da “Punto a capo” è andata in onda integralmente senza nemmeno fare cenno dell’aggravarsi delle condizioni del Papa. Addirittura, Masotti, nonostante fosse predisposto un collegamento da San Pietro, ha deciso d’accordo col direttore di Raidue Massimo Ferrario, sentiti i vertici aziendali, di ignorare completamente la notizia, di non dare la linea all’inviato pronto davanti al Vaticano e di far procedere regolarmente sul tema della patente a punti (!) la seconda parte del programma, condotta da Daniela Vergara.
Tornando al “one man show” berlusconiano officiato da Vespa, solo alle 23 e 34, quando ormai le proteste dei telespettatori piovevano sui centralini Rai, a “Porta a porta” hanno sentito il dovere di mettere la scritta che segnalava che si trattava di una trasmissione registrata molte ore prima. Per dare la linea a un’edizione speciale del TgUno, Vespa ha atteso che si esaurisse la prima mezza ora di soliloquio propagandistico berlusconiano, la parte cioè più accesa, con le accuse senza mezzi termini alla sinistra di essere profondamente antidemocratica, di utilizzare i giudici per mettere fuori gioco gli avversari, di volere cancellare le leggi sulle tasse ereditarie, sulle donazioni e addirittura sulla proprietà privata. Con opportuni assist di Vespa, e una prima scheda “redazionale” che poteva uscire fresca fresca anche da un ufficio stampa di Forza Italia, Berlusconi ha avuto modo di replicare per oltre trenta minuti anche alle varie dichiarazioni di giornata di Prodi, prima che appunto gli spettatori rischiassero di essere “distratti” dalle notizie del primo dei due specialini TgUno che hanno interrotto “Porta a porta”, alle 23 e 12 e alle 00 e 13. Verso le 23 e 30, accendendo la tv pubblica italiana, ci si poteva almeno imbattere in Primo piano del Tg3 opportunamente riconvertito sulla notizia del momento, mentre su Raidue dopo “Punto e a capo” sfilava “Music farm”: solo verso le 24 ha preso la linea il TgDue con uno speciale condotto dal direttore Mazza in persona! E mentre le tv più autorevoli del mondo, dalla Cnn a Raitre appunto, leggevano pressoché in diretta la dichiarazione dei medici via agenzia (il Papa sta male, sta molto male), Vespa su Raiuno porgeva il destro con una seconda bella scheda-manifesto a Berlusconi per promettere i soliti tagli fiscali, dettagliando i risparmi e le riforme necessari per realizzarli, tra cui una più volte citata “digitalizzazione della pubblica amministrazione”. Ora, anche concedendo tutto il rispetto possibile per il presidente del Consiglio e per la sua buona volontà di migliorare le dotazioni informatiche delle amministrazioni dello Stato, è impensabile che ciò sia più importante della notizia dell’estrema unzione e della probabile agonia di un protagonista della storia contemporanea come Karol Wojtyla.
Per ben due volte, con Vespa silente e consenziente come non mai, all’inizio e verso la fine del programma, Berlusconi ha potuto battere sul tasto del comunismo che ancora schiavizza nel mondo 1 miliardo e 300 milioni di persone e sul rischio che anche noi italiani perdiamo la libertà, in caso di vittoria del centrosinistra. La terza scheda publi-redazionale di “Porta a porta” per Berlusconi era finalizzata a ribaltare l’immagine del fallimento dell’iniziativa di arruolare per Forza Italia anche gruppi di giovani volontari, con l’ex capo della Croce Rossa Scelli come punto di riferimento. E infine, per chiudere in bellezza, Berlusconi ha potuto recitare il solito copione di Berlusconi vittima degli insulti della sinistra e imprenditore di successo prestato alla politica contro i politici di sinistra che fanno solo i politici di mestiere e sono pessimi amministratori. Ma il meglio dell’assurdo, se così si può dire, sono state le parti del programma in cui Berlusconi, supportato validamente dalle domande di Vespa, ha recitato la parte dell’editore liberale e imparziale e del politico a cui sono consentite “meno presenze televisive che alla sinistra” (testuale), per non parlare delle vere e proprie campagne di denigrazione della stampa.
A proposito di denigrazione è impossibile tacere i nuovi episodi di disinformazione della puntata di ieri di “Punto e a capo”. Masotti ha allestito un’intera ora di trasmissione sul teorema della sinistra violenta che influenza con un clima di scontro le elezioni (non rinunciando anche a pestare duro contro Alessandra Mussolini che ha tentato invano di protestare in diretta). L’intera puntata, tra servizi sui centri sociali più schierati e ripescaggi squallidamente elettorali di vittime degli anni di piombo come il povero Sergio Ramelli di Milano, portava dritto dritto a un’intervista in cui un magistrato ripescava vecchie accuse già archiviate nel 2000 contro il governo e un ministro rei di aver di fatto voluto lasciar scappare i brigatisti che poi ammazzarono il professor Biagi e un agente di polizia. Per ben due volte è stato il conduttore in persona a sottolineare: “ anche se mi diranno che sono fazioso, vorrei ricordare che il governo e il ministro in questione erano di centrosinistra”. Lo squallido spettacolo che abbiamo visto ieri sera con i due principali canali Rai occupati “militarmente” dalla propaganda di centrodestra, senza alcun riguardo nemmeno per il momento così delicato e per una figura così carismatica come Papa Wojtyla, segna davvero un punto di non ritorno. Una pagina triste, firmata non solo dai vari Masotti di complemento, ma da sedicenti campioni del giornalismo televisivo come Bruno Vespa e dal presidente del consiglio in prima persona.
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Un lungo, straniante comizio fino all’ 1 e 12 della notte, intervallato da due brevissime edizioni straordinarie del TgUno e lungamente corredato da scritte in sovrimpressione , “la trasmissione è stata registrata alle 18”, che suonavano come le classiche scuse non richieste. Lo show elettorale di Silvio Berlusconi da Bruno Vespa è andato regolarmente in onda ieri sera su Raiuno, a partire dalle 23 circa, nonostante che da ormai tre ore in tutto il mondo circolassero notizie, confermate ufficialmente verso le 22, di un improvviso aggravarsi delle condizioni di salute del Papa. E nonostante che le principali reti televisive del pianeta fossero ormai tutte insieme con le programmazioni stravolte per dedicare spazio agli speciali con i collegamenti da piazza San Pietro. Bruno Vespa ha perciò scritto una pagina pessima e penosa non solo della sua carriera, ma della storia della prima rete del servizio pubblico radiotelevisivo italiano.
Ma ciò che è parso subito ancora più grave è stato il protervo tentativo dei vertici Rai di non voler disturbare in alcun modo l’annunciato ultimo spottone elettorale del Presidente del Consiglio, facendo prima minimizzare al TgUno la notizia, e poi scegliendo di farla ignorare addirittura a Raidue: l’ennesima faziosissima puntata contro la sinistra “violenta e correa con i terroristi” allestita da “Punto a capo” è andata in onda integralmente senza nemmeno fare cenno dell’aggravarsi delle condizioni del Papa. Addirittura, Masotti, nonostante fosse predisposto un collegamento da San Pietro, ha deciso d’accordo col direttore di Raidue Massimo Ferrario, sentiti i vertici aziendali, di ignorare completamente la notizia, di non dare la linea all’inviato pronto davanti al Vaticano e di far procedere regolarmente sul tema della patente a punti (!) la seconda parte del programma, condotta da Daniela Vergara.
Tornando al “one man show” berlusconiano officiato da Vespa, solo alle 23 e 34, quando ormai le proteste dei telespettatori piovevano sui centralini Rai, a “Porta a porta” hanno sentito il dovere di mettere la scritta che segnalava che si trattava di una trasmissione registrata molte ore prima. Per dare la linea a un’edizione speciale del TgUno, Vespa ha atteso che si esaurisse la prima mezza ora di soliloquio propagandistico berlusconiano, la parte cioè più accesa, con le accuse senza mezzi termini alla sinistra di essere profondamente antidemocratica, di utilizzare i giudici per mettere fuori gioco gli avversari, di volere cancellare le leggi sulle tasse ereditarie, sulle donazioni e addirittura sulla proprietà privata. Con opportuni assist di Vespa, e una prima scheda “redazionale” che poteva uscire fresca fresca anche da un ufficio stampa di Forza Italia, Berlusconi ha avuto modo di replicare per oltre trenta minuti anche alle varie dichiarazioni di giornata di Prodi, prima che appunto gli spettatori rischiassero di essere “distratti” dalle notizie del primo dei due specialini TgUno che hanno interrotto “Porta a porta”, alle 23 e 12 e alle 00 e 13. Verso le 23 e 30, accendendo la tv pubblica italiana, ci si poteva almeno imbattere in Primo piano del Tg3 opportunamente riconvertito sulla notizia del momento, mentre su Raidue dopo “Punto e a capo” sfilava “Music farm”: solo verso le 24 ha preso la linea il TgDue con uno speciale condotto dal direttore Mazza in persona! E mentre le tv più autorevoli del mondo, dalla Cnn a Raitre appunto, leggevano pressoché in diretta la dichiarazione dei medici via agenzia (il Papa sta male, sta molto male), Vespa su Raiuno porgeva il destro con una seconda bella scheda-manifesto a Berlusconi per promettere i soliti tagli fiscali, dettagliando i risparmi e le riforme necessari per realizzarli, tra cui una più volte citata “digitalizzazione della pubblica amministrazione”. Ora, anche concedendo tutto il rispetto possibile per il presidente del Consiglio e per la sua buona volontà di migliorare le dotazioni informatiche delle amministrazioni dello Stato, è impensabile che ciò sia più importante della notizia dell’estrema unzione e della probabile agonia di un protagonista della storia contemporanea come Karol Wojtyla.
Per ben due volte, con Vespa silente e consenziente come non mai, all’inizio e verso la fine del programma, Berlusconi ha potuto battere sul tasto del comunismo che ancora schiavizza nel mondo 1 miliardo e 300 milioni di persone e sul rischio che anche noi italiani perdiamo la libertà, in caso di vittoria del centrosinistra. La terza scheda publi-redazionale di “Porta a porta” per Berlusconi era finalizzata a ribaltare l’immagine del fallimento dell’iniziativa di arruolare per Forza Italia anche gruppi di giovani volontari, con l’ex capo della Croce Rossa Scelli come punto di riferimento. E infine, per chiudere in bellezza, Berlusconi ha potuto recitare il solito copione di Berlusconi vittima degli insulti della sinistra e imprenditore di successo prestato alla politica contro i politici di sinistra che fanno solo i politici di mestiere e sono pessimi amministratori. Ma il meglio dell’assurdo, se così si può dire, sono state le parti del programma in cui Berlusconi, supportato validamente dalle domande di Vespa, ha recitato la parte dell’editore liberale e imparziale e del politico a cui sono consentite “meno presenze televisive che alla sinistra” (testuale), per non parlare delle vere e proprie campagne di denigrazione della stampa.
A proposito di denigrazione è impossibile tacere i nuovi episodi di disinformazione della puntata di ieri di “Punto e a capo”. Masotti ha allestito un’intera ora di trasmissione sul teorema della sinistra violenta che influenza con un clima di scontro le elezioni (non rinunciando anche a pestare duro contro Alessandra Mussolini che ha tentato invano di protestare in diretta). L’intera puntata, tra servizi sui centri sociali più schierati e ripescaggi squallidamente elettorali di vittime degli anni di piombo come il povero Sergio Ramelli di Milano, portava dritto dritto a un’intervista in cui un magistrato ripescava vecchie accuse già archiviate nel 2000 contro il governo e un ministro rei di aver di fatto voluto lasciar scappare i brigatisti che poi ammazzarono il professor Biagi e un agente di polizia. Per ben due volte è stato il conduttore in persona a sottolineare: “ anche se mi diranno che sono fazioso, vorrei ricordare che il governo e il ministro in questione erano di centrosinistra”. Lo squallido spettacolo che abbiamo visto ieri sera con i due principali canali Rai occupati “militarmente” dalla propaganda di centrodestra, senza alcun riguardo nemmeno per il momento così delicato e per una figura così carismatica come Papa Wojtyla, segna davvero un punto di non ritorno. Una pagina triste, firmata non solo dai vari Masotti di complemento, ma da sedicenti campioni del giornalismo televisivo come Bruno Vespa e dal presidente del consiglio in prima persona.
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