allora: Silvietto ed il suo sforzoitaglia hanno preso una bella batosta elettorale , hanno perso voti anche nelle due roccaforti regionali dove la cosiddetta casa delle libertà ha vinto , Lombardia e Veneto . Sono stati massacrati alle provinciali Sarde, hanno perso il Lazio Storacesco e storace è stato premiato con un ministero nell'inquietante Berlusconi bis, governo che dovrebbe riportare il vento in poppa all'italia ed all'armata forzitaliota . Nel frattempo il premierrrr ha preso atto della falla ed è prima andato a Ballarò ,in casa dell'odiato nemico rosso a sfidare il nemico e la sorte, allo sbaraglio, sparandola grossa a tutto spiano, con cifre, parole e faccia grossa. Ha ,anche lì messo in guardia dal governo parallelo dei magistrati rossi, dei sindacati rossi, della corte costituzionale rossa e dei licei rossi. Un uomo una sublime garanzia di spettacolo! Se non fosse un devastante presidente del consiglio, con devastanti problemi giudiziari ed una oscura origine imprenditoriale, sarebbe un grande attore, sua indole primaria. Attore, clown, giullare o saltimbanco venditore . Purtroppo è un megalomane affarista dall'ignoranza innata e dalla Notevole furbizia.
Ora che la sua barca sta affondando vuole legarla a quelle di AN e di UDC per fare il partito unico, dove mimetizzare la sua bella faccia, nascondere le bandierini forziste da convention di venditori di padelle e manovrare la baracca ,sempre nell'intento di avere uno scudo politico per garantirgli quell'impunità che ha avuto sino ad ora ..grazie alle perdite di tempo e le conseguenti prescrizioni.
Ma nella destra incombe Casini, con un retroterra di voti, prestigio datogli dalla presidenza della camera ed amicizie grosse come Caltagirone di cui ha sposato la figlia Azzurra . Berlu si è accorto che gli sta crollando il terreno politico sotto i piedi e recita la parte dell'amicone di tutto il polo ,anche di Casini, ma vede che dovrà inevitabilmente cedere il passo. Se non per il 2006 sicuramente per dopo il 2006 , cioè dopo l'auspicabile, e prevedibile, massacro elettorale dell'accozzaglia nazionalleghistademocristianoliberista messa insieme dal nostro imprenditore p2ista.
italia resisti.
"I swear to God, if I were a piano player or an actor or something and all those dopes thought I was terrific, I'd hate it. I wouldn't even want them to clap for me. People always clap for the wrong things". "(Holden Caulfield/JDSalinger - The catcher in the rye)
Friday, May 20, 2005
Monday, May 02, 2005
Dossier Dell'Utri
Guida alla lettura della sentenza di Palermo
che ha condannato Marcello Dell'Utri per concorso esterno in associazione mafiosa
di Gianni Barbacetto
"Senza soldi, non se ne canta Messa"
Marcello Dell’Utri, 14 febbraio 1980
Marcello Dell’Utri ha silenziosamente attraversato le vicende italiane degli ultimi decenni. È stato alto dirigente di uno dei gruppi economici che hanno fatto la storia del Paese. È stato il costruttore di una nuova formazione politica divenuta immediatamente il primo partito nazionale. È stato, infine, imputato di mafia: per dieci lunghi anni la procura della Repubblica di Palermo lo ha indagato, lo ha mandato sotto processo, ha infine chiesto la sua condanna a undici anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Sabato 11 dicembre 2004 i giudici della seconda sezione del Tribunale di Palermo (Leonardo Guarnotta presidente, Giuseppe Sgadari e Gabriella Di Marco a latere) hanno pronunciato la sentenza di primo grado: condanna a nove anni di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici.
I fatti che hanno portato alla richiesta di condanna sono contenuti nel documento che viene presentato, pressoché integralmente, in questo volume: la monumentale requisitoria dei pubblici ministeri Domenico Gozzo e Antonio Ingroia, pronunciata davanti al Tribunale in 16 udienze, dal 5 aprile all’8 giugno 2004, dopo un lunghissimo dibattimento a cui ha dato un importante contributo la professionalità dell’avvocato di parte civile del Comune di Palermo, Ennio Tinaglia.
È il racconto di una lunga storia prima imprenditoriale e poi anche politica, sempre al fianco di Silvio Berlusconi. Ma una storia che si è sviluppata, secondo l’accusa, con la presenza costante e determinante della più potente organizzazione criminale italiana, Cosa nostra.
Questa presenza ha dunque condizionato, in ultima analisi, alcuni passaggi cruciali delle vicende di Silvio Berlusconi, della Fininvest, di Forza Italia. Per questo, anche al di là degli esiti processuali, che potranno anche cambiare nei successivi gradi di giudizio, vale la pena di rendere accessibile e disponibile questa requisitoria. Perché qualunque lettore possa conoscere una ricostruzione dei fatti che i giornali e le tv non hanno mai compiutamente raccontato.
1.
Marcello Dell’Utri nasce a Palermo l’11 settembre 1941. Cresce e studia nella città siciliana, trasferendosi a Milano nei primi anni Sessanta per frequentare l’università. Qui incontra il giovane Silvio Berlusconi, di cinque anni più anziano di lui. Comincia a occuparsi seriamente di calcio, sogna di diventare un tecnico, un arbitro o un allenatore. Nel 1965 va a vivere a Roma, impiegato per un paio d’anni come direttore del centro sportivo Elis, una struttura dell’Opus Dei.
Torna a Palermo nel 1967, per stare vicino al padre. La passione per lo sport lo porta a fondare e dirigere l’Athletic Club Bacigalupo, che in pochi anni diventa un crocevia della “Palermo bene”, ma anche della Palermo mafiosa. Nel 1970 il padre, che lo vuole “sistemato” in banca, lo fa assumere alla Cassa di risparmio delle province siciliane, la Sicilcassa. Dapprima lavora a Catania, poi alla filiale di Belmonte Mezzagno, a metà strada tra Palermo e Corleone, infine al Credito agrario di Palermo.
La svolta nella sua vita arriva nel marzo del 1974: chiamato da Berlusconi, vecchio compagno d’università che sta facendo fortuna, lascia subito la Sicilia e si trasferisce a Milano, come segretario particolare del giovane imprenditore. Inizia una carriera e una vicenda professionale e politica che arriva fino a oggi. Sempre scandita, secondo i magistrati palermitani, da contatti con uomini di Cosa nostra.
È presso il club calcistico Bacigalupo che si registrano i primi rapporti certi tra Dell’Utri ed esponenti mafiosi. In quegli anni egli frequenta Gaetano Cinà detto Tanino, esponente della famiglia di Malaspina e coimputato di Dell’Utri (condannato a sette anni per associazione mafiosa); e Vittorio Mangano, che diverrà capo della famiglia di Porta Nuova. Cinà, figura rimasta silenziosa e in disparte nei lunghi anni delle indagini e del dibattimento, è l’uomo chiave di questa storia: personaggio vicino a Stefano Bontate, negli anni Settanta capo indiscusso di Cosa nostra, è l’anello di congiunzione tra Dell’Utri e l’organizzazione criminale, il punto di riferimento costante per Dell’Utri dentro l’universo mafioso.
Tutto nasce quando Silvio Berlusconi, nella prima metà degli anni Settanta, riceve le prime minacce mafiose: gli giungono richieste di soldi e “avvertimenti” che avrebbero potuto sequestrarlo o rapire uno dei suoi figli. Erano anni in cui i sequestri di persona erano molto frequenti (103 nella sola Lombardia, tra il 1974 e il 1983). Eppure il giovane imprenditore non denuncia, non chiede protezione alle autorità, non avverte la polizia; si ricorda invece dell’amico siciliano conosciuto dieci anni prima all’università, lo chiama e lo convince a venire al Nord, al suo fianco. Dell’Utri lascia la banca e si trasferisce ad Arcore, nella villa che Berlusconi aveva comprato, con l’aiuto determinante dell’avvocato Cesare Previti, dalla marchesina Casati Stampa. Dell’Utri, dopo un consulto con Cinà, porta con sé Vittorio Mangano, che arriva a Milano pochi mesi dopo di lui e dal 1 luglio 1974 è assunto come “fattore” della villa: in realtà è l’assicurazione sulla vita e sui beni stipulata da Berlusconi, attraverso Dell’Utri, con Cosa nostra.
Così Dell’Utri consegna Berlusconi nelle mani dell’organizzazione criminale: perché questa offre sì protezione, ma poi pretende un rapporto più intenso. Suggellato da un vertice ai massimi livelli: Berlusconi nel 1974 incontra ad Arcore – con la regia di Dell’Utri e, dietro di lui, di Cinà – nientemeno che il capo di Cosa nostra, Stefano Bontate, presenti i mafiosi Mimmo Teresi e Francesco Di Carlo. Bontate, chiamato "il principe di Villagrazia", era piaciuto a Berlusconi, secondo i racconti che circolavano tra gli uomini di Cosa nostra: lo aveva trovato ben diverso da come si immaginava i boss, un uomo nient’affatto rozzo, anzi intelligente e "affascinevole", testimonia Antonino Galliano riferendo le confidenze ricevute da Cinà.
Berlusconi comincia a versare somme di denaro a Cosa nostra per la sua protezione: il denaro, a partire dalla metà degli anni Settanta, passa da Dell’Utri a Cinà e arriva a Mimmo Teresi e Stefano Bontate. Secondo un testimone diretto e ben introdotto nell’ambiente dei palermitani a Milano – il finanziere Filippo Alberto Rapisarda – Cosa nostra chiede però presto a Dell’Utri e Berlusconi un rapporto più stretto: offre denaro, proveniente dai giganteschi profitti che Cosa nostra comincia a realizzare in quegli anni grazie al traffico di eroina, da reinvestire e riciclare in business puliti.
Tra il 1975 e il 1979, in effetti, avviene una complicatissima e per niente trasparente riorganizzazione societaria del gruppo Berlusconi, che si apre con la nascita, il 21 marzo 1975, della Finanziaria d’investimento-Fininvest e prosegue poi con la moltiplicazione delle società: tre diverse Fininvest si susseguono e s’incrociano tra loro e infine compare, a controllarle, un bizantino sistema di 23 holding. In questi anni determinanti, dal 1975 fino al 1983, nelle casse del gruppo entra un fiume di miliardi di lire di cui è impossibile ricostruire la fonte. La provenienza è rimasta ignota anche dopo due poderose perizie: quella del consulente della Banca d’Italia Francesco Giuffrida, per l’accusa, e quella del docente della Bocconi Paolo Iovenitti, per la difesa.
Perfino il professor Iovenitti, che pure ha ricevuto l’incarico da Dell’Utri, è costretto ad ammettere durante il processo di Palermo che alcune delle operazioni finanziarie del gruppo Berlusconi sono inspiegabile e "potenzialmente non trasparenti". E che ha dovuto realizzare la sua consulenza senza una parte dei documenti contabili: quelli che pure erano stati ritirati da un avvocato di Berlusconi nel 1998 presso la fiduciaria Bnl “Servizio Italia” e relativi ai mandati fiduciari posti in essere dal 1975 in poi.
Secondo alcuni collaboratori di giustizia, è Stefano Bontate il socio occulto della Fininvest, che vi avrebbe investito grandi capitali. Non c’è però la prova piena del riciclaggio di denaro mafioso da parte della Fininvest (tanto è vero che, per questa accusa, le posizioni di Berlusconi e Dell’Utri, dopo un’indagine a Palermo, sono state archiviate). C’è però, secondo l’accusa, una prova incompleta, ma pienamente coerente con le dichiarazioni dei testimoni, tra cui Rapisarda e Francesco Di Carlo. Lo stesso consulente Iovenitti ha ammesso anomalie finanziarie e comunque non ha fatto luce sulla provenienza di quei capitali. Bastava una consulenza che spiegasse chiaramente i flussi di denaro: invece, a trent’anni dai fatti, su quei flussi è stata stesa ancora una fitta cortina fumogena. Perché? Non certo, rispondono i magistrati dell’accusa, per coprire reati fiscali o finanziari, ormai prescritti.
Cosa nostra era ormai da tempo a Milano. La sua base era un ufficio a pochi passi dal Duomo, in via Larga, punto di riferimento per uomini come Ugo Martello, Robertino Enea, i fratelli Pippo e Alfredo Bono. Frequentavano quell’ufficio, quando passavano a Milano, anche i palermitani importanti, da Stefano Bontate a Tommaso Buscetta... Milano era la capitale degli affari. Da lì si poteva entrare in contatto con imprenditori dinamici, pieni d’idee e spregiudicati quanto basta: prima attraverso le minacce, poi magari con accordi di reciproca soddisfazione. Perché i piccioli e i danee, a Palermo come a Milano, non puzzano.
In questo clima Dell’Utri sbarca al Nord. E anche lì continua le sue frequentazioni mafiose. La sera del 24 ottobre 1976, per esempio, il boss catanese Antonino Calderone festeggia il suo compleanno a Milano, al ristorante “Le colline pistoiesi”. Sono presenti a tavola i mafiosi Gaetano e Antonino Grado, ma anche Mangano e Dell’Utri. Questi ammette la cena, spiegando però che non conosceva i commensali. I fratelli Grado, grandi trafficanti di droga, secondo il collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo erano gli stessi che un paio d’anni prima avevano progettato il rapimento del figlio di Berlusconi, Piersilvio.
2.
Nell’autunno del 1976 Vittorio Mangano appare però pubblicamente compromesso per le sue vicende criminali: era stato arrestato una prima volta il 27 dicembre 1974 e, rilasciato il 22 gennaio successivo, era stato riaccolto ad Arcore; arrestato di nuovo il 1 dicembre 1975, quando viene rimesso in libertà, sul registro del carcere segna come domicilio "via San Martino 42, Arcore", cioè casa Berlusconi. La situazione è ormai imbarazzante. Così nell’ottobre 1976 Mangano lascia l’impiego presso Arcore. Poche settimane dopo se ne va anche Dell’Utri.
Berlusconi è ormai un imprenditore che ha costruito un piccolo impero immobiliare sotto il segno del Biscione. Intuisce il danno d’immagine che gli può provocare la diffusione della notizia d’aver accolto in casa un mafioso. In più, forse teme possibili indagini di polizia. Rompe rapidamente, dunque, con la coppia Dell’Utri-Mangano. Mantiene però gli impegni presi con Bontate: continua a versare il suo “regalo” a Cosa nostra (la famiglia Pullarà sostitusce Mangano nell’esazione). E cerca nuove protezioni.
Nel gennaio 1978 si iscrive alla P2 di Licio Gelli. Sotto le ali di quel club, otterrà massicci fidi bancari anche senza adeguate garanzie; e tenterà di sviluppare alcuni affari in Sardegna in cui sono coinvolti piduisti e personaggi della criminalità organizzata romana e siciliana, tra cui Flavio Carboni, faccendiere romano nelle mani della malavita della capitale e frequentatore di mafiosi del rango di Pippo Calò, l’inviato di Cosa nostra nella capitale. Sono questi gli anni in cui la criminalità organizzata penetra dentro la massoneria e alcune logge diventano camera di compensazione tra i diversi poteri, luogo d’incontro tra politici, imprenditori e mafiosi (come lo stesso Bontate, anch’egli iscritto a una loggia massonica).
3.
E Dell’Utri? Dopo il licenziamento da parte di Berlusconi, Marcello attraversa un periodo di smarrimento. Accarezza l’idea di prendersi un anno sabbatico, di lasciare tutto per trasferirsi in Spagna, a studiare teologia presso l’università di Navarra, o presso i Gesuiti in Italia. È il solito Cinà a tirarlo fuori dai guai, preoccupato per l’amico ("Si vuole fare prete", aveva capito, sintetizzando un po’ rozzamente una crisi più complessa). Nel 1977 lo fa assumere da Filippo Alberto Rapisarda, in quegli anni a capo, a Milano, di un grande gruppo immobiliare, stimato il terzo in Italia e considerato un luogo privilegiato di passaggio dei capitali mafiosi.
Dell’Utri diventa dirigente della Bresciano, un’azienda del gruppo Rapisarda, benché egli stesso ammetta alla signora Bresciano di non sapere neanche da che parte si cominci a dirigere un’azienda. Il suo gemello, Alberto Dell’Utri, viene posto al vertice di un’altra società di Rapisarda, la Venchi Unica. Non è un’esperienza fortunata: in breve tempo, tutto il gruppo Rapisarda finisce nell’imbuto di un colossale fallimento. Marcello è incriminato a piede libero, Alberto è arrestato a Torino, Rapisarda fugge all’estero, nel Venezuela dei Caruana, grandi trafficanti di droga, e poi a Parigi (con un passaporto intestato a "Dell’Utri Alberto").
Passato da Berlusconi a Rapisarda, Dell’Utri trasferisce la sua abitazione nel lussuoso palazzetto di quest’ultimo, nella centralissima via Chiaravalle, a Milano. Ma non interrompe i vecchi rapporti. Con Vittorio Mangano, per esempio: nel 1980, in una telefonata intercettata dalla Criminalpol, Dell’Utri parla con l’amico di "affari" e di "cavalli". È la telefonata a cui fa riferimento Paolo Borsellino nella sua ultima intervista prima di essere ucciso, quando spiegherà che per "cavalli" si intendono partite di droga.
Nell’aprile dello stesso anno, Dell’Utri fa un salto a Londra, dove partecipa alla festa di matrimonio di Jimmy Fauci, mafioso siciliano che gestisce in Gran Bretagna il traffico di droga per il clan Caruana. Dell’Utri ammette: "Mi portò Cinà, non sapevo chi fosse lo sposo, mi trovavo a Londra per visitare una mostra sui vichinghi".
4.
Nel 1983 Dell’Utri lascia Rapisarda (che parla di tradimento) e ritorna al servizio di Berlusconi, il quale lo inserisce al vertice di Publitalia 80, l’azienda nata un paio d’anni prima con la mission di raccogliere pubblicità per le reti televisive del Biscione. Perché questo ritorno? E come mai, questa volta, in una posizione così importante?
Quello che approda a Publitalia è lo stesso Dell’Utri che al momento del licenziamento, nel 1976, si era sentito dire da Berlusconi di non essere in grado di dirigere un’azienda. Lo stesso che aveva apertamente ammesso i suoi limiti manageriali con la signora Bresciano. Lo stesso che, negli anni con Rapisarda, aveva aggiunto al suo curriculum professionale un’unica esperienza di rilievo: il fallimento della Bresciano. Eppure ora è posto a capo della società più delicata del gruppo, quella che fa il fatturato per tutta la Fininvest.
Per capirne le ragioni, è necessario comprendere la grave crisi attraversata da Berlusconi nei primi anni Ottanta. Nel 1981, con la pubblicazione degli elenchi degli iscritti alla loggia segreta di Licio Gelli, scoppia lo scandalo P2 e Berlusconi si ritrova di nuovo esposto ai possibili attacchi della stampa e alle possibili indagini della magistratura, anche a causa dei suoi rapporti con personaggi della P2 legati alla mafia. Quella stessa mafia che Dell’Utri gli aveva portato in casa nel 1974 e che lui aveva creduto di allontanare licenziandolo.
Non solo. Proprio in quegli anni, Cosa nostra "si era fatta sotto" di nuovo, e pesantemente, con l’imprenditore di successo ormai entrato nel business televisivo: "Gli stavano tirando il radicone", racconta il collaboratore di giustizia Angelo Siino, ossia gli avevano fatto forti richieste di denaro.
In Sicilia erano cambiati gli equilibri: Bontate era stato sconfitto e ucciso (proprio nel 1981) al culmine della guerra di mafia che lo aveva contrapposto ai corleonesi di Totò Riina; e i Pullarà, della stessa famiglia di Bontate ma alleati dei corleonesi, avevano cominciato a gestire a loro modo le relazioni con la Fininvest. Quanto a Vittorio Mangano, già fuori gioco, nel 1983 è oltretutto di nuovo arrestato, nell’ambito dell’operazione San Valentino che non solo scopre, proprio sull’asse Milano-Palermo, molti mafiosi, ma individua per la prima volta anche alcuni “colletti bianchi” della mafia al Nord.
Per Berlusconi, stretto tra scandalo P2 e nuove pretese di Cosa nostra, è un momento delicato e difficile. Superato, secondo i magistrati di Palermo, attraverso una ristrutturazione complessiva dei rapporti tra la Fininvest e la mafia, che prevede anche il ritorno di Dell’Utri al fianco di Berlusconi, ormai "vittima consapevole" di Cosa nostra.
Totò Riina, nuovo uomo forte dell’organizzazione criminale dopo l’uccisione di Bontate, eredita i contatti a suo tempo stretti da quest’ultimo e li rimodula, avviando una fase nuova nei delicati rapporti tra la Fininvest e la Sicilia. È sempre Tanino Cinà, gran padrino di Dell’Utri, a mediare anche questo cruciale passaggio, offrendo ai nuovi capi di Cosa nostra ancora una volta Dell’Utri come l’uomo che può risolvere la crisi.
Lo rivelano, dall’interno, alcuni collaboratori di giustizia che raccontano come, a metà degli anni Ottanta, all’orecchio di Riina fosse giunta l’eco della controversia tra Mangano e i Pullarà, motivata dal fatto che questi ultimi gli avevano scippato il rapporto con Berlusconi. C’era stato addirittura un acceso scontro verbale in carcere tra l’ex “stalliere” e Giovan Battista Pullarà. Il nuovo capo di Cosa nostra decide di estromettere sostanzialmente i Pullarà (anche se, per non scontentarli, lascia a loro una parte dei soldi pagati dalla Fininvest) e di utilizzare quel rapporto a beneficio dell’intera organizzazione.
Viene istituzionalizzato (sicuramente a partire almeno dal 1986) il versamento a Cosa nostra di 200 milioni di lire all’anno, ma tornando a impostare i rapporti secondo i principi dell’“impresa amica” e del “regalo”, che sarà infatti puntualmente fatto giungere ai boss anche negli anni delle stragi di mafia: certamente fino al 1993 o, secondo altri riscontri (tra cui le agende di Dell’Utri che documentano i suoi rapporti con Cinà), fino al 1995. Il “regalo” passa dalla Fininvest a Gaetano Cinà, da Cinà a Pierino Di Napoli, da Di Napoli a Raffaele Ganci, infine da Ganci a Riina, che poi provvede a ripartirlo tra i vari mandamenti di Cosa nostra “interessati”: come San Lorenzo (nel cui territorio vi è la sede palermitana delle Fininvest) e Resuttana (dove sono posizionate alcune delle antenne siciliane del gruppo).
Che i rapporti siano distesi e cordiali – ben diversi da quelli che di solito intercorrono tra estorsore e vittima di un’estrosione – è testimoniato da alcune telefonate intercettate nel 1986, come quella in cui Cinà, al telefono con Alberto Dell’Utri, gemello di Marcello, racconta delle cassate siciliane inviate per Natale da Palermo a Milano, alla sede della Fininvest: quella per Berlusconi, grandissima, pesava più di 11 chili e Cinà ci aveva fatto scrivere sopra dal pasticciere "Canale 5, in numero e in lettere".
Ma Riina non pensa solo ai soldi, bensì anche e soprattutto alla “politica”: il vecchio rapporto con Dell’Utri e Berlusconi potrebbe diventare un buon canale per arrivare a Bettino Craxi allora presidente del Consiglio, ipotizza Riina, che comincia ad accarezzare l’idea di mandare un avvertimento alla Dc per i tentennamenti dimostrati nel sostegno a Cosa nostra.
I primi anni Ottanta, quelli del ritorno di Dell’Utri al gruppo Berlusconi, sono anche gli anni in cui la Fininvest sviluppa il suo impero televisivo. Fa incetta di emittenti in tutta Italia: anche in Sicilia, dove nasce Rete Sicilia che ritrasmette i programmi di Canale 5 e che ha nel suo consiglio d’amministrazione, accanto ad Adriano Galliani, un certo Antonio Inzaranto, nominato addirittura presidente senz’altra competenza se non quella di essere cognato della nipote di Tommaso Buscetta; Trinacria tv, che trasmette Italia 1, è invece domiciliata presso la Parmafid, una fiduciaria dietro cui si muovono personaggi come Joe Monti e Antonio Virgilio, arrestati nel 1983 come “colletti bianchi” della mafia, considerati i terminali milanesi del riciclaggio di Cosa nostra (condannati in primo grado e in appello, sono poi assolti in Cassazione da Corrado Carnevale, allora chiamato “giudice ammazzasentenze”); Sicilia televisiva, infine, l’emittente che ritrasmette Retequattro, è avviata da due fratelli, i costruttori Filippo e Vincenzo Rappa, amici di Dell’Utri poi processati per mafia (il secondo sarà condannato).
La Parmafid è considerata dai magistrati palermitani lo strumento fiduciario attraverso cui Antonio Virgilio gestisce da Milano il denaro di Cosa nostra per conto di Pippo e Alfredo Bono, della famiglia di Bolognetta. Ebbene, proprio la Parmafid controlla, fino al 1994, una quota consistente delle holding che a loro volta controllano la Fininvest.
Il 28 novembre 1986 scoppia una piccola bomba contro la cancellata della sede milanese della Fininvest, in via Rovani. È la seconda: una simile era scoppiata il 26 maggio 1975. Dalle telefonate (intercettate) si capisce che Berlusconi e Fedele Confalonieri siano convinti che sia stato anche questa volta Mangano (che invece è, di nuovo, in carcere): "Una cosa rozzissima, ma fatta con molto rispetto, quasi con affetto...", dice Berlusconi. E chiede conto di ciò al suo collaboratore, evidentemente considerato il responsabile in azienda del ramo, lo specialista in questo genere di cose. Dell’Utri non delude le attese. Due giorni dopo, il 30 novembre, telefona al capo: Mangano non c’entra, "assolutamente è proprio da escludere". Comunque non c’è da preoccuparsi, c’è "da stare tranquillissimi". E spiega: "Ho visto Tanino... che è qui a Milano". Berlusconi non chiede chi è Tanino. Evidentemente sa bene chi è Cinà e prende atto con un monosillabo: "Ah!".
La spiegazione dell’attentato arriva dall’interno di Cosa nostra. Sono i catanesi di Nitto Santapaola, questa volta, a entrare in campo a gamba tesa: attentati, messaggi telefonici, lettere minatorie. Riina è stato avvertito ed è d’accordo: lascia fare i catanesi, che potranno magari ritagliarsi una fetta del denaro pagato dalla Fininvest. A lui la pressione su Berlusconi serve però soprattutto in vista della sua strategia “politica”: lascia che creino problemi a Berlusconi per far poi risaltare le capacità di coloro che li risolvono, cioè Dell’Utri e Cinà, che possono così stringere ancor più il loro rapporto con Berlusconi, che Riina vuole utilizzare come ponte per arrivare a Craxi. Alle elezioni del 1987, infatti, per la prima volta Cosa nostra ritira il suo sostegno ai democristiani e fa affluire i suoi voti al Psi, apprezzato per il suo garantismo.
E Dell’Utri continua a fare il mediatore tra le pretese di Palermo e le possibilità di Milano. Un mestiere difficile, che necessariamente incappa in momenti di crisi. L’altalenante rapporto tra Berlusconi e Dell’Utri, infatti, sul finire degli anni Ottanta ha un altro periodo di raffreddamento. Le minacce proseguono, evidentemente perché i mafiosi non sono soddisfatti delle risposte ottenute. Il 17 febbraio 1988 Silvio Berlusconi fa al telefono (intercettato) una confessione drammatica all’amico imprenditore Renato Della Valle: "Sono messo male fisicamente. E poi c’ho tanti casini in giro, a destra, a sinistra. Ce n’ho uno abbastanza grosso, per cui devo mandar via i miei figli, che stan partendo adesso per l’estero, perché mi han fatto estorsioni... in maniera brutta. (...). Una cosa che mi è capitata altre volte, dieci anni fa, e... sono ritornati fuori. (...) Sai, siccome mi hanno detto che se, entro una certa data, non faccio una roba, mi consegnano la testa di mio figlio a me e espongono il corpo in piazza del Duomo. (...) E allora son cose poco carine da sentirsi dire e allora, ho deciso, li mando in America e buona notte".
Non si sa se poi Berlusconi abbia fatto o no "la roba" che gli chiedevano "entro una certa data". Ma certamente raffredda i rapporti con Dell’Utri. Questa volta Marcello non viene licenziato, ma tenuto a distanza. Lo racconta Mariapia La Malfa, moglie di Alberto Dell’Utri, in una telefonata del luglio 1988 a Rita dalla Chiesa: "Per vent’anni Berlusconi ha sempre trascorso i capodanni con Craxi e Dell’Utri, ma da quando c’è Previti non invita più Marcello...". Secondo i magistrati palermitani, si ripete la scena degli anni Settanta: Dell’Utri ha rimesso Berlusconi nelle mani di Cosa nostra, eppure le minacce continuano, perché la mafia alza sempre la posta e questa volta vuole arrivare a Craxi.
Nel 1991, subito dopo la sua ennesima scarcerazione, Mangano cerca di riallacciare i rapporti con Dell’Utri e la Fininvest. Ma viene bloccato da Totò Cancemi, capo della sua famiglia mafiosa, che per conto di Riina in persona gli chiede di farsi da parte, in nome del "bene di tutta Cosa nostra": Riina vuol gestire lui stesso, direttamente, il rapporto con Berlusconi.
Intanto i catanesi continuano le loro pressioni. A partire dal 1990 bersagliano di minacce e attentati incendiari i magazzini Standa di Catania. La reazione è ancora una volta “privata”: nessuna denuncia e, apparentemente, nessun riscatto pagato. In realtà alcuni titolari di magazzini in franchising ammettono di avere versato la loro parte, un miliardo. Berlusconi invece nega tutto e minimizza perfino i danni subiti. Ma è Dell’Utri, secondo diversi collaboratori di giustizia, che come al solito s’incarica di risolvere, in maniera riservata, il problema: riceve a Milano un emissario delle famiglie catanesi e poi scende personalmente in Sicilia dove nell’autunno 1991 incontra, a Messina, Santapaola in persona, allora latitante.
In questo periodo, segnala l’accusa, il gruppo Berlusconi acquisisce "appalti in Sicilia senza conflitti con la locale imprenditoria mafiosa, anzi entrando in società con alcuni imprenditori che sono risultati legati a Cosa nostra": è il caso della società di costruzioni Coge, riconducibile a Paolo Berlusconi, che realizza lavori, per esempio, nell’isola di Favignana.
In questi stessi anni accade anche un fatto che, secondo l’accusa, mette bene in rilievo i metodi professionali di Dell’Utri e i suoi rapporti siciliani. Nel 1990 il dirigente di Publitalia stringe un contratto di sponsorizzazione con la squadra femminile della Pallacanestro Trapani. Lo sponsor è la Birra Messina, che s’impegna per circa 1 miliardo e mezzo di lire. Ma Dell’Utri pretende che metà della cifra versata dallo sponsor gli sia restituita, in contanti e in nero, a titolo di intermediazione. Il proprietario della squadra, Vincenzo Garraffa, si rifiuta e a quel punto Dell’Utri dapprima lo minaccia ("Ci pensi, perché abbiamo uomini e mezzi per convincerla a pagare") e poi gli manda, a fare un convincente “recupero crediti”, il boss di Cosa nostra di Trapani, Vincenzo Virga. Per questo fatto Dell’Utri è già stato condannato nel 2004 a Milano a due anni di reclusione, in primo grado, per tentata estorsione.
Anche i Graviano, boss di Brancaccio, mandanti dell’assassinio di padre Pino Puglisi e protagonisti nel 1992-93 della strategia stragista di Cosa nostra, hanno contatti con Dell’Utri. L’accusa individua rapporti tra il manager di Publitalia e tre siciliani, Giuseppe D’Agostino, Francesco Piacenti e Carmelo Barone. Il primo viene arrestato il 27 gennaio 1994 in un ristorante di Milano, Gigi il Cacciatore, insieme ai capifamiglia, i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano.
5.
Intanto l’Italia è arrivata a una svolta. Dopo Mani pulite, il sistema dei partiti si sgretola. Contemporaneamente, Cosa nostra in Sicilia rompe definitivamente con i suoi tradizionali referenti politici (Salvo Lima e gli andreottiani) e, dopo la conferma in Cassazione delle condanne del maxiprocesso di Palermo, dichiara guerra allo Stato. Inizia la stagione delle stragi: nel 1992 sono uccisi i democristiani Salvo Lima e Ignazio Salvo, considerati “traditori”, e i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. L’anno seguente l’attacco si trasferisce sul continente: un’autobomba tenta d’uccidere il giornalista Maurizio Costanzo, poi seguono gli attentati di Firenze, Roma, Milano.
È in questo clima drammatico che Silvio Berlusconi, preoccupato per la sorte delle sue aziende rimaste senza sostegno politico, decide di "scendere in campo", di buttare nella mischia la potenza delle sue tv e di fondare Forza Italia. Ma è Dell’Utri, che fino a quel momento non si è mai occupato di politica, il primo a pensare a un impegno diretto, a spingere il suo capo in questa direzione e poi a costruire il partito, usando la struttura organizzativa di Publitalia. Non solo precede Berlusconi, ma è anche il solo dirigente del gruppo a non avere dubbi, anzi a lottare contro le cautele e le resistenze degli altri consiglieri del presidente (Gianni Letta, Fedele Confalonieri, Maurizio Costanzo, Enrico Mentana...). Lo testimonia un consulente di Dell’Utri, Ezio Cartotto, ingaggiato in segreto per studiare nuove modalità d’intervento politico della Fininvest in previsione del crollo dei partiti amici.
Poi, tra il 1993 e il 1994, si consuma un drammatico contrappunto Milano-Palermo. Mentre il sistema politico implode e le stragi prostrano l’Italia, Cosa nostra, che come dice Riina ha "fatto la guerra per fare la pace", è alla ricerca di nuovi referenti politici. Anche in questo tesissimo momento, Dell’Utri ha un compito delicato: garantire ancora una volta il rapporto tra Milano e Palermo, mediare tra le richieste di Cosa nostra e le disponibilità del nascente partito di Forza Italia.
Alcuni tra i boss, dopo aver fondato il movimento Sicilia libera, si stavano avviando a sostenere una Lega del Sud, un movimento che avrebbe dovuto nascere, con appoggi massonici, dalla federazione delle diverse leghe sorte nelle regioni meridionali: avrebbe dovuto contrapporsi alla Lega Nord, ma di fatto concorrere insieme ad essa alla spartizione del Paese; e soprattutto avrebbe dovuto essere sensibile alle esigenze “politiche” di Cosa nostra. Dentro l’organizzazione criminale si svolge, allora, un’ampia consultazione, qualcosa di simile alle elezioni primarie, in cui le famiglie mafiose sono chiamate a esprimere la loro preferenza tra il progetto “sudista” e indipendentista di Sicilia libera e quello “milanese” e nazionale di Marcello Dell’Utri. Prevale quest’ultimo, giudicato più serio ed efficace.
Il capo di Cosa nostra dopo l’arresto di Riina, Bernardo Provenzano, si assume la responsabilità di dare il proprio appoggio al nuovo soggetto politico, a proposito del quale vi erano stati contatti con Dell’Utri: "Finalmente, si prospetta un discorso serio e che possiamo andare avanti". La lunga stagione delle stragi s’interrompe e inizia la fase dell’inabissamento di Cosa nostra.
Provenzano prende la sua decisione perché ha avuto adeguate garanzie di risoluzione dei problemi dell’organizzazione criminale: "Pressione giudiziaria, sequestro dei beni, collaboratori di giustizia, regime carcerario duro". Si stringe così un nuovo patto che prevede, da una parte, "garanzie politiche" (Provenzano promette che "entro dieci anni si sistemava tutto") e, dall’altra, l’appoggio elettorale e la realizzazione della "strategia dell’inabissamento" ("Perché se noi continuavamo a fare attentati... a spargere sempre violenza, a fare azioni eclatanti, i riflettori delle forze dell’ordine e dell’opinione pubblica era sempre a controllare, a guardare, a giudicare a noi e le persone che ci dovevano aiutare... Per cui era importantissimo, se non vitale, che Cosa nostra intraprendesse un periodo di quiete, di tranquillità, in modo che non destasse attenzione nell’opinione pubblica né alle forze dell’ordine e della magistratura in modo particolare": così racconta l’ultimo dei grandi collaboratori di giustizia, Nino Giuffrè).
Dell’Utri costruisce in pochi mesi il partito di Forza Italia che nel 1994 ottiene un clamoroso successo e porta Berlusconi per la prima volta al governo. Naturalmente i magistrati di Palermo non pretendono di spiegare con i rapporti siciliani tutto il successo di Forza Italia, che è spiegabile solamente con una complessa somma di concause politiche, economiche e sociali. Ma aggiungono a queste gli elementi emersi nelle indagini su Dell’Utri e i suoi rapporti con Cosa nostra. Concludendo che "Dell’Utri interviene come sa, secondo il suo stile, “alla grande”, senza mezzi termini, facendosi in prima persona protagonista e artefice di un progetto politico, quello che poi sfocerà nella nascita del movimento Forza Italia. Movimento rispetto al quale, intendiamo ribadirlo una volta per tutte (...), il pubblico ministero ha il massimo rispetto, così come ha il massimo rispetto nei confronti dei suoi militanti e dei suoi elettori. (...) La condotta e le finalità di Dell’Utri sono assai meno commendevoli di quelle degli altri fondatori del movimento politico; anzi, è provato che quelle di Dell’Utri furono direttamente condizionate da Cosa nostra, e dalla precipua finalità di agevolare la realizzazione degli interessi di Cosa nostra. Ed è per via di Dell’Utri soprattutto, e del ruolo da lui esercitato, che il movimento politico di Forza Italia fin dal suo sorgere costituì un punto di “interesse politico” per Cosa nostra: non certo perché Forza Italia fosse il partito della mafia, ma perché Forza Italia era il partito di Dell’Utri e quello a Cosa nostra bastava".
I rapporti con la mafia proseguono anche negli anni successivi. Nel 1999, per le elezioni europee, Cosa nostra fa circolare tra i suoi uomini l’ordine di sostenere e votare proprio Dell’Utri, che dev’essere aiutato anche in relazione ai guai giudiziari che gli sono piovuti addosso (nel 1997 è iniziato il processo palermitano per collusioni con la mafia). Nella nuova Cosa nostra di Provenzano, Dell’Utri gode di un’inedita autorevolezza: "Una straordinaria conferma", sostengono i magistrati di Palermo, "dell’attuale vigenza dei “patti” stipulati a suo tempo, fin dal 1994".
6.
La lunga requisitoria presentata in questo volume è la storia di un uomo, Marcello Dell’Utri, e della sua lunga attività di mediatore tra un imprenditore del Nord e Cosa nostra. Un incredibile romanzo, il plot di un grande film. A costruire questa storia non sono solo le testimonianze dei collaboratori di giustizia, i tanto vituperati “pentiti”, vittime di una campagna di delegittimazione che dura ormai da più d’un decennio. No, nel processo – come ciascuno può leggere in queste pagine – sono confluiti dati oggettivi, documenti societari, rapporti di polizia, intercettazioni telefoniche e ambientali, racconti e contributi di semplici testimoni, perfino ammissioni degli imputati.
Finito il processo, però, si apre – o almeno dovrebbe aprirsi – la riflessione giornalistica, civile, morale, politica in senso alto. Ma in Italia questo non succede. Lo constata Barbara Spinelli, dopo la sentenza, in un suo commento (Il sonno morale) sulla prima pagina della Stampa di domenica 12 dicembre 2004: "Sia in caso d’assoluzione che di condanna, i processi italiani sono vissuti con atteggiamento politico piuttosto che morale, e si svolgono tutti in un’atmosfera rarefatta dove non hanno spazio né la coscienza né i principi, né il giusto né l’ingiusto". A parte i commenti dei politici (assolutori e antigiudici da destra, cauti e chissà perché quasi imbarazzati da sinistra), la società italiana non ha ritenuto di fare una riflessione libera, autonoma da ogni schieramento preconfezionato. Eppure, "non esistono solo la coscienza personale di Berlusconi e di Dell’Utri. Esiste anche", argomenta Spinelli, "la coscienza del Quarto Potere incarnato da stampa, radio e televisione, ed esiste la coscienza dei liberi adulti cittadini-elettori. Per costoro il dilemma non può essere semplicemente accantonato, a partire dal momento in cui la magistratura cessa d’occuparsi in esclusiva dei casi e li restituisce al pubblico spazio". Barbara Spinelli continua: "Una volta pronunciata la sentenza, anche se solo di primo grado, si può tornare a commentare e giudicare con criteri politici". E invece: "Non ci s’indigna, se i tribunali certificano la collusione tra mafia e politica, se denuncia i meandri di un’impresa che ha mescolato affari illeciti e politica".
Perché se è vero che il processo di Palermo ha avuto come imputato, accanto a Tanino Cinà, il solo Marcello Dell’Utri e che esclusivamente sue sono le responsabilità penali accertate nel dibattimento, un Paese civile non può sfuggire, fuori dal piano giudiziario, a questioni impronunciabili: che imprenditoria è mai cresciuta in Italia, nella ricerca di soluzioni “private” alle minacce della criminalità organizzata e nelle commistioni finanziarie con il denaro sporco? E che nuova élite politica si è mai consolidata, se deve far catenaccio con personaggi compromessi, senza riuscire a far valere alcuna autonomia di giudizio?
La vicenda penale riguarda Marcello Dell’Utri, ma quella morale e politica coinvolge direttamente il suo datore di lavoro: Silvio Berlusconi, "vittima consapevole". L’imprenditore poi diventato presidente del Consiglio mostra di sapere in che gioco è stato messo da Dell’Utri (lo provano oggettivamente le intercettazioni telefoniche). E perché si è rifiutato di rispondere alle domande dei pubblici ministeri, il 26 novembre 2003, perdendo così la possibilità di sgombrare il campo da tanti equivoci e misteri?
7.
Ecco, dunque, perché può essere utile pubblicare in volume questa requisitoria, questo lunghissimo e complesso documento giudiziario. Non certo per ossessione “giustizialista”. Anzi, per proporre semmai un uso non giudiziario anche delle carte giudiziarie. Non ci interessa, qui, la valutazione penale dei fatti raccontati, delle testimonianze presentate; non ci interessa, a rigore, neppure se la sentenza sia di condanna o d’assoluzione. Ci interessa, su tutt’altro piano che quello giudiziario – il piano della vita, della convivenza civile, dunque anche della politica – rendere disponibile a tutti i cittadini la conoscenza di fatti che comunque hanno a che fare, per la natura dei protagonisti, con la storia di questo Paese. Non per invocare sanzioni o pretendere condanne, ma per fare quello che è proprio del giornalismo: far conoscere vicende, raccontare personaggi, svelare retroscena.
Vicende, personaggi, retroscena che, in questo caso, segnano la storia del Paese, toccano il cuore della politica italiana, eppure – incredibilmente – non hanno mai avuto uno spazio adeguato sui giornali o nelle tv. Ecco dunque questo documento, pubblicato per rendere disponibile a tutti la conoscenza di vicende troppo poco o per niente raccontate dai media. La requisitoria di Nico Gozzo e Antonio Ingroia contiene una mole imponente di informazioni, frutto di anni e anni di ricerche, di centinaia di testimonianze e di documenti che sarebbe un delitto seppellire in un archivio polveroso, consegnandole all’oblio.
Certo, non è usuale che – in questo come in altri casi del recente passato – agli strumenti giornalistici si sostituiscano atti giudiziari. Non è normale. Ma, di fronte all’enormità della vicenda italiana, saltano anche i generi letterari per raccontarla. Il giornalismo, dopo aver pazientemente percorso la strada del resoconto e dell’inchiesta, della cronaca e del reportage, finisce per doversi avventurare in nuovi percorsi. In qualche caso il giornalismo cerca di realizzarsi nella fuga (ma solo apparente) della fiction, o della satira. In altri casi, all’opposto, si rifugia nell’iperrealismo dei documenti, ritraendosi per lasciar parlare le carte. Dopo tante ricerche, inchieste, reportage e campionari di storie e personaggi italiani, la soggettività cerca di sparire, quasi addolorata per la mostruosità dei propri risultati, e lascia il campo ai freddi fatti, ai nudi documenti.
Ecco dunque, strappato al buio degli scaffali palermitani asciugati dallo scirocco, questo materiale per una storia dei rapporti tra Milano e Palermo, tra gli affari e la criminalità, tra i poteri illegali e la politica. Nodi in gran parte non sciolti. Ed elementi non secondari, in un Paese che, più in generale, ha avuto per sette volte come presidente del Consiglio un uomo che, secondo una sentenza ormai definitiva, è stato, almeno fino al 1980, in rapporti con Cosa nostra. Milano-Palermo, Palermo-Roma. L’impresa e la politica e la criminalità. La storia non si scrive con le sentenze, si sente ripetere, ma chi vorrà scrivere la vera storia d’Italia dovrà pur rendere conto anche dei fatti emersi nelle aule di giustizia.
(Da Dossier Dell'Utri, Kaos edizioni, 2005)
http://www.societacivile.it
che ha condannato Marcello Dell'Utri per concorso esterno in associazione mafiosa
di Gianni Barbacetto
"Senza soldi, non se ne canta Messa"
Marcello Dell’Utri, 14 febbraio 1980
Marcello Dell’Utri ha silenziosamente attraversato le vicende italiane degli ultimi decenni. È stato alto dirigente di uno dei gruppi economici che hanno fatto la storia del Paese. È stato il costruttore di una nuova formazione politica divenuta immediatamente il primo partito nazionale. È stato, infine, imputato di mafia: per dieci lunghi anni la procura della Repubblica di Palermo lo ha indagato, lo ha mandato sotto processo, ha infine chiesto la sua condanna a undici anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Sabato 11 dicembre 2004 i giudici della seconda sezione del Tribunale di Palermo (Leonardo Guarnotta presidente, Giuseppe Sgadari e Gabriella Di Marco a latere) hanno pronunciato la sentenza di primo grado: condanna a nove anni di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici.
I fatti che hanno portato alla richiesta di condanna sono contenuti nel documento che viene presentato, pressoché integralmente, in questo volume: la monumentale requisitoria dei pubblici ministeri Domenico Gozzo e Antonio Ingroia, pronunciata davanti al Tribunale in 16 udienze, dal 5 aprile all’8 giugno 2004, dopo un lunghissimo dibattimento a cui ha dato un importante contributo la professionalità dell’avvocato di parte civile del Comune di Palermo, Ennio Tinaglia.
È il racconto di una lunga storia prima imprenditoriale e poi anche politica, sempre al fianco di Silvio Berlusconi. Ma una storia che si è sviluppata, secondo l’accusa, con la presenza costante e determinante della più potente organizzazione criminale italiana, Cosa nostra.
Questa presenza ha dunque condizionato, in ultima analisi, alcuni passaggi cruciali delle vicende di Silvio Berlusconi, della Fininvest, di Forza Italia. Per questo, anche al di là degli esiti processuali, che potranno anche cambiare nei successivi gradi di giudizio, vale la pena di rendere accessibile e disponibile questa requisitoria. Perché qualunque lettore possa conoscere una ricostruzione dei fatti che i giornali e le tv non hanno mai compiutamente raccontato.
1.
Marcello Dell’Utri nasce a Palermo l’11 settembre 1941. Cresce e studia nella città siciliana, trasferendosi a Milano nei primi anni Sessanta per frequentare l’università. Qui incontra il giovane Silvio Berlusconi, di cinque anni più anziano di lui. Comincia a occuparsi seriamente di calcio, sogna di diventare un tecnico, un arbitro o un allenatore. Nel 1965 va a vivere a Roma, impiegato per un paio d’anni come direttore del centro sportivo Elis, una struttura dell’Opus Dei.
Torna a Palermo nel 1967, per stare vicino al padre. La passione per lo sport lo porta a fondare e dirigere l’Athletic Club Bacigalupo, che in pochi anni diventa un crocevia della “Palermo bene”, ma anche della Palermo mafiosa. Nel 1970 il padre, che lo vuole “sistemato” in banca, lo fa assumere alla Cassa di risparmio delle province siciliane, la Sicilcassa. Dapprima lavora a Catania, poi alla filiale di Belmonte Mezzagno, a metà strada tra Palermo e Corleone, infine al Credito agrario di Palermo.
La svolta nella sua vita arriva nel marzo del 1974: chiamato da Berlusconi, vecchio compagno d’università che sta facendo fortuna, lascia subito la Sicilia e si trasferisce a Milano, come segretario particolare del giovane imprenditore. Inizia una carriera e una vicenda professionale e politica che arriva fino a oggi. Sempre scandita, secondo i magistrati palermitani, da contatti con uomini di Cosa nostra.
È presso il club calcistico Bacigalupo che si registrano i primi rapporti certi tra Dell’Utri ed esponenti mafiosi. In quegli anni egli frequenta Gaetano Cinà detto Tanino, esponente della famiglia di Malaspina e coimputato di Dell’Utri (condannato a sette anni per associazione mafiosa); e Vittorio Mangano, che diverrà capo della famiglia di Porta Nuova. Cinà, figura rimasta silenziosa e in disparte nei lunghi anni delle indagini e del dibattimento, è l’uomo chiave di questa storia: personaggio vicino a Stefano Bontate, negli anni Settanta capo indiscusso di Cosa nostra, è l’anello di congiunzione tra Dell’Utri e l’organizzazione criminale, il punto di riferimento costante per Dell’Utri dentro l’universo mafioso.
Tutto nasce quando Silvio Berlusconi, nella prima metà degli anni Settanta, riceve le prime minacce mafiose: gli giungono richieste di soldi e “avvertimenti” che avrebbero potuto sequestrarlo o rapire uno dei suoi figli. Erano anni in cui i sequestri di persona erano molto frequenti (103 nella sola Lombardia, tra il 1974 e il 1983). Eppure il giovane imprenditore non denuncia, non chiede protezione alle autorità, non avverte la polizia; si ricorda invece dell’amico siciliano conosciuto dieci anni prima all’università, lo chiama e lo convince a venire al Nord, al suo fianco. Dell’Utri lascia la banca e si trasferisce ad Arcore, nella villa che Berlusconi aveva comprato, con l’aiuto determinante dell’avvocato Cesare Previti, dalla marchesina Casati Stampa. Dell’Utri, dopo un consulto con Cinà, porta con sé Vittorio Mangano, che arriva a Milano pochi mesi dopo di lui e dal 1 luglio 1974 è assunto come “fattore” della villa: in realtà è l’assicurazione sulla vita e sui beni stipulata da Berlusconi, attraverso Dell’Utri, con Cosa nostra.
Così Dell’Utri consegna Berlusconi nelle mani dell’organizzazione criminale: perché questa offre sì protezione, ma poi pretende un rapporto più intenso. Suggellato da un vertice ai massimi livelli: Berlusconi nel 1974 incontra ad Arcore – con la regia di Dell’Utri e, dietro di lui, di Cinà – nientemeno che il capo di Cosa nostra, Stefano Bontate, presenti i mafiosi Mimmo Teresi e Francesco Di Carlo. Bontate, chiamato "il principe di Villagrazia", era piaciuto a Berlusconi, secondo i racconti che circolavano tra gli uomini di Cosa nostra: lo aveva trovato ben diverso da come si immaginava i boss, un uomo nient’affatto rozzo, anzi intelligente e "affascinevole", testimonia Antonino Galliano riferendo le confidenze ricevute da Cinà.
Berlusconi comincia a versare somme di denaro a Cosa nostra per la sua protezione: il denaro, a partire dalla metà degli anni Settanta, passa da Dell’Utri a Cinà e arriva a Mimmo Teresi e Stefano Bontate. Secondo un testimone diretto e ben introdotto nell’ambiente dei palermitani a Milano – il finanziere Filippo Alberto Rapisarda – Cosa nostra chiede però presto a Dell’Utri e Berlusconi un rapporto più stretto: offre denaro, proveniente dai giganteschi profitti che Cosa nostra comincia a realizzare in quegli anni grazie al traffico di eroina, da reinvestire e riciclare in business puliti.
Tra il 1975 e il 1979, in effetti, avviene una complicatissima e per niente trasparente riorganizzazione societaria del gruppo Berlusconi, che si apre con la nascita, il 21 marzo 1975, della Finanziaria d’investimento-Fininvest e prosegue poi con la moltiplicazione delle società: tre diverse Fininvest si susseguono e s’incrociano tra loro e infine compare, a controllarle, un bizantino sistema di 23 holding. In questi anni determinanti, dal 1975 fino al 1983, nelle casse del gruppo entra un fiume di miliardi di lire di cui è impossibile ricostruire la fonte. La provenienza è rimasta ignota anche dopo due poderose perizie: quella del consulente della Banca d’Italia Francesco Giuffrida, per l’accusa, e quella del docente della Bocconi Paolo Iovenitti, per la difesa.
Perfino il professor Iovenitti, che pure ha ricevuto l’incarico da Dell’Utri, è costretto ad ammettere durante il processo di Palermo che alcune delle operazioni finanziarie del gruppo Berlusconi sono inspiegabile e "potenzialmente non trasparenti". E che ha dovuto realizzare la sua consulenza senza una parte dei documenti contabili: quelli che pure erano stati ritirati da un avvocato di Berlusconi nel 1998 presso la fiduciaria Bnl “Servizio Italia” e relativi ai mandati fiduciari posti in essere dal 1975 in poi.
Secondo alcuni collaboratori di giustizia, è Stefano Bontate il socio occulto della Fininvest, che vi avrebbe investito grandi capitali. Non c’è però la prova piena del riciclaggio di denaro mafioso da parte della Fininvest (tanto è vero che, per questa accusa, le posizioni di Berlusconi e Dell’Utri, dopo un’indagine a Palermo, sono state archiviate). C’è però, secondo l’accusa, una prova incompleta, ma pienamente coerente con le dichiarazioni dei testimoni, tra cui Rapisarda e Francesco Di Carlo. Lo stesso consulente Iovenitti ha ammesso anomalie finanziarie e comunque non ha fatto luce sulla provenienza di quei capitali. Bastava una consulenza che spiegasse chiaramente i flussi di denaro: invece, a trent’anni dai fatti, su quei flussi è stata stesa ancora una fitta cortina fumogena. Perché? Non certo, rispondono i magistrati dell’accusa, per coprire reati fiscali o finanziari, ormai prescritti.
Cosa nostra era ormai da tempo a Milano. La sua base era un ufficio a pochi passi dal Duomo, in via Larga, punto di riferimento per uomini come Ugo Martello, Robertino Enea, i fratelli Pippo e Alfredo Bono. Frequentavano quell’ufficio, quando passavano a Milano, anche i palermitani importanti, da Stefano Bontate a Tommaso Buscetta... Milano era la capitale degli affari. Da lì si poteva entrare in contatto con imprenditori dinamici, pieni d’idee e spregiudicati quanto basta: prima attraverso le minacce, poi magari con accordi di reciproca soddisfazione. Perché i piccioli e i danee, a Palermo come a Milano, non puzzano.
In questo clima Dell’Utri sbarca al Nord. E anche lì continua le sue frequentazioni mafiose. La sera del 24 ottobre 1976, per esempio, il boss catanese Antonino Calderone festeggia il suo compleanno a Milano, al ristorante “Le colline pistoiesi”. Sono presenti a tavola i mafiosi Gaetano e Antonino Grado, ma anche Mangano e Dell’Utri. Questi ammette la cena, spiegando però che non conosceva i commensali. I fratelli Grado, grandi trafficanti di droga, secondo il collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo erano gli stessi che un paio d’anni prima avevano progettato il rapimento del figlio di Berlusconi, Piersilvio.
2.
Nell’autunno del 1976 Vittorio Mangano appare però pubblicamente compromesso per le sue vicende criminali: era stato arrestato una prima volta il 27 dicembre 1974 e, rilasciato il 22 gennaio successivo, era stato riaccolto ad Arcore; arrestato di nuovo il 1 dicembre 1975, quando viene rimesso in libertà, sul registro del carcere segna come domicilio "via San Martino 42, Arcore", cioè casa Berlusconi. La situazione è ormai imbarazzante. Così nell’ottobre 1976 Mangano lascia l’impiego presso Arcore. Poche settimane dopo se ne va anche Dell’Utri.
Berlusconi è ormai un imprenditore che ha costruito un piccolo impero immobiliare sotto il segno del Biscione. Intuisce il danno d’immagine che gli può provocare la diffusione della notizia d’aver accolto in casa un mafioso. In più, forse teme possibili indagini di polizia. Rompe rapidamente, dunque, con la coppia Dell’Utri-Mangano. Mantiene però gli impegni presi con Bontate: continua a versare il suo “regalo” a Cosa nostra (la famiglia Pullarà sostitusce Mangano nell’esazione). E cerca nuove protezioni.
Nel gennaio 1978 si iscrive alla P2 di Licio Gelli. Sotto le ali di quel club, otterrà massicci fidi bancari anche senza adeguate garanzie; e tenterà di sviluppare alcuni affari in Sardegna in cui sono coinvolti piduisti e personaggi della criminalità organizzata romana e siciliana, tra cui Flavio Carboni, faccendiere romano nelle mani della malavita della capitale e frequentatore di mafiosi del rango di Pippo Calò, l’inviato di Cosa nostra nella capitale. Sono questi gli anni in cui la criminalità organizzata penetra dentro la massoneria e alcune logge diventano camera di compensazione tra i diversi poteri, luogo d’incontro tra politici, imprenditori e mafiosi (come lo stesso Bontate, anch’egli iscritto a una loggia massonica).
3.
E Dell’Utri? Dopo il licenziamento da parte di Berlusconi, Marcello attraversa un periodo di smarrimento. Accarezza l’idea di prendersi un anno sabbatico, di lasciare tutto per trasferirsi in Spagna, a studiare teologia presso l’università di Navarra, o presso i Gesuiti in Italia. È il solito Cinà a tirarlo fuori dai guai, preoccupato per l’amico ("Si vuole fare prete", aveva capito, sintetizzando un po’ rozzamente una crisi più complessa). Nel 1977 lo fa assumere da Filippo Alberto Rapisarda, in quegli anni a capo, a Milano, di un grande gruppo immobiliare, stimato il terzo in Italia e considerato un luogo privilegiato di passaggio dei capitali mafiosi.
Dell’Utri diventa dirigente della Bresciano, un’azienda del gruppo Rapisarda, benché egli stesso ammetta alla signora Bresciano di non sapere neanche da che parte si cominci a dirigere un’azienda. Il suo gemello, Alberto Dell’Utri, viene posto al vertice di un’altra società di Rapisarda, la Venchi Unica. Non è un’esperienza fortunata: in breve tempo, tutto il gruppo Rapisarda finisce nell’imbuto di un colossale fallimento. Marcello è incriminato a piede libero, Alberto è arrestato a Torino, Rapisarda fugge all’estero, nel Venezuela dei Caruana, grandi trafficanti di droga, e poi a Parigi (con un passaporto intestato a "Dell’Utri Alberto").
Passato da Berlusconi a Rapisarda, Dell’Utri trasferisce la sua abitazione nel lussuoso palazzetto di quest’ultimo, nella centralissima via Chiaravalle, a Milano. Ma non interrompe i vecchi rapporti. Con Vittorio Mangano, per esempio: nel 1980, in una telefonata intercettata dalla Criminalpol, Dell’Utri parla con l’amico di "affari" e di "cavalli". È la telefonata a cui fa riferimento Paolo Borsellino nella sua ultima intervista prima di essere ucciso, quando spiegherà che per "cavalli" si intendono partite di droga.
Nell’aprile dello stesso anno, Dell’Utri fa un salto a Londra, dove partecipa alla festa di matrimonio di Jimmy Fauci, mafioso siciliano che gestisce in Gran Bretagna il traffico di droga per il clan Caruana. Dell’Utri ammette: "Mi portò Cinà, non sapevo chi fosse lo sposo, mi trovavo a Londra per visitare una mostra sui vichinghi".
4.
Nel 1983 Dell’Utri lascia Rapisarda (che parla di tradimento) e ritorna al servizio di Berlusconi, il quale lo inserisce al vertice di Publitalia 80, l’azienda nata un paio d’anni prima con la mission di raccogliere pubblicità per le reti televisive del Biscione. Perché questo ritorno? E come mai, questa volta, in una posizione così importante?
Quello che approda a Publitalia è lo stesso Dell’Utri che al momento del licenziamento, nel 1976, si era sentito dire da Berlusconi di non essere in grado di dirigere un’azienda. Lo stesso che aveva apertamente ammesso i suoi limiti manageriali con la signora Bresciano. Lo stesso che, negli anni con Rapisarda, aveva aggiunto al suo curriculum professionale un’unica esperienza di rilievo: il fallimento della Bresciano. Eppure ora è posto a capo della società più delicata del gruppo, quella che fa il fatturato per tutta la Fininvest.
Per capirne le ragioni, è necessario comprendere la grave crisi attraversata da Berlusconi nei primi anni Ottanta. Nel 1981, con la pubblicazione degli elenchi degli iscritti alla loggia segreta di Licio Gelli, scoppia lo scandalo P2 e Berlusconi si ritrova di nuovo esposto ai possibili attacchi della stampa e alle possibili indagini della magistratura, anche a causa dei suoi rapporti con personaggi della P2 legati alla mafia. Quella stessa mafia che Dell’Utri gli aveva portato in casa nel 1974 e che lui aveva creduto di allontanare licenziandolo.
Non solo. Proprio in quegli anni, Cosa nostra "si era fatta sotto" di nuovo, e pesantemente, con l’imprenditore di successo ormai entrato nel business televisivo: "Gli stavano tirando il radicone", racconta il collaboratore di giustizia Angelo Siino, ossia gli avevano fatto forti richieste di denaro.
In Sicilia erano cambiati gli equilibri: Bontate era stato sconfitto e ucciso (proprio nel 1981) al culmine della guerra di mafia che lo aveva contrapposto ai corleonesi di Totò Riina; e i Pullarà, della stessa famiglia di Bontate ma alleati dei corleonesi, avevano cominciato a gestire a loro modo le relazioni con la Fininvest. Quanto a Vittorio Mangano, già fuori gioco, nel 1983 è oltretutto di nuovo arrestato, nell’ambito dell’operazione San Valentino che non solo scopre, proprio sull’asse Milano-Palermo, molti mafiosi, ma individua per la prima volta anche alcuni “colletti bianchi” della mafia al Nord.
Per Berlusconi, stretto tra scandalo P2 e nuove pretese di Cosa nostra, è un momento delicato e difficile. Superato, secondo i magistrati di Palermo, attraverso una ristrutturazione complessiva dei rapporti tra la Fininvest e la mafia, che prevede anche il ritorno di Dell’Utri al fianco di Berlusconi, ormai "vittima consapevole" di Cosa nostra.
Totò Riina, nuovo uomo forte dell’organizzazione criminale dopo l’uccisione di Bontate, eredita i contatti a suo tempo stretti da quest’ultimo e li rimodula, avviando una fase nuova nei delicati rapporti tra la Fininvest e la Sicilia. È sempre Tanino Cinà, gran padrino di Dell’Utri, a mediare anche questo cruciale passaggio, offrendo ai nuovi capi di Cosa nostra ancora una volta Dell’Utri come l’uomo che può risolvere la crisi.
Lo rivelano, dall’interno, alcuni collaboratori di giustizia che raccontano come, a metà degli anni Ottanta, all’orecchio di Riina fosse giunta l’eco della controversia tra Mangano e i Pullarà, motivata dal fatto che questi ultimi gli avevano scippato il rapporto con Berlusconi. C’era stato addirittura un acceso scontro verbale in carcere tra l’ex “stalliere” e Giovan Battista Pullarà. Il nuovo capo di Cosa nostra decide di estromettere sostanzialmente i Pullarà (anche se, per non scontentarli, lascia a loro una parte dei soldi pagati dalla Fininvest) e di utilizzare quel rapporto a beneficio dell’intera organizzazione.
Viene istituzionalizzato (sicuramente a partire almeno dal 1986) il versamento a Cosa nostra di 200 milioni di lire all’anno, ma tornando a impostare i rapporti secondo i principi dell’“impresa amica” e del “regalo”, che sarà infatti puntualmente fatto giungere ai boss anche negli anni delle stragi di mafia: certamente fino al 1993 o, secondo altri riscontri (tra cui le agende di Dell’Utri che documentano i suoi rapporti con Cinà), fino al 1995. Il “regalo” passa dalla Fininvest a Gaetano Cinà, da Cinà a Pierino Di Napoli, da Di Napoli a Raffaele Ganci, infine da Ganci a Riina, che poi provvede a ripartirlo tra i vari mandamenti di Cosa nostra “interessati”: come San Lorenzo (nel cui territorio vi è la sede palermitana delle Fininvest) e Resuttana (dove sono posizionate alcune delle antenne siciliane del gruppo).
Che i rapporti siano distesi e cordiali – ben diversi da quelli che di solito intercorrono tra estorsore e vittima di un’estrosione – è testimoniato da alcune telefonate intercettate nel 1986, come quella in cui Cinà, al telefono con Alberto Dell’Utri, gemello di Marcello, racconta delle cassate siciliane inviate per Natale da Palermo a Milano, alla sede della Fininvest: quella per Berlusconi, grandissima, pesava più di 11 chili e Cinà ci aveva fatto scrivere sopra dal pasticciere "Canale 5, in numero e in lettere".
Ma Riina non pensa solo ai soldi, bensì anche e soprattutto alla “politica”: il vecchio rapporto con Dell’Utri e Berlusconi potrebbe diventare un buon canale per arrivare a Bettino Craxi allora presidente del Consiglio, ipotizza Riina, che comincia ad accarezzare l’idea di mandare un avvertimento alla Dc per i tentennamenti dimostrati nel sostegno a Cosa nostra.
I primi anni Ottanta, quelli del ritorno di Dell’Utri al gruppo Berlusconi, sono anche gli anni in cui la Fininvest sviluppa il suo impero televisivo. Fa incetta di emittenti in tutta Italia: anche in Sicilia, dove nasce Rete Sicilia che ritrasmette i programmi di Canale 5 e che ha nel suo consiglio d’amministrazione, accanto ad Adriano Galliani, un certo Antonio Inzaranto, nominato addirittura presidente senz’altra competenza se non quella di essere cognato della nipote di Tommaso Buscetta; Trinacria tv, che trasmette Italia 1, è invece domiciliata presso la Parmafid, una fiduciaria dietro cui si muovono personaggi come Joe Monti e Antonio Virgilio, arrestati nel 1983 come “colletti bianchi” della mafia, considerati i terminali milanesi del riciclaggio di Cosa nostra (condannati in primo grado e in appello, sono poi assolti in Cassazione da Corrado Carnevale, allora chiamato “giudice ammazzasentenze”); Sicilia televisiva, infine, l’emittente che ritrasmette Retequattro, è avviata da due fratelli, i costruttori Filippo e Vincenzo Rappa, amici di Dell’Utri poi processati per mafia (il secondo sarà condannato).
La Parmafid è considerata dai magistrati palermitani lo strumento fiduciario attraverso cui Antonio Virgilio gestisce da Milano il denaro di Cosa nostra per conto di Pippo e Alfredo Bono, della famiglia di Bolognetta. Ebbene, proprio la Parmafid controlla, fino al 1994, una quota consistente delle holding che a loro volta controllano la Fininvest.
Il 28 novembre 1986 scoppia una piccola bomba contro la cancellata della sede milanese della Fininvest, in via Rovani. È la seconda: una simile era scoppiata il 26 maggio 1975. Dalle telefonate (intercettate) si capisce che Berlusconi e Fedele Confalonieri siano convinti che sia stato anche questa volta Mangano (che invece è, di nuovo, in carcere): "Una cosa rozzissima, ma fatta con molto rispetto, quasi con affetto...", dice Berlusconi. E chiede conto di ciò al suo collaboratore, evidentemente considerato il responsabile in azienda del ramo, lo specialista in questo genere di cose. Dell’Utri non delude le attese. Due giorni dopo, il 30 novembre, telefona al capo: Mangano non c’entra, "assolutamente è proprio da escludere". Comunque non c’è da preoccuparsi, c’è "da stare tranquillissimi". E spiega: "Ho visto Tanino... che è qui a Milano". Berlusconi non chiede chi è Tanino. Evidentemente sa bene chi è Cinà e prende atto con un monosillabo: "Ah!".
La spiegazione dell’attentato arriva dall’interno di Cosa nostra. Sono i catanesi di Nitto Santapaola, questa volta, a entrare in campo a gamba tesa: attentati, messaggi telefonici, lettere minatorie. Riina è stato avvertito ed è d’accordo: lascia fare i catanesi, che potranno magari ritagliarsi una fetta del denaro pagato dalla Fininvest. A lui la pressione su Berlusconi serve però soprattutto in vista della sua strategia “politica”: lascia che creino problemi a Berlusconi per far poi risaltare le capacità di coloro che li risolvono, cioè Dell’Utri e Cinà, che possono così stringere ancor più il loro rapporto con Berlusconi, che Riina vuole utilizzare come ponte per arrivare a Craxi. Alle elezioni del 1987, infatti, per la prima volta Cosa nostra ritira il suo sostegno ai democristiani e fa affluire i suoi voti al Psi, apprezzato per il suo garantismo.
E Dell’Utri continua a fare il mediatore tra le pretese di Palermo e le possibilità di Milano. Un mestiere difficile, che necessariamente incappa in momenti di crisi. L’altalenante rapporto tra Berlusconi e Dell’Utri, infatti, sul finire degli anni Ottanta ha un altro periodo di raffreddamento. Le minacce proseguono, evidentemente perché i mafiosi non sono soddisfatti delle risposte ottenute. Il 17 febbraio 1988 Silvio Berlusconi fa al telefono (intercettato) una confessione drammatica all’amico imprenditore Renato Della Valle: "Sono messo male fisicamente. E poi c’ho tanti casini in giro, a destra, a sinistra. Ce n’ho uno abbastanza grosso, per cui devo mandar via i miei figli, che stan partendo adesso per l’estero, perché mi han fatto estorsioni... in maniera brutta. (...). Una cosa che mi è capitata altre volte, dieci anni fa, e... sono ritornati fuori. (...) Sai, siccome mi hanno detto che se, entro una certa data, non faccio una roba, mi consegnano la testa di mio figlio a me e espongono il corpo in piazza del Duomo. (...) E allora son cose poco carine da sentirsi dire e allora, ho deciso, li mando in America e buona notte".
Non si sa se poi Berlusconi abbia fatto o no "la roba" che gli chiedevano "entro una certa data". Ma certamente raffredda i rapporti con Dell’Utri. Questa volta Marcello non viene licenziato, ma tenuto a distanza. Lo racconta Mariapia La Malfa, moglie di Alberto Dell’Utri, in una telefonata del luglio 1988 a Rita dalla Chiesa: "Per vent’anni Berlusconi ha sempre trascorso i capodanni con Craxi e Dell’Utri, ma da quando c’è Previti non invita più Marcello...". Secondo i magistrati palermitani, si ripete la scena degli anni Settanta: Dell’Utri ha rimesso Berlusconi nelle mani di Cosa nostra, eppure le minacce continuano, perché la mafia alza sempre la posta e questa volta vuole arrivare a Craxi.
Nel 1991, subito dopo la sua ennesima scarcerazione, Mangano cerca di riallacciare i rapporti con Dell’Utri e la Fininvest. Ma viene bloccato da Totò Cancemi, capo della sua famiglia mafiosa, che per conto di Riina in persona gli chiede di farsi da parte, in nome del "bene di tutta Cosa nostra": Riina vuol gestire lui stesso, direttamente, il rapporto con Berlusconi.
Intanto i catanesi continuano le loro pressioni. A partire dal 1990 bersagliano di minacce e attentati incendiari i magazzini Standa di Catania. La reazione è ancora una volta “privata”: nessuna denuncia e, apparentemente, nessun riscatto pagato. In realtà alcuni titolari di magazzini in franchising ammettono di avere versato la loro parte, un miliardo. Berlusconi invece nega tutto e minimizza perfino i danni subiti. Ma è Dell’Utri, secondo diversi collaboratori di giustizia, che come al solito s’incarica di risolvere, in maniera riservata, il problema: riceve a Milano un emissario delle famiglie catanesi e poi scende personalmente in Sicilia dove nell’autunno 1991 incontra, a Messina, Santapaola in persona, allora latitante.
In questo periodo, segnala l’accusa, il gruppo Berlusconi acquisisce "appalti in Sicilia senza conflitti con la locale imprenditoria mafiosa, anzi entrando in società con alcuni imprenditori che sono risultati legati a Cosa nostra": è il caso della società di costruzioni Coge, riconducibile a Paolo Berlusconi, che realizza lavori, per esempio, nell’isola di Favignana.
In questi stessi anni accade anche un fatto che, secondo l’accusa, mette bene in rilievo i metodi professionali di Dell’Utri e i suoi rapporti siciliani. Nel 1990 il dirigente di Publitalia stringe un contratto di sponsorizzazione con la squadra femminile della Pallacanestro Trapani. Lo sponsor è la Birra Messina, che s’impegna per circa 1 miliardo e mezzo di lire. Ma Dell’Utri pretende che metà della cifra versata dallo sponsor gli sia restituita, in contanti e in nero, a titolo di intermediazione. Il proprietario della squadra, Vincenzo Garraffa, si rifiuta e a quel punto Dell’Utri dapprima lo minaccia ("Ci pensi, perché abbiamo uomini e mezzi per convincerla a pagare") e poi gli manda, a fare un convincente “recupero crediti”, il boss di Cosa nostra di Trapani, Vincenzo Virga. Per questo fatto Dell’Utri è già stato condannato nel 2004 a Milano a due anni di reclusione, in primo grado, per tentata estorsione.
Anche i Graviano, boss di Brancaccio, mandanti dell’assassinio di padre Pino Puglisi e protagonisti nel 1992-93 della strategia stragista di Cosa nostra, hanno contatti con Dell’Utri. L’accusa individua rapporti tra il manager di Publitalia e tre siciliani, Giuseppe D’Agostino, Francesco Piacenti e Carmelo Barone. Il primo viene arrestato il 27 gennaio 1994 in un ristorante di Milano, Gigi il Cacciatore, insieme ai capifamiglia, i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano.
5.
Intanto l’Italia è arrivata a una svolta. Dopo Mani pulite, il sistema dei partiti si sgretola. Contemporaneamente, Cosa nostra in Sicilia rompe definitivamente con i suoi tradizionali referenti politici (Salvo Lima e gli andreottiani) e, dopo la conferma in Cassazione delle condanne del maxiprocesso di Palermo, dichiara guerra allo Stato. Inizia la stagione delle stragi: nel 1992 sono uccisi i democristiani Salvo Lima e Ignazio Salvo, considerati “traditori”, e i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. L’anno seguente l’attacco si trasferisce sul continente: un’autobomba tenta d’uccidere il giornalista Maurizio Costanzo, poi seguono gli attentati di Firenze, Roma, Milano.
È in questo clima drammatico che Silvio Berlusconi, preoccupato per la sorte delle sue aziende rimaste senza sostegno politico, decide di "scendere in campo", di buttare nella mischia la potenza delle sue tv e di fondare Forza Italia. Ma è Dell’Utri, che fino a quel momento non si è mai occupato di politica, il primo a pensare a un impegno diretto, a spingere il suo capo in questa direzione e poi a costruire il partito, usando la struttura organizzativa di Publitalia. Non solo precede Berlusconi, ma è anche il solo dirigente del gruppo a non avere dubbi, anzi a lottare contro le cautele e le resistenze degli altri consiglieri del presidente (Gianni Letta, Fedele Confalonieri, Maurizio Costanzo, Enrico Mentana...). Lo testimonia un consulente di Dell’Utri, Ezio Cartotto, ingaggiato in segreto per studiare nuove modalità d’intervento politico della Fininvest in previsione del crollo dei partiti amici.
Poi, tra il 1993 e il 1994, si consuma un drammatico contrappunto Milano-Palermo. Mentre il sistema politico implode e le stragi prostrano l’Italia, Cosa nostra, che come dice Riina ha "fatto la guerra per fare la pace", è alla ricerca di nuovi referenti politici. Anche in questo tesissimo momento, Dell’Utri ha un compito delicato: garantire ancora una volta il rapporto tra Milano e Palermo, mediare tra le richieste di Cosa nostra e le disponibilità del nascente partito di Forza Italia.
Alcuni tra i boss, dopo aver fondato il movimento Sicilia libera, si stavano avviando a sostenere una Lega del Sud, un movimento che avrebbe dovuto nascere, con appoggi massonici, dalla federazione delle diverse leghe sorte nelle regioni meridionali: avrebbe dovuto contrapporsi alla Lega Nord, ma di fatto concorrere insieme ad essa alla spartizione del Paese; e soprattutto avrebbe dovuto essere sensibile alle esigenze “politiche” di Cosa nostra. Dentro l’organizzazione criminale si svolge, allora, un’ampia consultazione, qualcosa di simile alle elezioni primarie, in cui le famiglie mafiose sono chiamate a esprimere la loro preferenza tra il progetto “sudista” e indipendentista di Sicilia libera e quello “milanese” e nazionale di Marcello Dell’Utri. Prevale quest’ultimo, giudicato più serio ed efficace.
Il capo di Cosa nostra dopo l’arresto di Riina, Bernardo Provenzano, si assume la responsabilità di dare il proprio appoggio al nuovo soggetto politico, a proposito del quale vi erano stati contatti con Dell’Utri: "Finalmente, si prospetta un discorso serio e che possiamo andare avanti". La lunga stagione delle stragi s’interrompe e inizia la fase dell’inabissamento di Cosa nostra.
Provenzano prende la sua decisione perché ha avuto adeguate garanzie di risoluzione dei problemi dell’organizzazione criminale: "Pressione giudiziaria, sequestro dei beni, collaboratori di giustizia, regime carcerario duro". Si stringe così un nuovo patto che prevede, da una parte, "garanzie politiche" (Provenzano promette che "entro dieci anni si sistemava tutto") e, dall’altra, l’appoggio elettorale e la realizzazione della "strategia dell’inabissamento" ("Perché se noi continuavamo a fare attentati... a spargere sempre violenza, a fare azioni eclatanti, i riflettori delle forze dell’ordine e dell’opinione pubblica era sempre a controllare, a guardare, a giudicare a noi e le persone che ci dovevano aiutare... Per cui era importantissimo, se non vitale, che Cosa nostra intraprendesse un periodo di quiete, di tranquillità, in modo che non destasse attenzione nell’opinione pubblica né alle forze dell’ordine e della magistratura in modo particolare": così racconta l’ultimo dei grandi collaboratori di giustizia, Nino Giuffrè).
Dell’Utri costruisce in pochi mesi il partito di Forza Italia che nel 1994 ottiene un clamoroso successo e porta Berlusconi per la prima volta al governo. Naturalmente i magistrati di Palermo non pretendono di spiegare con i rapporti siciliani tutto il successo di Forza Italia, che è spiegabile solamente con una complessa somma di concause politiche, economiche e sociali. Ma aggiungono a queste gli elementi emersi nelle indagini su Dell’Utri e i suoi rapporti con Cosa nostra. Concludendo che "Dell’Utri interviene come sa, secondo il suo stile, “alla grande”, senza mezzi termini, facendosi in prima persona protagonista e artefice di un progetto politico, quello che poi sfocerà nella nascita del movimento Forza Italia. Movimento rispetto al quale, intendiamo ribadirlo una volta per tutte (...), il pubblico ministero ha il massimo rispetto, così come ha il massimo rispetto nei confronti dei suoi militanti e dei suoi elettori. (...) La condotta e le finalità di Dell’Utri sono assai meno commendevoli di quelle degli altri fondatori del movimento politico; anzi, è provato che quelle di Dell’Utri furono direttamente condizionate da Cosa nostra, e dalla precipua finalità di agevolare la realizzazione degli interessi di Cosa nostra. Ed è per via di Dell’Utri soprattutto, e del ruolo da lui esercitato, che il movimento politico di Forza Italia fin dal suo sorgere costituì un punto di “interesse politico” per Cosa nostra: non certo perché Forza Italia fosse il partito della mafia, ma perché Forza Italia era il partito di Dell’Utri e quello a Cosa nostra bastava".
I rapporti con la mafia proseguono anche negli anni successivi. Nel 1999, per le elezioni europee, Cosa nostra fa circolare tra i suoi uomini l’ordine di sostenere e votare proprio Dell’Utri, che dev’essere aiutato anche in relazione ai guai giudiziari che gli sono piovuti addosso (nel 1997 è iniziato il processo palermitano per collusioni con la mafia). Nella nuova Cosa nostra di Provenzano, Dell’Utri gode di un’inedita autorevolezza: "Una straordinaria conferma", sostengono i magistrati di Palermo, "dell’attuale vigenza dei “patti” stipulati a suo tempo, fin dal 1994".
6.
La lunga requisitoria presentata in questo volume è la storia di un uomo, Marcello Dell’Utri, e della sua lunga attività di mediatore tra un imprenditore del Nord e Cosa nostra. Un incredibile romanzo, il plot di un grande film. A costruire questa storia non sono solo le testimonianze dei collaboratori di giustizia, i tanto vituperati “pentiti”, vittime di una campagna di delegittimazione che dura ormai da più d’un decennio. No, nel processo – come ciascuno può leggere in queste pagine – sono confluiti dati oggettivi, documenti societari, rapporti di polizia, intercettazioni telefoniche e ambientali, racconti e contributi di semplici testimoni, perfino ammissioni degli imputati.
Finito il processo, però, si apre – o almeno dovrebbe aprirsi – la riflessione giornalistica, civile, morale, politica in senso alto. Ma in Italia questo non succede. Lo constata Barbara Spinelli, dopo la sentenza, in un suo commento (Il sonno morale) sulla prima pagina della Stampa di domenica 12 dicembre 2004: "Sia in caso d’assoluzione che di condanna, i processi italiani sono vissuti con atteggiamento politico piuttosto che morale, e si svolgono tutti in un’atmosfera rarefatta dove non hanno spazio né la coscienza né i principi, né il giusto né l’ingiusto". A parte i commenti dei politici (assolutori e antigiudici da destra, cauti e chissà perché quasi imbarazzati da sinistra), la società italiana non ha ritenuto di fare una riflessione libera, autonoma da ogni schieramento preconfezionato. Eppure, "non esistono solo la coscienza personale di Berlusconi e di Dell’Utri. Esiste anche", argomenta Spinelli, "la coscienza del Quarto Potere incarnato da stampa, radio e televisione, ed esiste la coscienza dei liberi adulti cittadini-elettori. Per costoro il dilemma non può essere semplicemente accantonato, a partire dal momento in cui la magistratura cessa d’occuparsi in esclusiva dei casi e li restituisce al pubblico spazio". Barbara Spinelli continua: "Una volta pronunciata la sentenza, anche se solo di primo grado, si può tornare a commentare e giudicare con criteri politici". E invece: "Non ci s’indigna, se i tribunali certificano la collusione tra mafia e politica, se denuncia i meandri di un’impresa che ha mescolato affari illeciti e politica".
Perché se è vero che il processo di Palermo ha avuto come imputato, accanto a Tanino Cinà, il solo Marcello Dell’Utri e che esclusivamente sue sono le responsabilità penali accertate nel dibattimento, un Paese civile non può sfuggire, fuori dal piano giudiziario, a questioni impronunciabili: che imprenditoria è mai cresciuta in Italia, nella ricerca di soluzioni “private” alle minacce della criminalità organizzata e nelle commistioni finanziarie con il denaro sporco? E che nuova élite politica si è mai consolidata, se deve far catenaccio con personaggi compromessi, senza riuscire a far valere alcuna autonomia di giudizio?
La vicenda penale riguarda Marcello Dell’Utri, ma quella morale e politica coinvolge direttamente il suo datore di lavoro: Silvio Berlusconi, "vittima consapevole". L’imprenditore poi diventato presidente del Consiglio mostra di sapere in che gioco è stato messo da Dell’Utri (lo provano oggettivamente le intercettazioni telefoniche). E perché si è rifiutato di rispondere alle domande dei pubblici ministeri, il 26 novembre 2003, perdendo così la possibilità di sgombrare il campo da tanti equivoci e misteri?
7.
Ecco, dunque, perché può essere utile pubblicare in volume questa requisitoria, questo lunghissimo e complesso documento giudiziario. Non certo per ossessione “giustizialista”. Anzi, per proporre semmai un uso non giudiziario anche delle carte giudiziarie. Non ci interessa, qui, la valutazione penale dei fatti raccontati, delle testimonianze presentate; non ci interessa, a rigore, neppure se la sentenza sia di condanna o d’assoluzione. Ci interessa, su tutt’altro piano che quello giudiziario – il piano della vita, della convivenza civile, dunque anche della politica – rendere disponibile a tutti i cittadini la conoscenza di fatti che comunque hanno a che fare, per la natura dei protagonisti, con la storia di questo Paese. Non per invocare sanzioni o pretendere condanne, ma per fare quello che è proprio del giornalismo: far conoscere vicende, raccontare personaggi, svelare retroscena.
Vicende, personaggi, retroscena che, in questo caso, segnano la storia del Paese, toccano il cuore della politica italiana, eppure – incredibilmente – non hanno mai avuto uno spazio adeguato sui giornali o nelle tv. Ecco dunque questo documento, pubblicato per rendere disponibile a tutti la conoscenza di vicende troppo poco o per niente raccontate dai media. La requisitoria di Nico Gozzo e Antonio Ingroia contiene una mole imponente di informazioni, frutto di anni e anni di ricerche, di centinaia di testimonianze e di documenti che sarebbe un delitto seppellire in un archivio polveroso, consegnandole all’oblio.
Certo, non è usuale che – in questo come in altri casi del recente passato – agli strumenti giornalistici si sostituiscano atti giudiziari. Non è normale. Ma, di fronte all’enormità della vicenda italiana, saltano anche i generi letterari per raccontarla. Il giornalismo, dopo aver pazientemente percorso la strada del resoconto e dell’inchiesta, della cronaca e del reportage, finisce per doversi avventurare in nuovi percorsi. In qualche caso il giornalismo cerca di realizzarsi nella fuga (ma solo apparente) della fiction, o della satira. In altri casi, all’opposto, si rifugia nell’iperrealismo dei documenti, ritraendosi per lasciar parlare le carte. Dopo tante ricerche, inchieste, reportage e campionari di storie e personaggi italiani, la soggettività cerca di sparire, quasi addolorata per la mostruosità dei propri risultati, e lascia il campo ai freddi fatti, ai nudi documenti.
Ecco dunque, strappato al buio degli scaffali palermitani asciugati dallo scirocco, questo materiale per una storia dei rapporti tra Milano e Palermo, tra gli affari e la criminalità, tra i poteri illegali e la politica. Nodi in gran parte non sciolti. Ed elementi non secondari, in un Paese che, più in generale, ha avuto per sette volte come presidente del Consiglio un uomo che, secondo una sentenza ormai definitiva, è stato, almeno fino al 1980, in rapporti con Cosa nostra. Milano-Palermo, Palermo-Roma. L’impresa e la politica e la criminalità. La storia non si scrive con le sentenze, si sente ripetere, ma chi vorrà scrivere la vera storia d’Italia dovrà pur rendere conto anche dei fatti emersi nelle aule di giustizia.
(Da Dossier Dell'Utri, Kaos edizioni, 2005)
http://www.societacivile.it
Sunday, April 24, 2005
Discorso di Alex Zanotelli a Fidenza(PR) - 18 marzo 1996
Discorso di Alex Zanotelli a Fidenza(PR)
18 marzo 1996
Buonasera. Vi dico grazie per essere qui, grazie per l'accoglienza. Ho già fatto 3 o 4 incontri: questa mattina con gli studenti, oggi pomeriggio con un gruppo scout (molto bello!), questa sera con il Kindugu (che sostiene un po' il cammino a Korogocho di questa banda della piccola criminalità che sta lentamente cambiando), ed ora con voi. Ho sentito davvero il senso del calore umano, anche stasera, parlando con l'uno, con l'altro. Noi, come preti, qualche volta riusciamo anche ad amare ma troviamo difficile lasciarci amare. Ritengo molto bello questo sentirmi amato. Non ne sono degno (lo sapete molto bene, mi sento un povero diavolo). Ricordo le parole che una priora, la badessa di un convento di clausura, mi ha detto quando assisteva il cognato che stava morendo giovanissimo di cancro (mi sembra sia morto a 41 o 42 anni). Questa badessa delle Clarisse, che lo invitava a tentare di andare avanti, di credere in un Dio che va ben al di là, al di là dei nostri piccoli dubbi, delle nostre crisi, al di là dei popoli, della Storia, mi ha detto: "Alex, io sono rimasta commossa quando quell'uomo - mio cognato - mi ha detto: 'Non preoccuparti, penso che possa morire, e morire sereno perché sono stato troppo amato nella mia vita'". E' bella questa espressione, perché in fondo è quello ciò che è bello poter dire: "Sono stato amato, non solo ho amato". Vi ringrazio davvero per questo essere amato ed accolto, anche se non ne sono degno.
Volevo, prima di tutto, ricordare una cosa a voi che siete presenti qui questa sera: i vostri volti. La dico a tutti, girando in questi giorni, l'importanza di ognuno. Ognuno di voi ha un volto, è un volto! E ognuno di voi è un volto unico ed irripetibile. Questa è la ricchezza più bella che abbiamo. Non sono le vostre macchine, le vostre pellicce, i vostri conti in banca... La ricchezza siete voi, ognuno di voi! Ogni volto è ricco per l'altro. A Korogocho la solenne celebrazione dell'Eucarestia alla domenica mattina dura tre ore (di festa, di canti, ...). Voi quando uscite di chiesa uscite con tanto di muso... Oh che roba! Che tristezza la domenica mattina! Non so mica da dove uscite!... A Korogocho si esce con gioia. E' festa; sono tre ore, ma è festa! E iniziamo con un semplice gesto: ci si guarda in volto e ognuno dà il benvenuto a suo fratello, a sua sorella. Guardatevi in volto e datevi il benvenuto, coraggio! Benvenuti tutti, di cuore. Ci troviamo ricchi gli uni per gli altri dei nostri volti, unica ricchezza che abbiamo.
Mi piace proprio ricordarlo questa sera e vorrei dirlo ad alta voce, in un momento molto difficile per due ragioni. Oggi è il 18 di marzo, e oggi, se non sbaglio, il decreto sugli immigrati decade o verrà trasformato in legge. Un decreto che davvero mi è rimasto qui, sullo stomaco. Quando stava per uscire ero appena arrivato da Korogocho e mi hanno invitato a 'Tempo Reale'. E' stato qualcosa di incredibile, una sofferenza enorme. Provenivo da Korogocho, mi sembrava di trovarmi in una gabbia di matti. Gabbia di matti perché non si poteva neanche parlare (il tempo di Santoro penso che sia un tempo americano, non umano). Ma c'era dell'altro: la gabbia di matti dei politici. L'inquisito Martelli faceva molto più bella figura di tutti i vostri rappresentanti dei maggiori partiti italiani. Siamo decaduti in una maniera spaventosa! La gabbia di matti anche di quest'Italia che era proiettata in quei filmati sul razzismo e la xenofobia. Non mi ero mai illuso sul fatto che noi italiani fossimo razzisti, lo sapevo che lo eravamo. Però non m'aspettavo che saremmo potuti arrivare così in fretta a delle forme di razzismo così acute come ho visto in quei filmati. Sono rimasto di stucco: quella processione a Genova, per esempio, con quelle lampade accese, quelle candele, gridando slogan contro gli zingari. Era una replica (perfetta!) di tattiche del Ku-Klux-Klan, con un odio, una ferocia... Ma come è possibile? Sono proprio caduto dalle nuvole... La percezione era che le forze politiche, almeno certe forze politiche, utilizzavano la xenofobia e il razzismo come tigre da cavalcare per ottenere voti. A quel punto io ne sono uscito... Sono stato così male quella sera... Ero avvilito! Ma come è possibile? State attenti, se lasciate i vostri politici cavalcare questa tigre andiamo dritti alla Jugoslavia. Le Jugoslavie nascono così, non nascono mica in maniera differente. Non so che cosa ha fatto il governo, se ha lasciato decadere il decreto oppure se lo ha trasformato in legge. Io non riesco ad accettare quel decreto, al di là degli aspetti costituzionali. Ci sono anche degli aspetti buoni, ma è stato fatto come ricatto da parte delle forze politiche sulla Finanziaria. Ma i poveri già pagano in maniera incredibile la Finanziaria della nostra economia! Ricattare i poveri in mezzo a noi, gli immigrati, sulla Finanziaria è per me proprio una beffa di certe categorie politiche che non capiscono nulla. Bisogna proprio essere cinici per fare lavori del genere! Vi dico tutta la mia amarezza, questa sera, davanti ad un decreto legge che davvero mi ha fatto stare male. Io spero, chiedo, che il popolo italiano discuta sull'immigrazione, perché è importante che si arrivi ad una legge-quadro. Ogni governo deve avere una legge, ma che venga da un dibattito pubblico e che dia davvero la possibilità a chi soffre in mezzo a noi, agli immigrati, di avere un inserimento. E lo faccio in nome della nostra memoria di popolo italiano. Gli immigrati sono l'1,6% della popolazione, secondo statistiche del governo; la Caritas le contesta, accettiamole pure. L'1,6% di presenza di immigrati in questo paese: è il dato più basso d'Europa, il più basso! Mi scandalizza profondamente che i politici vengano a dirci che costituiscono una minaccia per l'ordine pubblico. Ma siamo matti? Perdiamo perfino la nostra memoria, ci dimentichiamo che fino a ieri siamo emigrati anche noi. Dal 1861 al 1961 il popolo italiano è stato una continua onda di emigrazione verso l'Australia, verso il Brasile, verso il Nordamerica, ovunque! Per cercare un tozzo di pane. Sapete quanti milioni di italiani sono nati da quell'emigrazione? Tanti! 60 milioni! E ci scandalizziamo, ci arrabbiamo e ci facciamo prendere in giro da quattro politici (beceri, perché bisogna essere beceri per fare discorsi del genere) per l'1,6% di presenza di immigrati in mezzo a noi, che costituirebbero adesso la nuova minaccia alla sicurezza? Lasciatemi dire di sentirmene profondamente amareggiato...
Porto questa sciarpa perché davvero credo in quello che rappresenta. Me l'ha data l'altro giorno ad Arezzo la segretaria generale dei popoli indigeni di tutta l'America Latina. Una donna davvero meravigliosa, mi ha fatto un'impressione incredibile. Quando ho parlato mi ha abbracciato e mi ha detto: "Alex, portala!". E' molto bella! Non è l'iride, è una specie di iride ma non è l'arcobaleno, non è la bandiera della Pace; è la bandiera lanciata nel '92 dai popoli indigeni e la sua bellezza è che non ci sono colori primari e ogni colore aiuta l'altro a distaccarsi, ognuno aiuta l'altro ad essere se stesso. E' quello che Tonino Bello chiamava la "convivialità delle differenze". Ormai siamo un villaggio economico, diventeremo sempre di più anche un villaggio multietnico, multirazziale, multireligioso. O impariamo a trovarci ricchi gli uni gli altri delle nostre differenze o non ce la faremo più a vivere a questo mondo. Ecco il cuore dell'appello all'accoglienza, pur nel rispetto della legge, che vi faccio questa sera a nome degli immigrati in mezzo a noi. Ragioniamo su queste cose, non lasciamoci prendere in giro o giocare sulla xenofobia perché è di una estrema pericolosità. Sono partito dai nostri volti, sono andato ai volti degli immigrati in mezzo a noi, permettetemi di essere qui questa sera a parlare dei volti delle vittime dell'Impero. Anche gli immigrati sono parte delle vittime dell'Impero; se vengono in mezzo a noi è perché fuggono, in buona parte, da situazioni disperate. Se pensate che terrete gli immigrati fuori con l'esercito, dimenticatevelo. L'Impero Romano ha tentato di farcela, molti anni fa, con i cosiddetti barbari (che poi non so chi era più barbaro, se i barbari o i romani; dipende molto da dove vedete la storia, da come la leggete). Questi cosiddetti barbari non solo non sono rimasti fuori, nonostante lo strapotere delle legioni romane, ma lentamente sono entrati e alla fine hanno preso l'Impero come un frutto cotto. La disperazione porta i popoli a gesti che sono il prodotto di un sistema economico mondiale impazzito. Ve lo dicono i volti di questa gente, ve lo dicono i volti di Korogocho...
A molti di voi è stata data la mia 'lettera agli amici', il tentativo di ricordare, semplicemente, i volti della mia gente, i volti di chi soffre a Korogocho. Volevo riprendere, leggendoli, soltanto due o tre volti, per essere brevi e per darvi il sentore di cosa significa vivere nei sotterranei della Vita e della Storia. Vorrei ricordare tre volti. Il volto di Giuliana, "abbandonata con tre figli dal marito, che sospettava che la moglie avesse L'AIDS... Giuliana non riuscì più a pagare l'affitto della baracca... Il padrone buttò fuori dalla stanzetta lei, i bimbi e le poche masserizie... Giuliana (già grave) passò quella giornata sulla strada battendo i denti e sotto shock. La Piccola Comunità Cristiana riuscì a trovarle a tarda sera un'altra baracca, dove, alla rinfusa, ammassarono le poche masserizie". Quel giorno era stato destinato, molto tempo prima, al suo Battesimo. Era lei che aveva chiesto, da tantissimo tempo, di essere battezzata. Sapeva che stava venendo meno e quella sera era stata designata come la sera del suo Battesimo. Quel giorno lo aveva vissuto buttata fuori al freddo (certi mesi a Nairobi fa veramente freddo), era lì intirizzita, in fase quasi terminale di AIDS. Quando l'ho vista alla sera, nell'altra baracca dove era stata portata, l'ho vista mentalmente persa e mi sono detto: "Forse non vale proprio la spesa neanche di andare avanti con il Battesimo perché non capisce nulla". Ma poi ci ho riflettuto e mi sono detto: "Ma chi sono io? Chi sono io per giudicare? A Lei che ha continuamente chiesto di averlo, non è forse il momento di dare questo segno dell'acqua come segno della fedeltà di un Papi che, quando tutti ci abbandonano, Lui non ci pianta?". "...E riandai alla figura di Agar, la schiava di Abramo, dalla quale ebbe un figlio, ma che Sara prontamente scacciò di casa. 'Agar se ne andò e smarrì per il deserto di Bersabea. Tutta l'acqua dell'otre era venuta a mancare. Allora Agar depose il fanciullo sotto un cespuglio e andò a sedersi di fronte, alla distanza di un tiro d'arco, perché diceva: "Non voglio vedere morire il fanciullo". Quando gli si fu seduta di fronte, egli alzò la voce e pianse. Ma Dio udì la voce del fanciullo' (Gen. 21, 14-19). Agar, figura emblematica di tutte le donne-schiave della storia, di tutte queste donne di Korogocho... Di Giuliana, che pochi giorni dopo, abbandonata, moriva in quella baracca. Volto di Giuliana, volto di Martin... Uno dei raccoglitori di rifiuti nella discarica. Stroncato dal male, a sera tardi, davanti alla sua baracca, vegliato durante la notte dalla sua gente perché quel corpo non fosse sbranato dai cani. Lo trovai al mattino, ai bordi della stradina, adagiato in mezzo ai rifiuti, avvolto da uno stuolo di mosche... Tolsi lo straccio nero, e vidi quel volto tumefatto.... Guardo e riguardo: è il volto del crocefisso... 'Dio mio, Dio mio, Dio mio assente e lontano! Io ti chiamo di giorno e tu muto... E io invece un verme, non uomo, un obbrobrio di uomo, un rifiuto!' (Salmo 22). Un 'rifiuto' tra i rifiuti ai bordi della discarica, a pochi metri dall'acquitrino dove si era gettata per disperazione Joan...". Joan era una donna di 28 anni, per buona parte drogata, prostituta. So che quel giorno è stata violentata ripetutamente e poi battuta con spranghe di ferro alla testa. Disperata, ha preso la rincorsa e si è buttata in questo acquitrino che chiude Korogocho. L'avevo salvata varie altre volte Joan. Mi ricordo una notte: mentre stavo pregando nella cappellina sento urla, esco e vedo che Joan tenta di buttarsi dentro. La prendo, la porto con me dentro nella baracca, in questo angoletto per pregare. Si butta lì in un cantone e piange; poi, all'improvviso, me la vedo che scatta in piedi e comincia a buttare via i vestiti che aveva addosso. "Ma cosa fai, lo spogliarello proprio davanti al Santissimo?". E dice: "Alex guarda! Ma guarda il mio corpo! Ma tu non capisci nulla!". Quando vedete i corpi di queste ragazze... Mamma, che roba! "...dove si era gettata per disperazione Joan, a fianco del 'fiume' Nairobi, le cui acque puzzano come quel 'rifiuto' fuori le mura di Gerusalemme... Pregai con la gente della discarica per dare dignità a quest'uomo che non l'ha mai avuta. Questo dare dignità ai poveri! Come quella sera quando entrammo nella baracca di un giovanotto distrutto dall'AIDS... Non riuscivamo neanche ad entrare in quella baracca sommersa dall'acqua (pioveva a catinelle). Per ripararsi Njuguna aveva messo un pezzo di nylon sopra il letto - l'unica maniera perché pioveva da tutte le parti - (il tetto era tutto un buco!)". Questo giovane era in fase terminale di AIDS, è morto poi tre giorni dopo. "...Ovunque sputi, rifiuti, vomito, ... "Ho sete" fu l'unica parola che riuscì a dire. Corremmo a prendergli un bicchiere d'acqua. Volevamo celebrare l'Eucarestia, ma non c'era neanche un angolo dove mettere il pane... Ma forse era già celebrata, anche senza pane e vino, con quell'acqua ("Ho sete")... quel corpo 'spezzato' di quel giovane abbandonato da tutti, anche dai suoi familiari... (la 'messa' dei disperati, l''acqua' della speranza)". Sono volti, volti delle vittime del Sistema, volti scavati, volti di chi paga pesantissimamente un Sistema mondiale assurdo (mondiale ma anche locale, è la stessa cosa a Nairobi). Questi volti, i volti di Martin, di Joan, di Giuliana, di Njuguna, sono i volti della gente di Korogocho. Korogocho è una delle tante baraccopoli, è costruita su di una collina a schiena d'asino, lunga 2 Km. e mezzo, larga 1 e mezzo, su cui sono accatastati 100.000 abitanti almeno. Nairobi, questa bellissima città, chiamata la 'città del sole', è circondata da una paurosa corona di spine: le baraccopoli. Costruita dagli inglesi, è una città bella, almeno nelle zone-bene, mentre il centro è caotico come in tutte le grandi città. Nairobi ha oggi 3 milioni di abitanti. Prospettive demografiche dicono che dovrebbe avere 18 milioni di abitanti tra vent'anni. L'urbanizzazione è spaventosa in Africa.
Quello che è sconcertante, a Nairobi, è proprio questa spaccatura tra la gente che sta bene, che vive da nababbi, e quella che vive nella miseria più nera. Sono due mondi, fianco a fianco. Di ricchezza ce n'è a non finire a Nairobi. Vorrei pregarvi che nessuno qua dentro si metta in testa che sono venuto per puntare il dito contro qualcuno. Assolutamente! Io non ho bisogno di venire a Fidenza per puntare il dito contro di voi. Se voglio puntare il dito, a 3 Km. da Korogocho c'è Muthaiga, con delle ville che voi ve le sognate. E' la contraddizione del Sistema che mi sta a cuore e sulla quale vorrei che rifletteste: questa divisione assurda, incredibile, fra gli straricchi e gli strapoveri. Gli straricchi sono i volti neri al potere, legati alla comunità indiana che controlla almeno l'80% del commercio. Oggi, ovunque in Africa, la spaccatura tra le élite al potere e le masse è incredibile, è uno dei grandi tradimenti di questo continente. E' proprio una voragine tra questi due mondi. Le statistiche che vi do non sono mie, sono molto attendibili perché vengono dall'ambasciata americana, non certo dal governo kenyano. L'ambasciata americana ha fotografato Nairobi pezzo per pezzo con un aereo militare, poi ha messo insieme la mappa ed è arrivata a queste conclusioni: il 60% della popolazione di Nairobi, su 3 milioni 1,7-1,8 milioni, vive nell'1% della terra disponibile. Vive in baracche questa gente accatastata, io dico 'sardinizzata', nell'1% della terra disponibile. E di terra ne avete a non finire, terra bellissima... Quello che è ancora più grave è che questa gente non possiede neanche questo 1% della terra. Questo 1% appartiene al governo, ed il governo può arrivare quando e come vuole, vi dà 24 ore di preavviso e poi 'sbologna' tutti, sotto il tiro delle mitragliatrici dell'esercito (ci ritorneremo, sul ruolo delle armi). Ancora più grave (io non ho visto questa situazione altrove): l'80% della gente che vive in baracche vive pagando l'affitto, che vuol dire che l'80% non possiede neanche la baracca. E l'affitto costa: almeno un quarto delle entrate va per pagare l'affitto. Capite allora i problemi enormi che ci sono per fare una lotta per la terra. I poveri sono già spaccati tra loro (dovendo pagare l'affitto delle baracche ad altri abitanti della baraccopoli - N.d.R.), ma poi c'è tutto il resto... Il degrado è spaventoso, a tutti i livelli, fino a giungere al degrado sanitario. Noi oggi calcoliamo che nelle baraccopoli di Nairobi il 50% sia già sieropositivo: stiamo andando verso la tragedia. Quando vivete dentro queste realtà vedete a occhio nudo l'impoverimento, un Sistema dove tu puoi fare quello che vuoi ma non c'è nulla da fare. Smettetela di dire che i poveri non lavorano, ma finitela! Se volete vedere gente che lavora, venite a vedere le donne, gli sforzi che fan lì dentro: si portano per Km. e Km. sulla schiena quintali di banane, di roba... Mamma, che fatica! Per guadagnare quasi nulla! E' la femminizzazione dell'impoverimento, perché è la donna, l'anello debole della società, che paga pesantissimamente questo sistema economico. Solo un esempio dell'impoverimento: noi calcoliamo che a Korogocho ci siano oggi 5.000 ragazzi (dai 5 ai 10 mila!) che sono fuori della scuola elementare. Ci sono scuole elementari tenute dal governo, ma per entrarci bisogna pagare. Dai 5 ai 10 mila ragazzi oggi sono sulla strada perché i genitori non possono permettersi il lusso di pagare l'entrata in prima elementare. Un esponente del Comune di Nairobi mi ha confermato che è vero. Tra dieci anni pensiamo che il 50% dei ragazzi di Nairobi non riuscirà ad entrare in prima elementare. Questa voragine immensa si allarga, i poveri non la possono passare. Il più grande giornale del Kenya, il 'Daily Nation' (non è mica 'il Manifesto' o 'Liberazione', appartiene all'Aga Khan, ad una delle più grandi multinazionali) ha avuto il coraggio di dire, qualche mese fa, che il sistema economico in Kenya è un apartheid economico. E' forse l'unica definizione esatta del sistema: pura apartheid economica!. Nairobi è in piccolo quello che in grande trovate a livello mondiale: il 20% della popolazione mondiale detiene l'80% delle ricchezze di questo mondo e le usa, le spende, le spande come crede opportuno (e questo 20% lo trovate qui come a Nairobi, come a Johannesburg, come a Kinshasa, come a S.Paolo in Brasile...).
Prima di analizzare questo Sistema, permettetemi alcune battute sulla nostra esperienza dentro Korogocho (tenterò di essere breve perché ci sono parecchie cose importanti che vorrei condividere con voi sul 'qui'...). Io ci sono sceso, sono 5 anni che ci vivo dentro. Ho iniziato da solo, poi è venuto padre Gianni Nobili e adesso c'è padre Antonio D'Agostino. In più c'è Gino, un bravissimo laico di Brescia, e lentamente dovremmo avere una piccola comunità di laici, o, meglio, di laiche, di donne che si inseriranno con noi. Cos'è che abbiamo fatto? Abbiamo semplicemente accettato l'idea di inserirci in questa situazione al limite del vivibile. Abbiamo preso anche noi una baracca, viviamo come vive la gente. Quando cominciate a vivere come vivono loro, vi 'partono' subito dei chili. Mi son perso subito 20 chili, ma dopo sono stato molto meglio, vuol dire che non ne avevo bisogno (e penso che anche buona parte di voi può perdere 20 chili senza perdere nulla...). Beviamo quello che beve la gente, andiamo a comperarci l'acqua con le lattine. Camminiamo come camminano tutti, dentro questo formicaio umano, decine e decine di Km. al giorno. Siamo alla mercé della violenza. Korogocho è violenza totale, una violenza spaventosa. Potete essere accoltellati in qualsiasi angolo, dove qualcuno vi aspetta. Possono sfondare la porta della baracca, tagliandovi il lucchetto, come a tutti i poveri. Non vi porteranno via molto, un pezzo di materasso... E' solo quando scendete agli inferi, quando sentite sulla vostra pelle quello che significa sofferenza, la sofferenza dei poveri, quando vedete questi volti, quando udite il grido delle vittime, un grido immane, che vi sentite toccati dentro e cambiate.
Quello che cerchiamo di fare là dentro è, essenzialmente, essere quello che è stato Gesù. Gesù ha preso carne nella Galilea, la zona più depressa della Palestina. E' stato volto luminoso dell'Abbà, come lui chiamava Dio, del Papi. Volto luminoso del Papi a chi? A tutte le vittime del Sistema: i lebbrosi, le prostitute, i poveri, gli affamati, i diseredati, le vedove. E' stato speranza, volto luminoso, tenerezza, carezza, e ha fatto sorgere un movimento dei poveri dentro la Galilea. E' quello che tentiamo di fare anche noi dentro questa drammatica realtà di Korogocho: essere segno di speranza, di tenerezza, ... A volte è la gente stessa che ci dice, durante la preghiera: "Signore, ti ringraziamo perché Antonio, Gianni potrebbero essere sull'erba fresca a Ngong Road, a recitare le loro preghiere. Invece sono qui, nella merda, nella puzza. Sono qui con noi ed è segno che Tu non ti sei dimenticato di noi". Ecco il significato: proprio come ha fatto Gesù, anche noi abbiamo guardato ai più emarginati dentro Korogocho. Ce ne sono molti... Li abbiamo identificati, per esempio, nella gente della discarica, gente disprezzata da tutti. La discarica è una collina davanti a Korogocho sulla quale arrivano centinaia di camion ogni giorno: scaricano i rifiuti della nettezza urbana (sono i rifiuti dei ricchi, non c'è nettezza urbana per i poveri a Nairobi). Scaricano, e su questi scarichi (mamma, che impressione!) piombano addosso come avvoltoi 30 o 40 uomini per prendersi un pezzettino di rifiuti: si tratta di vita o di morte. Tutto è raccolto, ma tutto! Tappi di bottiglie, dentifrici usati, pezzi di bottiglia, ... Migliaia di persone vivono sul riciclato. Sono disprezzati da tutti. Sono i poveri che disprezzano ed emarginano altri poveri. Smettetela di pensare che i poveri sono i buoni e i ricchi sono i cattivi. E' teoria marxista, non è vero! I poveri ed i ricchi sono uguali, sono peccatori tutti! E' molto importante tenerla questa distinzione, per capire che Dio è il Dio dei poveri. Non perché i poveri sono buoni, ma perché Dio è Dio. Dio non è il Dio del Sistema, è il Dio degli schiavi, degli esclusi, delle vittime del Sistema; è il loro Dio perché Lui è Dio. E' molto importante questo, è il cuore dell'esperienza biblica. Emarginati come la gente della discarica sono i ragazzi di strada: disprezzati, presi in giro, lerci, ce ne saranno almeno 30.000 a Nairobi (vi do le statistiche minime). A Korogocho sono migliaia. E se avete la sfortuna di nascere donna a Korogocho, quello che vi rimane è la via della prostituzione, non c'è altra strada; e, con la prostituzione, l'emarginazione, il disprezzo, la violenza sessuale... Vi ricordate Joan? I giovani, molto spesso, entrano nel giro della droga, dell'alcoolismo, per vivere si mettono insieme e diventano le cosiddette bande armate; sono emarginati, temuti, sospettati da tutte le parti. Infine, i malati di AIDS. I più gravi sono quelli che in baraccopoli pagano lo scotto di tutto. Sono soprattutto donne, in buona parte donne con bimbi. Una tragedia, con tutta l'emarginazione che ci sta dietro. A questa gente noi abbiamo dato la priorità. Già Korogocho è emarginazione, ma dentro l'emarginazione c'è gente più emarginata. Lavoriamo con tutti, ma diamo la priorità ai più poveri, ai più emarginati, dentro la poveraglia che è Korogocho. Ecco allora nascere quelle che sono le Comunità. Le potete chiamare 'comunità terapeutiche', dove diamo la priorità alla Parola. La Parola ha una forza immensa di mettere persone in piedi, di dar loro dignità, di guarirle dentro; insieme con la Comunità, che è la vera terapia per rimettere persone in piedi. E' nata la prima Comunità Cristiana della discarica. E' stato durissimo tentare di mettere insieme questa gente: non si fidano di nessuno perché nella loro vita sono stati traditi da tutti, ed è vero. Ce n'è voluto! Oggi è nata un'amicizia bellissima con loro... Mamma, che roba! Con questa Comunità, ogni lunedì mattina, da quasi quattro anni, mi incontro a leggere il Vangelo, a sentire i loro problemi. Si sono costituiti adesso in piccola cooperativa e, con l'aiuto di Gino Filippini che ha fatto un bellissimo lavoro, hanno spiazzato tutti i mediatori, tutti! E' la Comunità adesso che compra tutto il riciclato che prima veniva venduto ai mediatori, i quali poi strozzavano i poveri. La novità: il guadagno della Comunità non va ad arricchire pochi; tutto il guadagno viene distribuito (ecco l'economia di uguaglianza) fra i ragazzi di strada, o alle donne che vengono a vendere il loro riciclato, che prima venivano strozzate mentre adesso si tende a dare loro un prezzo maggiorato. La gente stessa della Comunità può lavorare fuori della discarica, sempre sui rifiuti ma fuori, impacchettando la carta, caricando pezzi di vetro sui camion, ... E' nata tutta un'economia, ma un'economia che vede anche l'aspetto sociale. Per esempio, si sono finalmente convinti di mandare una delle donne della discarica a fare un corso di infermieristica. Quando l'ha finito l'hanno assunta e la pagano con il guadagno per fare l'infermiera: c'è un piccolo dispensario per quando vengono feriti. Voi non avete un'idea della discarica. Provate soltanto a pensare che gli ospedali di Nairobi, invece di bruciare i rifiuti come dovrebbero, mandano camion pieni che vuotano tutto: siringhe, sangue, ... tutto! Provate a immaginare: gente che gratta rovistando, le ferite, i problemi... Ecco un primo segno di speranza.
Un secondo segno di speranza nella discarica è la seconda Comunità: una Comunità bellissima, fatta soprattutto di donne. Cosa fanno? Dentro la discarica c'è sempre meno lavoro perché quello che arriva è pochissimo ed è il rifiuto dei rifiuti; i rifiuti buoni rimangono in città e i ricchi già ci mettono le mani su quelli. Allora abbiamo iniziato, attraverso amici, a contattare le grandi compagnie, i grattacieli, e adesso la seconda Comunità va a pulire i grattacieli o varie zone di Nairobi. Riesce lentamente - lentamente! - a vivere su questo guadagnandoci. Sono piccoli segni di speranza, ma davvero è gente stupenda, che ha soprattutto un'umanità straordinaria. Questo sta aprendo vie nuove anche per i ragazzi di strada, con i quali lavora padre Antonio. Antonio sta lavorando moltissimo, soprattutto per creare punti di incontro dove questi ragazzi di strada possano essere accolti e sentirsi amati; hanno bisogno soprattutto di questo. Per loro stanno nascendo possibilità nuove per poter vivere, proprio per la pulizia in città, la raccolta dei giornali, ... . Le ragazze, l'ho detto prima, hanno ormai, come unico spazio per poter sopravvivere, la prostituzione. Abbiamo tentato di costituirle in piccola Comunità anche loro. Joan, quella ragazza che ho ricordato che si è buttata nell'acquitrino, quando è riapparsa... Mamma, che roba! E' riapparsa la settimana dopo... Abbiamo chiesto per tutta la giornata alla polizia di portare via il corpo che galleggiava sulle acque (con le braccia distese, sembrava una croce galleggiante). Nulla da fare... Alla sera abbiamo chiesto ad alcuni ragazzi di trascinarla verso riva. Ancora la polizia non arrivava, siamo andati giù nel cuore della notte con alcuni cristiani. E non dimenticherò mai la preghiera su quel corpo. Il catechista ha fatto una preghiera davvero incredibile. Ha detto: "Signore, perdonaci! Perché se questa ragazza s'è buttata dentro è colpa nostra. Ecco il risultato del peccato che viviamo qui a Korogocho". Joan era una di quelle che avevano formato la Udada, la 'sorellanza'. Fanno croci come questa, che porto proprio in solidarietà con loro, fanno collane, per cercare di tirarsi fuori dal ciclo della prostituzione. Abbiamo 50 o 60 ragazze che in buona parte sono già uscite ed è questo un altro tentativo importante per rimetterle in piedi. Poi vi ricordo i ragazzi Kindugu, una squadra criminale che si è trasformata in Piccola Comunità. Ho raccontato prima a chi sostiene questo gruppo del Kindugu che il cammino è durissimo ma andiamo avanti tentando lentamente di rimettere in piedi questi ragazzi. Infine, i malati di AIDS. Vi sembrerà strano, in una società, in un mondo come il vostro, dove voi valete tanto quanto producete, o valete tanto quanto avete soldi o altro, che noi dedichiamo la buona parte del nostro tempo, come preti, ad assistere chi muore di AIDS. Eppure è questo, in fondo, il Dio in cui credo: il Dio di questa gente. Tutte le sere, dalle nove alle undici, andiamo, con la Piccola Comunità Cristiana, nelle baracche dove c'è un malato di AIDS. Immaginatevi 10, 15 persone accalcate dentro che pregano. La mia Fede è molto debole, eppure si sta rafforzando perché sono loro che mi dicono chi è Dio. Ed è incredibile vedere questi ragazzi, queste ragazzine, ri-dirvi chi è Dio per loro. Mamma, che roba! Sono momenti in cui toccate il mistero. Io sono critico perfino delle mie esperienze interiori di fede; molto spesso dubito, per cui mi faccio un'autocritica spietata. Eppure, io davvero devo dire che lì c'è qualche cosa, e cosa ci sia è mistero. Solo due episodi, per dirvi cosa significa. Ricordo che una sera siamo andati a pregare per una ragazza di vent'anni, Nancy, malata di AIDS, molto grave. All'Offertorio ha chiesto di pregare. Una preghiera lunghissima, sarà durata sette o otto minuti, a voce aperta; i poveri pregano molto! Ha detto: "Papà (Baba), lo so, sono molto ammalata. Però Tu, Papà, Tu che puoi tutto, Tu puoi guarirmi. Guariscimi! Ti chiedo di guarirmi non per me, ma per questo mio bimbo - aveva il bimbo a fianco, di due anni. Ha solo me. Guariscimi, Papà! Però, Papà, se Tu non vuoi guarirmi, se Tu vuoi che venga da Te, eccomi, Papà!". Non sono ragazzine che vengono dal catechismo o dall'Azione Cattolica. Sono ragazzine che sono vissute sul marciapiede.
Ricordo Florence, una ragazzina che ha iniziato a prostituirsi a undici anni; a quindici anni ha avuto il verdetto che aveva L'AIDS, è morta a sedici. Tre giorni prima che morisse sono entrato da lei. Eravamo solo quattro: due preti, un giovane kenyano e lei. Mi sono seduto, ho guardato il volto, un volto scarnificato dall'AIDS. Le ho detto: "Florence, siamo venuti per dirti che ti siamo vicini. Lo so che tutti ti hanno abbandonato, tutti - anche la mamma due giorni prima l'aveva piantata. Siamo qui per dirti che ti siamo vicini". Ma poi le ho detto: "Florence, dimmi una cosa. Ma chi è il volto di Dio per te?". E lei si è fermata, perché non se l'aspettava una domanda simile. Si è fermata in silenzio, poi il volto si è illuminato con un sorriso incredibile. Ha detto: "Alex, ma sono io il volto di Dio!".
Eccovi il volto del mistero! I poveri sono soggetti, sono loro che ci evangelizzano, sono loro che proclamano Dio a noi. Non perché sono buoni e bravi, ma perché Lui è buono, perché Lui è il loro Dio! Ecco il cuore del mistero che viviamo. Ma ricordatevi che Korogocho è peccato! E' un grido immane che sale a Dio, perché non è concepibile che in questo mondo i figli di Dio vivano a questa maniera. E' peccato! Vi ho detto prima che a Nairobi c'è apartheid economica. Ma è un'apartheid che rispecchia l'apartheid economica globale: il 20% del mondo vive possedendo l'80% delle risorse di questo mondo. Le usa, le spende, le spande come vuole. E' la grande forbice del 20% che si arricchisce a spese dei due terzi dell'umanità, che diventano sempre più poveri. Questa apartheid economica sta portando a disastri incredibili. Vi cito la Banca Mondiale; non un istituto missionario, la Banca Mondiale, cuore di questo Sistema. La Banca Mondiale vi dice che a questo mondo ci sono un miliardo e centocinquanta milioni di esseri umani che sono inutili, azzerati. Cioè, non hanno più né possibilità di lavoro, né di essere aiutati in chiave di assistenza medica, nulla! Una volta i poveri almeno venivano sfruttati. Oggi i poveri non servono neanche più per essere sfruttati. Un miliardo e centocinquanta milioni di volti. Di questi almeno quaranta milioni all'anno muoiono di fame, in buona parte bimbi e donne. Un sistema economico che vi porta a un macello del genere (capirete perché sono obbligato a dirlo) è un sistema ingiusto, immorale, è un sistema di peccato! Ecco la mia prima provocazione alla Chiesa: quand'è che la Chiesa avrà il coraggio di dire questo? A volte, in certi documenti, si è spinta a parlare di strutture di peccato. Ma qui c'è qualcosa di ben più grosso: è un sistema di peccato! Parlavo l'anno scorso con padre Nolan, uno dei migliori teologi africani, un domenicano bravissimo, eletto ad essere Maestro Generale. Ha rifiutato per ritornare in Sudafrica a lottare contro l'apartheid. Mi diceva: "Alex, ma ti meravigli di questo? C'è voluto un secolo per le Chiese in Sudafrica prima di arrivare a dire che il sistema dell'apartheid era peccato. E ci sono arrivate alla fine, poco prima che l'apartheid crollasse. Di quanti secoli ancora avranno bisogno le Chiese per arrivare a dire che questo Sistema, che procura un disastro del genere, è peccato?". Questa è una cosa importante, fondamentale.
Permettetemi di aiutarvi a cogliere cos'è questo Sistema, in pochissime battute. Uso i termini politici vostri (ormai in politica non si capisce più nulla; almeno io non ci capisco più nulla, se voi ci capite... Sento parlare di poli, di cespugli... E' una giungla, altro che la giungla africana!): per me questo Sistema è fatto da tre poli (mi perdonerete se uso il linguaggio dei poli, ma forse richiama qualche cosa...). Il primo è il polo dell'economia; o, meglio, della finanza, perché oggi è predominante la finanza. A questo è legato il polo del militare. E terzo il polo dei mass-media. Un polo aiuta l'altro a reggersi in piedi. Prima di tutto, l'economia. Se voi pensate che il 21 aprile andrete ad eleggere le persone che decideranno il vostro futuro, siete una banda di illusi! I vostri politici oggi possono decidere ben poco. Rendiamoci conto che chi decide sono le forze economiche. E' l'economia, la finanza, che decide praticamente tutto! Questo è importante, se non lo comprendiamo stiamo qui a perdere tempo. Dobbiamo ritornare a parlare di primato dell'economico. L'altro giorno sono stato invitato a Roma ad un dibattito interno ai giudici, per capire un po' questo tipo di realtà. Ho parlato, me lo hanno chiesto, e ho ascoltato un professore che ha presentato il problema dell'economia mondiale, della finanza. Solo a sentir parlare di che razza di flussi ci sono oggi in chiave finanziaria... Mamma, che roba! Voi spostate miliardi e miliardi così, semplicemente, e fate miliardi e miliardi... E' un mondo virtuale, non c'è più neanche il mondo reale. E' la finanza, è lì il cuore di tutto. Questo ormai spiazza via tutto: Stati, tutto... I giudici appunto si domandavano: "Ma allora cos'è lo Stato? Di grazia, cosa è lo Stato di Diritto?". Boh! Se davvero è l'economia che decide tutto, non vi sorprende più neanche la vostra situazione politica. Vi sorprendete che non capite più cos'è la destra e cos'è la sinistra? Ma perché è un unico omologato economico. Non pensate mica che voi possiate distinguere i democratici dai repubblicani negli Stati Uniti: ma neanche per sogno! E' la stessa realtà perché la politica è funzionale, semplicemente, a quello che l'economia decide, se no è fuori. E' importante questo, è fondamentale. Questo mondo economico, la finanza, che è il 20% del mondo, che detiene l'80% delle risorse di questo mondo, non potrebbe mai continuare a tenere botta, a controllare questo 80% dei prodotti, dell'energia, se non fosse per il potere militare. Se ancora credete che l'esercito italiano, che le armi servano a difendere i confini o le patrie, siete, di nuovo, una banda di illusi. Neanche Spadolini, che Dio l'abbia in gloria, credeva più a balle del genere! Le armi servono unicamente a mantenere sfruttamento e ricchezza, punto e basta! Il 20% del mondo non mollerà mai le armi. Mai, soprattutto quelle atomiche. Ormai non distinguete più l'economico dal militare. Sono un unico ed inscindibile legame, che è difficilissimo tagliare. E qui permettetemi alcune battute gravissime sulla nostra situazione italiana. E' incredibile il silenzio che avete mantenuto davanti ad una Finanziaria che ha tagliato le vostre spese sociali, mentre il bilancio della Difesa è salito da 25.000 a 31.000 miliardi. Per fare che cosa? Tra poco, lentamente (non passeranno certo per il Parlamento...), vi faranno trangugiare il Nuovo Modello di Difesa, che prevede un esercito di professionisti (e quando parlate di uomini forti, in questo paese, con l'esercito di professionisti, sapete cosa significa...). In questo paese, e perdonatemi se sono così duro, chi ha comandato in questi anni non è stato lo Stato di Diritto, sono state le forze economiche, congiunte con i militari. E il militare è tutto 'coperto', sapete molto bene da chi: dai servizi segreti, dalle logge, siano esse P2 come massoniche. E' questo il cuore di tutto, non prendetevi in giro! Con altrettanta chiarezza: questo sistema economico-militare ha assoluto bisogno dei mass-media. Ecco perché, in Italia, ci sono due grandi complessi (il potere economico!) che controllano praticamente tutti i mass-media. Due! Negli Stati Uniti (dove si parla tanto di libertà, ma la smettano!...) tutto è controllato da 10 grandi complessi industriali. Tutto!
I mass-media sono la voce del padrone e servono essenzialmente a due scopi. Primo, ideologico: creano in noi l'illusione che questo è l'unico Sistema possibile. Secondo: servono a renderci tubi digerenti. Produciamo? Dobbiamo consumare. Ci fanno consumare! In particolare state attenti alla televisione. Ho visto, quando sono passato per Assisi, un testo molto bello, di cui è già uscita negli Stati Uniti la seconda edizione: 'Cristiani in una società consumistica'. Leggetelo, perché è potente. E' di un gesuita americano. Guardate quello che vi dice della televisione: "Si calcola che l'americano medio guardi la televisione almeno 26 ore la settimana pari a 13 anni continui della nostra vita media". Provate a pensare, 13 anni davanti a quel televisore! Ma poi, più grave ancora: "Dato che la pubblicità occupa fino al 27% della fascia oraria di maggiore ascolto, potenzialmente potremmo trascorrere in media l'equivalente di tre interi anni della nostra vita guardando unicamente annunci pubblicitari". Provate a pensare, 3 anni!... "...il loro implacabile messaggio aggredisce l'autostima e la percezione di milioni di persone: i tuoi capelli sono troppo lunghi, i tuoi capelli sono troppo corti, la tua pelle è troppo chiara o troppo scura, i tuoi odori sono nocivi, sei troppo grasso, troppo magro, hai troppi difetti, devi avere un reggiseno sportivo già dalla quinta elementare o non avrai amici, il tuo seno è terribilmente grande o troppo piccolo, puoi fermare il traffico con un reggiseno 'Maidenform', sarai frigido o impotente se non usi 'Hai Karate' o 'Musk'". Tre anni a sentirvi roba del genere...
Capite il potere dei mass-media, un potere immenso. Questo gesuita conclude così, in maniera glaciale, ma coglie il cuore: "La costrizione al consumo è diventata per noi tanto profonda quanto il bisogno di sopravvivere, perché il Modello consumistico rivela che il nostro stesso essere e scopo sono calcolati unicamente in termini di ciò che possediamo. (...) Noi siamo solo finché possediamo. Siamo ciò che possediamo. Di conseguenza siamo posseduti da ciò che possediamo, prodotti dai nostri prodotti. Rifatti ad immagine e somiglianza della nostra stessa merce, ci riveliamo essere beni di consumo. L'idolatria esige da noi il suo pieno prezzo, siamo derubati della nostra stessa umanità". Notate: "l'idolatria". Permettetemi di dirvi che il problema grosso non è l'ateismo. L'ateismo è forse già il primo passo, da noi, per tentare di fare un atto di Fede, perché chiaramente bisogna sbarazzarsi del Dio del Sistema. Perché Dio non può essere il Dio del Sistema. Il problema nostro è l'idolatria! E io ho la netta impressione che le nostre Chiese, le Chiese del Nordamerica, le Chiese dell'Europa, sono in buona parte, oggi, Chiese idolatriche, funzionali a questo Sistema. E siamo noi! Non pensiamo mica a chissà chi... Da qui capite che, in questo Sistema, l'idolatria ci porta a che cosa? Ad adorare la Cosa. E perché adoriamo la Cosa diventiamo cose! Ecco il problema. Se c'è una cosa che mi ha impressionato, girando 3 mesi per l'Italia, è proprio il fatto che questo Sistema ci distrugge in chiave personale; è come acido che ci corrode. Distrugge le coppie. Ho lasciato molte coppie bellissime nel '91, felicissimamente sposate, impegnate. Ritorno, e me le ritrovo... Mamma, che roba! E non è questione caratteriale. Sembrano tutte fatte su copione le crisi. E' questione che questo Sistema ci rende cose. Ma poi cosa volete in qualche modo condividere anche dentro la famiglia? Non c'è più nulla! Capite allora la droga, capite i suicidi, che sono in aumento ovunque... M'han detto che qui in Emilia-Romagna si spendono miliardi in ansiolitici nelle farmacie. Stiamo diventando matti: dobbiamo prendere pillole! Ci deruba della nostra umanità, è un Sistema che ci rende cose! E questo Sistema ci rende, lo sapete molto bene, il futuro impossibile. L'ipoteca fondamentale sul futuro è quella ecologica. Gli scienziati americani vi danno 50 anni per cambiare; dopodiché, dicono, avremo già intaccato le falde ecologiche di questo mondo: le future generazioni non potranno più vivere a questo mondo... 50 anni! Questo macello ecologico l'abbiamo fatto noi, 20% del mondo. Provate a pensare quando l'altro 80% del mondo vivrà come viviamo noi... Ma chi ci potrà più vivere a questo mondo? La FIAT sta andando in Cina ad aprire le fabbriche. Provate a pensare se invece di un miliardo di biciclette avrete un miliardo di macchine FIAT... Ma chi respirerà più a questo mondo? Questo Sistema non è più esportabile. Dobbiamo già noi stessi rimetterlo in discussione, perché andando avanti di questo passo non c'è futuro in chiave ecologica! Gandhi lo aveva espresso in una battuta stupenda (una!), nel '38 ancora, quando un giornalista inglese gli chiedeva: "Mahatma, quando tu avrai ottenuto l'indipendenza dell'India, riuscirai a portare l'India allo stesso livello economico dell'Inghilterra?". E Gandhi aveva risposto: "Fratello mio, se ci son volute metà delle risorse di questo mondo per fare arrivare l'Inghilterra lì dove è arrivata, di quanti mondi avrà bisogno l'India, per arrivare lì dove è arrivata l'Inghilterra?". E' tutto qui il problema: su questa strada non c'è futuro. Ormai l'alternativa non è più un'utopia, è l'unica cosa decente che abbiamo fra le mani e che possiamo fare. L'alternativa è necessaria! Permettetemi allora di 'saltare' al propositivo. Direte subito: "Ma cos'è che possiamo fare noi?". Ritorno ai vostri volti. Se c'è una cosa che è incredibile sono i volti, unici ed irripetibili. Se viviamo in questo Sistema è perché noi lo vogliamo. Non lamentatevi di Maccanico, di Dini, ... A proposito: mamma, che roba! Abbiamo parlato prima delle forze economiche in questo paese. Ma le forze economiche vi esprimono perfino i governi economici, talmente sono chiare. E' inutile che andiate a dare la colpa in su. Se noi abbiamo i governi che abbiamo, i politici che abbiamo o l'economia che abbiamo, è perché noi li vogliamo così! A me ha fatto un'impressione enorme Martin Niemoller (uno dei grandi resistenti contro Hitler, insieme con Bonhoeffer. Martin Niemoller è sopravvissuto al campo di concentramento di Dachau, Bonhoeffer è stato invece impiccato). Quando Martin Niemoller è uscito, alcuni giornalisti gli hanno chiesto: "Martin, cosa dici del popolo tedesco? Tutti hanno mollato tutto davanti al nazismo: Chiese, Sindacati,... Tutti! Erano quattro gatti che hanno fatto la resistenza al nazismo, quattro gatti! Cosa dici?". E Martin è stato splendido. Ha detto: "Siamo tutti colpevoli". 'Siamo', non 'Siete', 'Siamo'! Se ci siamo su questa barca è perché tutti noi lo vogliamo. Era stato Martin Niemoller che aveva detto quella famosa frase: "Quando la Gestapo ha cominciato a venire ad arrestare i comunisti, io non ho detto nulla perché non ero un comunista. Quando la Gestapo è venuta per arrestare gli ebrei, io non ho detto nulla perché non ero un ebreo. Quando la Gestapo è venuta per arrestare i sindacalisti, non ho detto nulla perché io non ero un sindacalista. Quando è venuta per arrestare i cattolici, non ho detto nulla perché io non ero un cattolico. Quando alla fine son venuti per arrestare me, non c'era più nessuno per parlare". La logica è questa. Ecco perché ritorno ai vostri volti di questa sera. Se siete qui, è perché voi avete le potenzialità, dentro ognuno di voi, per cambiare. Ognuno di noi ha dentro le proprie mani la forza, come diceva Gandhi, della Satyagraha, la forza della verità; come dice Gesù, la forza dell'amore, una bomba atomica! Uscite dal senso di impotenza.
Dopo il peccato di idolatria, il più grave peccato di questa società è, per me, il peccato di impotenza. Sentite che ognuno di voi può fare, anche se dà un piccolo contributo, qualcosa di eccezionale. Sono i poveri che me l'hanno insegnato. Per fare questo, però, avete bisogno di fermarvi un attimo. Se siete non credenti, fate un po' di silenzio; ovunque volete, ma fatelo. Se siete sposati, andate insieme in qualche montagna. Un fine settimana, prendetevi 2 o 3 giorni; il venerdì sera andate su in qualche cascina e fate silenzio. Se siete sposati, fatelo insieme (è importante!). Per la prima volta ragionerete insieme e insieme tenterete di parlarvi. Non ci si parla più! Se siete credenti, trovate dei momenti di preghiera, di contemplazione. Fatelo anche come coppia. Andate dove volete (può essere Spello, può essere un monastero, può essere una cascina...), ma fate dei momenti di silenzio, riflettete. Se vi fermate, vedete subito la nostra follia collettiva. E allora cominciate a ragionare. Quando cominciate a ragionare sul primato dell'economico, subito dite certe cose... Quando ero a Comacchio mi ha introdotto un vecchio prete, avrà avuto dai 60 ai 70 anni. Ha detto 3 o 4 parole, una più saggia dell'altra: "Quando io ero un giovane prete e mi preparavo al 'Moralone' - grande esame dei preti, 'Teologia Morale' - avevo volumi e volumi così sul sesto comandamento. Sulla giustizia? Avevano dato 20 paginette... Dice: 'No, non preoccuparti, puoi leggerle anche all'ultimo momento, nessuno ti farà neanche una domanda su quella roba'". Come credenti abbiamo tradito tutto. Ma come è possibile che come Chiesa abbiamo avuto il coraggio di prendere tanto seriamente il sesto comandamento, e ci sono solo tre detti di Gesù sul sesto comandamento, fino ad arrivare a dire che non c'è neanche parvità di materia sul sesto comandamento? Sull'economia, dove avete i detti più duri di Gesù, dove Gesù è di una crudezza... Ma cosa ne abbiamo fatto? Ad una donna che prende la pillola io devo dire: "Tu non puoi andare a fare la Comunione". Se sono fedele al Magistero Pontificio è quello che devo dire. Un uomo che ha un miliardo in banca, mentre c'è gente che muore di fame, può andare tranquillamente alla Comunione, perché quelli sono soldi suoi. Questo non è né Vangelo, né Morale, né nulla... E' morale borghese, se volete, e basta. Dobbiamo cominciare a prendere seriamente questo benedetto Vangelo. Per quanto so io, è Chiavacci (prete professore all'Università di Firenze) l'unico moralista che ha tentato di fare questo lavoro in Italia (e forse è anche per quello che è emarginato!). Riassume l'insegnamento di Gesù e del Nuovo Testamento in chiave di economia con due comandamenti (non son consigli, non certo i consigli evangelici di noi frati, che ne abbiamo fatto uno scempio). Due comandamenti! Primo comandamento: non puoi arricchirti. Secondo comandamento: se tu hai, per qualsiasi ragione che sei venuto ad avere, hai per condividere. Provate a tradurre questo po' po' di roba nelle vostre scelte quotidiane: avete una rivoluzione tra le mani! Non ditemi che è la Chiesa, che noi non possiamo far nulla... Ma sono balle, autentiche! Il Vangelo è una rivoluzione, non c'è nulla da fare. E se la Chiesa vuole essere dura sul sesto comandamento, mi va benissimo: facciamola la profezia. Ma chi ci accusa di moralismo ha ragione, perché non facciamo la profezia su tutto. La facciamo sul sesso, ma facciamola allora anche sull'economia. C'è gente a volte che viene qui e comincia a dirmi sull'aborto: "Ma perché tu non parli?". Se volete parlare di aborto accetto tutto il discorso dell'aborto. Ma chi è dentro il 'Movimento per la Vita', per favore, la smetta di parlare solo di aborto. O se vuol parlare di aborto, ci sto, ma che parli anche dei morti di fame, che parli contro la pena capitale, perché o facciamo profezia o se no smettiamola di prenderci in giro.
Permettetemi allora di scendere al concreto. Nasce in questi giorni la Banca Etica. Non lasciatela fallire!. La Banca Etica è il primo tentativo in questo paese di coniugare, sul controllo dei soldi, Fede, Vangelo ed economia. Non è mica un'invenzione, è una Banca. Grazie all'AGESCI, alle ACLI, a varie altre organizzazioni che hanno dato qualcosa. Ma siamo ancora lontani... (dall'obbiettivo dei 2 miliardi, capitale minimo richiesto dalla legge per poter aprire una banca - N. d. R.). La Banca Etica vi permette che cosa? Il controllo dei soldi. Sapete che le banche danno i soldi per tutte le cose più assurde di questo mondo: narcotraffico, commercio d'armi, soldi rubati, tangenti, ... Di tutto! La Banca Etica offre per la prima volta la possibilità di depositare i soldi e dire: "Voglio che questi soldi vengano investiti in questo campo". E sono investiti in quel campo. E' il controllo dei soldi. Non voglio ritornare a Korogocho e sentirmi dire che la Banca Etica è fallita! Si tratta di far girare un libro sulla Banca Etica. Uscirà in questi giorni, mi hanno chiesto l'introduzione. Potete trovare anche al CEDOC un sacco di informazioni. Mi meraviglia che in una città come Fidenza non sia ancora partito il Commercio Equo e Solidale. Ma è possibile? Con un'assemblea così splendida come la vostra di questa sera, non riuscite a trovare 20 persone che si mettono insieme per far partire un negozio? Ma andate in Comune, domandate una stanza! Ho qui la mozione di un Comune come Fano. Sono molti i Consigli Comunali che hanno deciso questo tipo di roba. Ma cosa aspettate? Il Commercio Equo e Solidale è fondamentale. Ha le sue pecche, non tutto è perfetto. Ma è uno degli strumenti importanti. Se voi riusciste a raggiungere il 2%, per esempio, del caffè venduto, immediatamente i vostri supermercati a Fidenza comincerebbero ad allarmarsi: se ne accorgono subito! E' una delle vie importanti. E' uscito in questi giorni il libro: 'Guida al consumo critico', di Gesualdi. Gesualdi è un discepolo di don Milani. Gesualdi non fa mica questo come lavoro, è un uomo come tutti voi: lavora, fa l'infermiere in ospedale a Pisa. Ha fatto questo lavoro nel suo tempo libero. Qua dentro trovate tutto: prodotti per l'igiene personale, pane, cracker, snack, orzo, camomilla, marmellata, mele, salami, latticini... Cosa è che vi fa? Per ognuna di queste cose vi dà: la compagnia che la produce (i vari marchi quando andate al supermercato), come paga gli operai, se accetta i sindacati, ... Questo vi porta esattamente a che cosa? Al consumo critico. Cioè a consumare, ma a consumare criticamente, a comperare criticamente. Voi potete andare al supermercato e trovarvi un giocattolino: "Ohi, ma guarda che bello, costa così poco...". Poi scoprite qua dentro che è fatto da una compagnia che utilizza bambini di 10 anni in Thailandia, ve li fa lavorare 15 ore al giorno, ve li sottopaga. E' chiaro che costa poco. Lo comperate, fate parte della linea di sfruttamento... Questo deve portare a boicottaggi, a campagne contro certe compagnie. Provate a pensare se a Fidenza, per esempio, le parrocchie si aggregassero e dicessero: "Lanciamo una campagna sul tal prodotto, perché...". Ma pensate alla forza! Avete una forza incredibile... Una volta, sembra proprio il medioevo ormai, si diceva: "Lavoratori, unitevi!". Mamma, che roba, sembra il medioevo... Oggi bisogna dire: "Consumatori, unitevi!". Avete una potenza enorme tra le mani, ma enorme. Il gigante imperiale ha i piedi d'argilla; questa è una delle maniere per batterlo. E le compagnie hanno una paura boia. La Nestlé - c'è una piccola campagna che mandano avanti in Italia, ma fatta da 4 gatti - ha convocato tutti i capi prima di Natale. Hanno davvero paura! Uscirà a giorni, presso l'EMI, il testo degli scienziati di Wuppertal, che hanno fatto questo rapporto sotto l'egida della 'Misereor', un'organizzazione cattolica tedesca. Gli scienziati di Wuppertal chiedono al popolo tedesco che abbia il coraggio, nei prossimi 50 anni (i fatidici 50 anni...), di tagliare il proprio consumo di energia, di prodotti, del 90%... Provate a pensare: 90%! Sono scienziati a dirlo! Per esempio, i "Beati i Costruttori di Pace" hanno lanciato il progetto 'Bilanci di Giustizia' per le famiglie. Fatelo girare. Una maniera per vedere davvero come famiglia che cosa consumate, dove è che spendete, cosa potete tagliare. E' molto importante. Tocca ad ognuno di voi muovervi. Tocca alle parrocchie. Ma è concepibile, per esempio, che le parrocchie continuino ad andare avanti con queste feste pagane che sono le Prime Comunioni, le Cresime, ...? Non parliamo poi dei matrimoni: è paganesimo puro! Un giorno ero a Pisa in una chiesa e, quando ho finito di parlare, un uomo è venuto e mi ha detto: "Alex, una ragazza che conosco personalmente, l'altro giorno, s'è comperata un vestito da sposa di 18 milioni". La chiesa che fa questo tipo di matrimonio fa peccato! Ma andate a sposarvi in Comune, perché andate in chiesa a prendere in giro quel povero Cristo? E' tutta una presa in giro questa roba. Provate a pensare se le parrocchie di Fidenza avessero il coraggio di dire: "Basta!". Pensate che botta sarebbe!... Dobbiamo tutti iniziare a parlare. Pensate ai vostri Natali. Io mi son visto questo Natale... Che roba! Ma è concepibile? I miliardi che avete speso per le luminarie... "Auguri!", "Buon Natale!"... Ma non trovavo neanche un cane per strada a dirmi: "Buon Natale!". Ma diteglielo "Buon Natale!" a qualcuno, non scrivetelo spendendo miliardi! Usciamo da certe logiche! A questo livello mi permetto di appellarmi al Consiglio Comunale di Fidenza, perché costituisca la 'Casa per la Pace', un vero Centro per tutte queste iniziative, non una stanzetta come ha il CEDOC. Tantissimi Comuni si sono organizzati. Ma tocca a voi cittadini darvi da fare, muovetevi!
Sul militare dovrei farvi lunghissimi discorsi, perché avrei dovuto parlarvi della violenza. Non riesco ad entrarci. Il discorso della nonviolenza per la Chiesa, mi porterebbe lontanissimo. Solo un appello: l'importanza dell'obiezione di coscienza, soprattutto per le ragazze. Ma è possibile che l'Anno di Volontariato delle ragazze non sia ancora decollato? Dobbiamo arrivare a sentire che tutti i ragazzi e le ragazze devono avvertire lo spendere un anno della propria vita per la comunità come un obbligo? Ma questa è educazione civica! Nella Val di Cembra, in Trentino, tutti i sindaci della valle (sono 20 o 30) mandano a tutti i giovani dai 16 ai 18 anni una cartolina in cui si dice: "Carissimo ragazzo, è arrivato il tuo tempo per la Leva militare. Sappi che se vuoi hai un'alternativa alla Leva: vieni il tal giorno, ti presenti in una tal sala e ti sarà spiegato". Questo per i ragazzi e per le ragazze. E' educazione civica, il Sindaco non decide per nessuno. Tocca ai Consigli Comunali promuovere questo po' po' di roba. Avete delle possibilità enormi a questo riguardo. Dobbiamo far nascere qualcosa di radicalmente nuovo. Una coscienza nuova. Soprattutto le Chiese, che ritornino al principio fondante della nonviolenza, il cuore del Vangelo! E le Chiese non ne vogliono ancora sapere...
I mass-media, il terzo polo, non è uno scherzo. Per questa ragione vi chiedo: fate girare letteratura alternativa. Ce n'è, ce n'è tanta, anche in Italia. Ciclostilate, ma poi intervenite, parlate alle radio, scrivete ai giornali, rendetevi soggetti. E state attenti a quella televisione... Voi votate con quel telecomando. Quando la RAI o Berlusca vi chiedono 10 milioni di televisori aperti su un programma, è il momento di spegnerla. In questi giorni di Quaresima, in preparazione alla Pasqua, se potete anche questa sera, andate a casa, impacchettate il televisore e mettetelo in cantina fino a Pasqua. Forse riuscirete, marito e moglie, a parlarvi; forse i genitori riusciranno a parlare ai figli. Non c'è altra via, dobbiamo fare anche pulizia mentale! Permettetemi una parola sull'aspetto politico. Vi ho detto, e ho usato parole molto gravi, "...è l'economia che decide tutto". Viviamo un momento estremamente grave in chiave politica: non defilatevi! E non sono qui a dirvi per chi votare, per carità... Tocca a voi! Ma non defilatevi, trovate vie per esprimervi politicamente. Avete un testo bellissimo - fatelo girare - 'C'è un tempo per tacere e un tempo per parlare', dove il Cardinal Martini lancia un monito molto duro. Non sto qui adesso a leggervi tutto, ma contiene una frase molto dura: "Non è in gioco la libertà della Chiesa, in Italia è in gioco la libertà dell'uomo. Non è in gioco il futuro della Chiesa, è in gioco il futuro della democrazia. E' un momento grave per tutti noi, un momento non per tacere ma per parlare". Girando per l'Italia, in questi giorni, ho trovato alla base due realtà bellissime. Tanta gente sana (voi stasera siete espressione di questo popolo sano che tenta minimamente di ragionare). Ce n'è tanta; è minoranza, ma minoranza consistente. E tanti gruppi: gruppi, gruppuscoli, associazioni, di tutti i tipi e di tutte le razze. Nessun paese in Europa ha una tale ricchezza. Eppure tutto questo rimane sommerso. Fatelo emergere! Altrimenti qualchedun altro farà opinione al vostro posto. Ecco perché tentiamo di vedere (e, dopo l'assemblea, ne parlerei con i rappresentanti di gruppi, anche venuti da fuori) se si riesce ad arrivare ad un referente unico in chiave regionale, proprio per tentare di far uscire, di far emergere questo sommerso.
E' troppo importante questo discorso. Permettetemi di concludere con alcune brevissime riflessioni, fondamentali per tutto il discorso, per questo 'Il gigante ha i piedi d'argilla'. Non potete illudervi di resistere da soli. Questo Sistema, se tentate di resistere da soli, vi travolge tutti! Ci corrode dentro, corrode la società, i tessuti sociali, le comunità, sfalda tutto. Se volete fare resistenza, se siete non credenti costituitevi in piccoli gruppi di riflessione; se siete credenti (e questo le parrocchie dovranno lentamente impararlo) costituite Piccole Comunità di base. Comunità, non gruppi, dove c'è un rapporto interpersonale vero. Perché in questa società ormai non esiste più nulla, e le nostre famiglie stanno saltando per quello. Comunità dove vi sono rapporti veri di amicizia, di fraternità, di calore umano. Comunità dove il primato va alla Parola; ma la Parola deve portare inesorabilmente all'analisi sociale della realtà, se no non è Parola (la Parola è anche idolatrica). Tutto questo deve portarvi all'impegno. Ma se l'impegno deve portarvi a correre da una manifestazione all'altra, a fare di tutto, diventate matti! Già diventiamo matti in questo Sistema per sopravvivere, se dovessimo diventar matti a fare resistenza... E' il Sistema che vince alla fine! Ogni Piccola Comunità cristiana si specializzi in un aspetto, si impegni in un'unica cosa. Fate quello ma fatelo bene. E poi concatenatevi! Guardate l'esperienza del Nordamerica, il cuore del Golia imperiale, dove così avviene la resistenza: si uniscono, attraverso Internet o computer o quel che volete voi, e sanno quello che uno fa, si passano documenti... I credenti hanno gioito che sia caduto il marxismo all'Est. Abbiamo detto: "Finalmente sono cadute le dittature! Sapevamo, avevamo ragione noi". Il marxismo diceva e dice che l'uomo è fatto dalle strutture, dalla società. Ha sempre detto: "Cambiate le strutture e l'uomo cambia". Ci hanno provato all'Est: non è vero, non è avvenuto. I cristiani hanno sempre detto: "Cambia l'uomo e la società necessariamente cambia". Beh, non è vero. Non è vero! E ci siamo dimenticati persino di domandare perdono per questi 40 anni. I credenti sono grandemente responsabili per quello che è avvenuto in questo paese in questi 40 anni. Dobbiamo ancora chiedere perdono, il che è importante. Cito di nuovo un cattolico, se no mi dicono subito che io sono chissà chi: l'arcivescovo Hurley, di Durban, Sudafrica, uno dei grandi resistenti all'apartheid. Afferma che "nel corso di 20 secoli, l'esperienza cristiana ha cambiato uomini da così in così (Saulo in un Paolo, Francesco figlio di Bernardone, che si sognava di essere grande commerciante di Assisi, in un Francesco radicalmente differente). Eppure, anche in 20 secoli, non c'è mai stata nessuna società che sia stata trasformata dalla logica evangelica". Nessuna! Ambedue hanno fallito: il marxismo ha fallito; l'esperienza cristiana ha fallito in questo senso. Due intuizioni, due grandissime intuizioni. Ritengo che l'intuizione cristiana è fondamentale ed è fondante: i volti! Ogni uomo è un volto.
Ricordo il colloquio con Curcio, nel '91. Era allora in galera e ha chiesto di vedermi. Mi ha detto: "Alex, sai lo sbaglio che abbiamo fatto noi brigatisti? Prendere seriamente Machiavelli, il fine che giustifica i mezzi. Oggi la mia conversione sta in questo: credo che ogni uomo è fine a se stesso; io non posso usare una persona per qualche altra cosa, per quanto nobile possa essere". Allora è vero quello che dice l'esperienza cristiana: la conversione può venire solo da una persona; quindi la conversione è un appello personale. Ma una persona è parte di una struttura, necessariamente. E se io dico che mi converto, ma non mi rendo conto che devo convertire la struttura che sta attorno a me, la struttura e la società che stanno attorno a me mi riporteranno ad essere quel pagano che ero prima. Dobbiamo iniziare a coniugare questo benedetto personale con lo strutturale e con il sociale! Se non lo facciamo tradiamo tutto. E' fondamentale. Troppo della nostra esperienza, anche di Chiesa, è intimistica, è schizofrenia religiosa. L'esperienza cristiana ha una dinamica sociale, economica, politica. E' il sogno di Dio, di un mondo alternativo a quello che abbiamo tra le mani. Se questa sera ho dato l'impressione a qualsiasi persona qui presente di aver demonizzato qualsiasi realtà, chiedo perdono. Perché ritengo, ed è questa un'altra grande riflessione proveniente dalle Comunità nordamericane, che l'impero del denaro, l'economia, lo Stato, la televisione, non sono mica demoniaci in sé. Sono demoniaci perché noi li abbiamo resi demoniaci. Abbiamo bisogno dell'economia, abbiamo bisogno dei soldi, abbiamo bisogno di tante cose. Le potenze (l'economia, il denaro, ...) sono buone, ma sono decadute. Ma sono redimibili! Tocca a voi, ecco la sfida come credenti, ma anche come non credenti, che abbiamo tra le mani.
Ecco l'appello che faccio a voi: di darvi da fare per trasformare queste potenze, perché sono redimibili. E mi appello, in particolare, alle donne: donne, non vendetevi a questo Sistema! E' un Sistema maschilista, legato al militarismo, legato all'economicismo più bieco che ammazza ed uccide. Voi donne avete dentro di voi tre valori che sono: l'amore per la vita, voi generate vita; la nonviolenza; la tenerezza. Voi che siete la maggioranza del genere umano, fateli entrare, che diventino il principio portante di quell'uomo nuovo che Balducci diceva deve nascere se vogliamo che si salvi l'umanità, se no davvero andremo giù tutti per la piena. Voi donne avete un'importanza fondamentale per far nascere questo 'uomo planetario', geneticamente nuovo. Mi appello a voi perché so che voi, proprio perché generate vita, sarete capaci anche di generare un Sistema nuovo, un uomo nuovo. E' fondamentale il vostro ruolo. Sto girando per l'Italia, come un cretino se volete. Tanti mi dicono: "Ma cosa fai?". L'altro giorno ero giù in Puglia. Nevicava, son 'sbucato' così in una scuola e i ragazzi mi hanno detto: "Ma chi te lo fa fare di andare in giro come un cretino, così, per l'Italia? Ma a che pro?". Sto spendendo le mie vacanze - son queste le mie vacanze! - girando, parlando, perché i poveri mi danno la fiducia e la speranza che davvero la vita vince e deve vincere. Se sono qui è perché sono stati loro che mi hanno contagiato con una carica incredibile di speranza, che viene proprio dalla dimensione di quel Papi che è il Papi dei poveri, degli ultimi, di chi non conta. La 'lettera agli amici' conclude proprio con questa frase molto bella: "E' un sogno.... Ma noi continuiamo a sognare nella profonda convinzione che Dio è fedele, che Dio è il Dio della gente del Mukuru (la discarica), delle ragazze dell'Udada, dei giovani deviati del Kindugu, dei ragazzi di strada, dei malati di AIDS, ... E' il loro Dio! E' il Dio della vittima del Golgota: cane immondo buttato fuori le mura di Gerusalemme. E' questo il Dio che ogni domenica celebriamo nella solenne liturgia. La liturgia domenicale costituisce un punto fondamentale nel nostro esodo verso la libertà. Cantiamo le meraviglie che Dio compie a Korogocho. (...) Per questo balliamo, cantiamo... il Dio della Vita, il Dio che fa germinare il nuovo. Lentamente sta anche nascendo una nuova liturgia: la lode di un popolo oppresso in marcia verso la liberazione... E la gioia esplode, è festa di liberazione! La liturgia, infatti, non è solo memoria, ma è costitutiva della realtà, pone e crea quel mondo che sogniamo in contrapposizione al mondo reale imperiale che crea Korogocho e tutte le Korogocho di questo mondo. E' il sogno di Mosè, dei Profeti, di Gesù... Il grande sogno ritorna con forza... E' questo il sogno che ci lega a migliaia di amici attraverso il mondo, a migliaia di 'comunità di resistenza' (e ai vostri volti di questa sera)". Dice Brueggemann, un biblista che lavora con queste comunità nordamericane: "E' vocazione del profeta tenere vivo il ministero del Sogno, continuare a proporre futuri alternativi al modello che l'impero vuole imporci come l'unico possibile". Il Golia imperiale, io ne sono profondamente convinto, ha i piedi d'argilla. Per farlo crollare abbiamo bisogno di tornare al punto dal quale siamo partiti: ai volti delle vittime, alla capacità di ritornare ad indignarci! Mi permetto di concludere attraverso l'esperienza di uno dei grandi resistenti contro Hitler, con un testo che a me ha fatto molta molta impressione. E' l'esperienza di Kaj Munk, un pastore protestante che ha resistito contro Hitler ed ha aiutato i danesi alla resistenza. E' stato preso ed ucciso come un cane nel 1944. Notate quello che dice: "Qual è il compito del predicatore oggi? Dovrei rispondere Fede, Speranza, Carità. Sembra una bella risposta, ma vorrei dire piuttosto: Coraggio. Ma no, neppure questo è abbastanza provocatorio per costituire l'intera verità. Il nostro compito oggi è la Temerarietà, perché ciò di cui noi come Chiesa manchiamo non è certamente né di psicologia né di letteratura. Quello che a noi manca è una santa Collera, una santa Collera! La temerarietà che scaturisce dalla conoscenza di Dio e dell'umanità, la capacità di indignarsi quando la giustizia giace prostrata sulle strade e quando la menzogna furoreggia sulla faccia della Terra, una santa collera contro tutto ciò che nel mondo è ingiusto. La collera contro il saccheggio della Terra del Signore e la distruzione del mondo di Dio, la collera perché i bambini devono morire di fame mentre le tavole dei ricchi si piegano sotto il peso delle vivande, la collera per l'indulgenza di tanti verso la Chiesa, che non si avvede di poter vivere solo grazie alla verità e ignora che la nostra paura sarà la morte di tutti noi. Quello che ci è necessario è di perseguire senza sosta quella temerarietà che saprà lanciare la sua sfida e di cercare di cambiare la storia umana finché essa giunga a conformarsi alle norme del Regno. E ricordatevi - dice Kaj Munk, sentite com'è bello - i simboli della Chiesa cristiana sono sempre stati il leone, l'agnello, la colomba e il pesce, ma mai il camaleonte! E ricordate anche questo: la Chiesa è il popolo che Dio si è scelto, ma coloro che sono scelti saranno riconosciuti in base alle loro scelte". Grazie a tutti voi!
Alex Zanotelli
18 marzo 1996
Buonasera. Vi dico grazie per essere qui, grazie per l'accoglienza. Ho già fatto 3 o 4 incontri: questa mattina con gli studenti, oggi pomeriggio con un gruppo scout (molto bello!), questa sera con il Kindugu (che sostiene un po' il cammino a Korogocho di questa banda della piccola criminalità che sta lentamente cambiando), ed ora con voi. Ho sentito davvero il senso del calore umano, anche stasera, parlando con l'uno, con l'altro. Noi, come preti, qualche volta riusciamo anche ad amare ma troviamo difficile lasciarci amare. Ritengo molto bello questo sentirmi amato. Non ne sono degno (lo sapete molto bene, mi sento un povero diavolo). Ricordo le parole che una priora, la badessa di un convento di clausura, mi ha detto quando assisteva il cognato che stava morendo giovanissimo di cancro (mi sembra sia morto a 41 o 42 anni). Questa badessa delle Clarisse, che lo invitava a tentare di andare avanti, di credere in un Dio che va ben al di là, al di là dei nostri piccoli dubbi, delle nostre crisi, al di là dei popoli, della Storia, mi ha detto: "Alex, io sono rimasta commossa quando quell'uomo - mio cognato - mi ha detto: 'Non preoccuparti, penso che possa morire, e morire sereno perché sono stato troppo amato nella mia vita'". E' bella questa espressione, perché in fondo è quello ciò che è bello poter dire: "Sono stato amato, non solo ho amato". Vi ringrazio davvero per questo essere amato ed accolto, anche se non ne sono degno.
Volevo, prima di tutto, ricordare una cosa a voi che siete presenti qui questa sera: i vostri volti. La dico a tutti, girando in questi giorni, l'importanza di ognuno. Ognuno di voi ha un volto, è un volto! E ognuno di voi è un volto unico ed irripetibile. Questa è la ricchezza più bella che abbiamo. Non sono le vostre macchine, le vostre pellicce, i vostri conti in banca... La ricchezza siete voi, ognuno di voi! Ogni volto è ricco per l'altro. A Korogocho la solenne celebrazione dell'Eucarestia alla domenica mattina dura tre ore (di festa, di canti, ...). Voi quando uscite di chiesa uscite con tanto di muso... Oh che roba! Che tristezza la domenica mattina! Non so mica da dove uscite!... A Korogocho si esce con gioia. E' festa; sono tre ore, ma è festa! E iniziamo con un semplice gesto: ci si guarda in volto e ognuno dà il benvenuto a suo fratello, a sua sorella. Guardatevi in volto e datevi il benvenuto, coraggio! Benvenuti tutti, di cuore. Ci troviamo ricchi gli uni per gli altri dei nostri volti, unica ricchezza che abbiamo.
Mi piace proprio ricordarlo questa sera e vorrei dirlo ad alta voce, in un momento molto difficile per due ragioni. Oggi è il 18 di marzo, e oggi, se non sbaglio, il decreto sugli immigrati decade o verrà trasformato in legge. Un decreto che davvero mi è rimasto qui, sullo stomaco. Quando stava per uscire ero appena arrivato da Korogocho e mi hanno invitato a 'Tempo Reale'. E' stato qualcosa di incredibile, una sofferenza enorme. Provenivo da Korogocho, mi sembrava di trovarmi in una gabbia di matti. Gabbia di matti perché non si poteva neanche parlare (il tempo di Santoro penso che sia un tempo americano, non umano). Ma c'era dell'altro: la gabbia di matti dei politici. L'inquisito Martelli faceva molto più bella figura di tutti i vostri rappresentanti dei maggiori partiti italiani. Siamo decaduti in una maniera spaventosa! La gabbia di matti anche di quest'Italia che era proiettata in quei filmati sul razzismo e la xenofobia. Non mi ero mai illuso sul fatto che noi italiani fossimo razzisti, lo sapevo che lo eravamo. Però non m'aspettavo che saremmo potuti arrivare così in fretta a delle forme di razzismo così acute come ho visto in quei filmati. Sono rimasto di stucco: quella processione a Genova, per esempio, con quelle lampade accese, quelle candele, gridando slogan contro gli zingari. Era una replica (perfetta!) di tattiche del Ku-Klux-Klan, con un odio, una ferocia... Ma come è possibile? Sono proprio caduto dalle nuvole... La percezione era che le forze politiche, almeno certe forze politiche, utilizzavano la xenofobia e il razzismo come tigre da cavalcare per ottenere voti. A quel punto io ne sono uscito... Sono stato così male quella sera... Ero avvilito! Ma come è possibile? State attenti, se lasciate i vostri politici cavalcare questa tigre andiamo dritti alla Jugoslavia. Le Jugoslavie nascono così, non nascono mica in maniera differente. Non so che cosa ha fatto il governo, se ha lasciato decadere il decreto oppure se lo ha trasformato in legge. Io non riesco ad accettare quel decreto, al di là degli aspetti costituzionali. Ci sono anche degli aspetti buoni, ma è stato fatto come ricatto da parte delle forze politiche sulla Finanziaria. Ma i poveri già pagano in maniera incredibile la Finanziaria della nostra economia! Ricattare i poveri in mezzo a noi, gli immigrati, sulla Finanziaria è per me proprio una beffa di certe categorie politiche che non capiscono nulla. Bisogna proprio essere cinici per fare lavori del genere! Vi dico tutta la mia amarezza, questa sera, davanti ad un decreto legge che davvero mi ha fatto stare male. Io spero, chiedo, che il popolo italiano discuta sull'immigrazione, perché è importante che si arrivi ad una legge-quadro. Ogni governo deve avere una legge, ma che venga da un dibattito pubblico e che dia davvero la possibilità a chi soffre in mezzo a noi, agli immigrati, di avere un inserimento. E lo faccio in nome della nostra memoria di popolo italiano. Gli immigrati sono l'1,6% della popolazione, secondo statistiche del governo; la Caritas le contesta, accettiamole pure. L'1,6% di presenza di immigrati in questo paese: è il dato più basso d'Europa, il più basso! Mi scandalizza profondamente che i politici vengano a dirci che costituiscono una minaccia per l'ordine pubblico. Ma siamo matti? Perdiamo perfino la nostra memoria, ci dimentichiamo che fino a ieri siamo emigrati anche noi. Dal 1861 al 1961 il popolo italiano è stato una continua onda di emigrazione verso l'Australia, verso il Brasile, verso il Nordamerica, ovunque! Per cercare un tozzo di pane. Sapete quanti milioni di italiani sono nati da quell'emigrazione? Tanti! 60 milioni! E ci scandalizziamo, ci arrabbiamo e ci facciamo prendere in giro da quattro politici (beceri, perché bisogna essere beceri per fare discorsi del genere) per l'1,6% di presenza di immigrati in mezzo a noi, che costituirebbero adesso la nuova minaccia alla sicurezza? Lasciatemi dire di sentirmene profondamente amareggiato...
Porto questa sciarpa perché davvero credo in quello che rappresenta. Me l'ha data l'altro giorno ad Arezzo la segretaria generale dei popoli indigeni di tutta l'America Latina. Una donna davvero meravigliosa, mi ha fatto un'impressione incredibile. Quando ho parlato mi ha abbracciato e mi ha detto: "Alex, portala!". E' molto bella! Non è l'iride, è una specie di iride ma non è l'arcobaleno, non è la bandiera della Pace; è la bandiera lanciata nel '92 dai popoli indigeni e la sua bellezza è che non ci sono colori primari e ogni colore aiuta l'altro a distaccarsi, ognuno aiuta l'altro ad essere se stesso. E' quello che Tonino Bello chiamava la "convivialità delle differenze". Ormai siamo un villaggio economico, diventeremo sempre di più anche un villaggio multietnico, multirazziale, multireligioso. O impariamo a trovarci ricchi gli uni gli altri delle nostre differenze o non ce la faremo più a vivere a questo mondo. Ecco il cuore dell'appello all'accoglienza, pur nel rispetto della legge, che vi faccio questa sera a nome degli immigrati in mezzo a noi. Ragioniamo su queste cose, non lasciamoci prendere in giro o giocare sulla xenofobia perché è di una estrema pericolosità. Sono partito dai nostri volti, sono andato ai volti degli immigrati in mezzo a noi, permettetemi di essere qui questa sera a parlare dei volti delle vittime dell'Impero. Anche gli immigrati sono parte delle vittime dell'Impero; se vengono in mezzo a noi è perché fuggono, in buona parte, da situazioni disperate. Se pensate che terrete gli immigrati fuori con l'esercito, dimenticatevelo. L'Impero Romano ha tentato di farcela, molti anni fa, con i cosiddetti barbari (che poi non so chi era più barbaro, se i barbari o i romani; dipende molto da dove vedete la storia, da come la leggete). Questi cosiddetti barbari non solo non sono rimasti fuori, nonostante lo strapotere delle legioni romane, ma lentamente sono entrati e alla fine hanno preso l'Impero come un frutto cotto. La disperazione porta i popoli a gesti che sono il prodotto di un sistema economico mondiale impazzito. Ve lo dicono i volti di questa gente, ve lo dicono i volti di Korogocho...
A molti di voi è stata data la mia 'lettera agli amici', il tentativo di ricordare, semplicemente, i volti della mia gente, i volti di chi soffre a Korogocho. Volevo riprendere, leggendoli, soltanto due o tre volti, per essere brevi e per darvi il sentore di cosa significa vivere nei sotterranei della Vita e della Storia. Vorrei ricordare tre volti. Il volto di Giuliana, "abbandonata con tre figli dal marito, che sospettava che la moglie avesse L'AIDS... Giuliana non riuscì più a pagare l'affitto della baracca... Il padrone buttò fuori dalla stanzetta lei, i bimbi e le poche masserizie... Giuliana (già grave) passò quella giornata sulla strada battendo i denti e sotto shock. La Piccola Comunità Cristiana riuscì a trovarle a tarda sera un'altra baracca, dove, alla rinfusa, ammassarono le poche masserizie". Quel giorno era stato destinato, molto tempo prima, al suo Battesimo. Era lei che aveva chiesto, da tantissimo tempo, di essere battezzata. Sapeva che stava venendo meno e quella sera era stata designata come la sera del suo Battesimo. Quel giorno lo aveva vissuto buttata fuori al freddo (certi mesi a Nairobi fa veramente freddo), era lì intirizzita, in fase quasi terminale di AIDS. Quando l'ho vista alla sera, nell'altra baracca dove era stata portata, l'ho vista mentalmente persa e mi sono detto: "Forse non vale proprio la spesa neanche di andare avanti con il Battesimo perché non capisce nulla". Ma poi ci ho riflettuto e mi sono detto: "Ma chi sono io? Chi sono io per giudicare? A Lei che ha continuamente chiesto di averlo, non è forse il momento di dare questo segno dell'acqua come segno della fedeltà di un Papi che, quando tutti ci abbandonano, Lui non ci pianta?". "...E riandai alla figura di Agar, la schiava di Abramo, dalla quale ebbe un figlio, ma che Sara prontamente scacciò di casa. 'Agar se ne andò e smarrì per il deserto di Bersabea. Tutta l'acqua dell'otre era venuta a mancare. Allora Agar depose il fanciullo sotto un cespuglio e andò a sedersi di fronte, alla distanza di un tiro d'arco, perché diceva: "Non voglio vedere morire il fanciullo". Quando gli si fu seduta di fronte, egli alzò la voce e pianse. Ma Dio udì la voce del fanciullo' (Gen. 21, 14-19). Agar, figura emblematica di tutte le donne-schiave della storia, di tutte queste donne di Korogocho... Di Giuliana, che pochi giorni dopo, abbandonata, moriva in quella baracca. Volto di Giuliana, volto di Martin... Uno dei raccoglitori di rifiuti nella discarica. Stroncato dal male, a sera tardi, davanti alla sua baracca, vegliato durante la notte dalla sua gente perché quel corpo non fosse sbranato dai cani. Lo trovai al mattino, ai bordi della stradina, adagiato in mezzo ai rifiuti, avvolto da uno stuolo di mosche... Tolsi lo straccio nero, e vidi quel volto tumefatto.... Guardo e riguardo: è il volto del crocefisso... 'Dio mio, Dio mio, Dio mio assente e lontano! Io ti chiamo di giorno e tu muto... E io invece un verme, non uomo, un obbrobrio di uomo, un rifiuto!' (Salmo 22). Un 'rifiuto' tra i rifiuti ai bordi della discarica, a pochi metri dall'acquitrino dove si era gettata per disperazione Joan...". Joan era una donna di 28 anni, per buona parte drogata, prostituta. So che quel giorno è stata violentata ripetutamente e poi battuta con spranghe di ferro alla testa. Disperata, ha preso la rincorsa e si è buttata in questo acquitrino che chiude Korogocho. L'avevo salvata varie altre volte Joan. Mi ricordo una notte: mentre stavo pregando nella cappellina sento urla, esco e vedo che Joan tenta di buttarsi dentro. La prendo, la porto con me dentro nella baracca, in questo angoletto per pregare. Si butta lì in un cantone e piange; poi, all'improvviso, me la vedo che scatta in piedi e comincia a buttare via i vestiti che aveva addosso. "Ma cosa fai, lo spogliarello proprio davanti al Santissimo?". E dice: "Alex guarda! Ma guarda il mio corpo! Ma tu non capisci nulla!". Quando vedete i corpi di queste ragazze... Mamma, che roba! "...dove si era gettata per disperazione Joan, a fianco del 'fiume' Nairobi, le cui acque puzzano come quel 'rifiuto' fuori le mura di Gerusalemme... Pregai con la gente della discarica per dare dignità a quest'uomo che non l'ha mai avuta. Questo dare dignità ai poveri! Come quella sera quando entrammo nella baracca di un giovanotto distrutto dall'AIDS... Non riuscivamo neanche ad entrare in quella baracca sommersa dall'acqua (pioveva a catinelle). Per ripararsi Njuguna aveva messo un pezzo di nylon sopra il letto - l'unica maniera perché pioveva da tutte le parti - (il tetto era tutto un buco!)". Questo giovane era in fase terminale di AIDS, è morto poi tre giorni dopo. "...Ovunque sputi, rifiuti, vomito, ... "Ho sete" fu l'unica parola che riuscì a dire. Corremmo a prendergli un bicchiere d'acqua. Volevamo celebrare l'Eucarestia, ma non c'era neanche un angolo dove mettere il pane... Ma forse era già celebrata, anche senza pane e vino, con quell'acqua ("Ho sete")... quel corpo 'spezzato' di quel giovane abbandonato da tutti, anche dai suoi familiari... (la 'messa' dei disperati, l''acqua' della speranza)". Sono volti, volti delle vittime del Sistema, volti scavati, volti di chi paga pesantissimamente un Sistema mondiale assurdo (mondiale ma anche locale, è la stessa cosa a Nairobi). Questi volti, i volti di Martin, di Joan, di Giuliana, di Njuguna, sono i volti della gente di Korogocho. Korogocho è una delle tante baraccopoli, è costruita su di una collina a schiena d'asino, lunga 2 Km. e mezzo, larga 1 e mezzo, su cui sono accatastati 100.000 abitanti almeno. Nairobi, questa bellissima città, chiamata la 'città del sole', è circondata da una paurosa corona di spine: le baraccopoli. Costruita dagli inglesi, è una città bella, almeno nelle zone-bene, mentre il centro è caotico come in tutte le grandi città. Nairobi ha oggi 3 milioni di abitanti. Prospettive demografiche dicono che dovrebbe avere 18 milioni di abitanti tra vent'anni. L'urbanizzazione è spaventosa in Africa.
Quello che è sconcertante, a Nairobi, è proprio questa spaccatura tra la gente che sta bene, che vive da nababbi, e quella che vive nella miseria più nera. Sono due mondi, fianco a fianco. Di ricchezza ce n'è a non finire a Nairobi. Vorrei pregarvi che nessuno qua dentro si metta in testa che sono venuto per puntare il dito contro qualcuno. Assolutamente! Io non ho bisogno di venire a Fidenza per puntare il dito contro di voi. Se voglio puntare il dito, a 3 Km. da Korogocho c'è Muthaiga, con delle ville che voi ve le sognate. E' la contraddizione del Sistema che mi sta a cuore e sulla quale vorrei che rifletteste: questa divisione assurda, incredibile, fra gli straricchi e gli strapoveri. Gli straricchi sono i volti neri al potere, legati alla comunità indiana che controlla almeno l'80% del commercio. Oggi, ovunque in Africa, la spaccatura tra le élite al potere e le masse è incredibile, è uno dei grandi tradimenti di questo continente. E' proprio una voragine tra questi due mondi. Le statistiche che vi do non sono mie, sono molto attendibili perché vengono dall'ambasciata americana, non certo dal governo kenyano. L'ambasciata americana ha fotografato Nairobi pezzo per pezzo con un aereo militare, poi ha messo insieme la mappa ed è arrivata a queste conclusioni: il 60% della popolazione di Nairobi, su 3 milioni 1,7-1,8 milioni, vive nell'1% della terra disponibile. Vive in baracche questa gente accatastata, io dico 'sardinizzata', nell'1% della terra disponibile. E di terra ne avete a non finire, terra bellissima... Quello che è ancora più grave è che questa gente non possiede neanche questo 1% della terra. Questo 1% appartiene al governo, ed il governo può arrivare quando e come vuole, vi dà 24 ore di preavviso e poi 'sbologna' tutti, sotto il tiro delle mitragliatrici dell'esercito (ci ritorneremo, sul ruolo delle armi). Ancora più grave (io non ho visto questa situazione altrove): l'80% della gente che vive in baracche vive pagando l'affitto, che vuol dire che l'80% non possiede neanche la baracca. E l'affitto costa: almeno un quarto delle entrate va per pagare l'affitto. Capite allora i problemi enormi che ci sono per fare una lotta per la terra. I poveri sono già spaccati tra loro (dovendo pagare l'affitto delle baracche ad altri abitanti della baraccopoli - N.d.R.), ma poi c'è tutto il resto... Il degrado è spaventoso, a tutti i livelli, fino a giungere al degrado sanitario. Noi oggi calcoliamo che nelle baraccopoli di Nairobi il 50% sia già sieropositivo: stiamo andando verso la tragedia. Quando vivete dentro queste realtà vedete a occhio nudo l'impoverimento, un Sistema dove tu puoi fare quello che vuoi ma non c'è nulla da fare. Smettetela di dire che i poveri non lavorano, ma finitela! Se volete vedere gente che lavora, venite a vedere le donne, gli sforzi che fan lì dentro: si portano per Km. e Km. sulla schiena quintali di banane, di roba... Mamma, che fatica! Per guadagnare quasi nulla! E' la femminizzazione dell'impoverimento, perché è la donna, l'anello debole della società, che paga pesantissimamente questo sistema economico. Solo un esempio dell'impoverimento: noi calcoliamo che a Korogocho ci siano oggi 5.000 ragazzi (dai 5 ai 10 mila!) che sono fuori della scuola elementare. Ci sono scuole elementari tenute dal governo, ma per entrarci bisogna pagare. Dai 5 ai 10 mila ragazzi oggi sono sulla strada perché i genitori non possono permettersi il lusso di pagare l'entrata in prima elementare. Un esponente del Comune di Nairobi mi ha confermato che è vero. Tra dieci anni pensiamo che il 50% dei ragazzi di Nairobi non riuscirà ad entrare in prima elementare. Questa voragine immensa si allarga, i poveri non la possono passare. Il più grande giornale del Kenya, il 'Daily Nation' (non è mica 'il Manifesto' o 'Liberazione', appartiene all'Aga Khan, ad una delle più grandi multinazionali) ha avuto il coraggio di dire, qualche mese fa, che il sistema economico in Kenya è un apartheid economico. E' forse l'unica definizione esatta del sistema: pura apartheid economica!. Nairobi è in piccolo quello che in grande trovate a livello mondiale: il 20% della popolazione mondiale detiene l'80% delle ricchezze di questo mondo e le usa, le spende, le spande come crede opportuno (e questo 20% lo trovate qui come a Nairobi, come a Johannesburg, come a Kinshasa, come a S.Paolo in Brasile...).
Prima di analizzare questo Sistema, permettetemi alcune battute sulla nostra esperienza dentro Korogocho (tenterò di essere breve perché ci sono parecchie cose importanti che vorrei condividere con voi sul 'qui'...). Io ci sono sceso, sono 5 anni che ci vivo dentro. Ho iniziato da solo, poi è venuto padre Gianni Nobili e adesso c'è padre Antonio D'Agostino. In più c'è Gino, un bravissimo laico di Brescia, e lentamente dovremmo avere una piccola comunità di laici, o, meglio, di laiche, di donne che si inseriranno con noi. Cos'è che abbiamo fatto? Abbiamo semplicemente accettato l'idea di inserirci in questa situazione al limite del vivibile. Abbiamo preso anche noi una baracca, viviamo come vive la gente. Quando cominciate a vivere come vivono loro, vi 'partono' subito dei chili. Mi son perso subito 20 chili, ma dopo sono stato molto meglio, vuol dire che non ne avevo bisogno (e penso che anche buona parte di voi può perdere 20 chili senza perdere nulla...). Beviamo quello che beve la gente, andiamo a comperarci l'acqua con le lattine. Camminiamo come camminano tutti, dentro questo formicaio umano, decine e decine di Km. al giorno. Siamo alla mercé della violenza. Korogocho è violenza totale, una violenza spaventosa. Potete essere accoltellati in qualsiasi angolo, dove qualcuno vi aspetta. Possono sfondare la porta della baracca, tagliandovi il lucchetto, come a tutti i poveri. Non vi porteranno via molto, un pezzo di materasso... E' solo quando scendete agli inferi, quando sentite sulla vostra pelle quello che significa sofferenza, la sofferenza dei poveri, quando vedete questi volti, quando udite il grido delle vittime, un grido immane, che vi sentite toccati dentro e cambiate.
Quello che cerchiamo di fare là dentro è, essenzialmente, essere quello che è stato Gesù. Gesù ha preso carne nella Galilea, la zona più depressa della Palestina. E' stato volto luminoso dell'Abbà, come lui chiamava Dio, del Papi. Volto luminoso del Papi a chi? A tutte le vittime del Sistema: i lebbrosi, le prostitute, i poveri, gli affamati, i diseredati, le vedove. E' stato speranza, volto luminoso, tenerezza, carezza, e ha fatto sorgere un movimento dei poveri dentro la Galilea. E' quello che tentiamo di fare anche noi dentro questa drammatica realtà di Korogocho: essere segno di speranza, di tenerezza, ... A volte è la gente stessa che ci dice, durante la preghiera: "Signore, ti ringraziamo perché Antonio, Gianni potrebbero essere sull'erba fresca a Ngong Road, a recitare le loro preghiere. Invece sono qui, nella merda, nella puzza. Sono qui con noi ed è segno che Tu non ti sei dimenticato di noi". Ecco il significato: proprio come ha fatto Gesù, anche noi abbiamo guardato ai più emarginati dentro Korogocho. Ce ne sono molti... Li abbiamo identificati, per esempio, nella gente della discarica, gente disprezzata da tutti. La discarica è una collina davanti a Korogocho sulla quale arrivano centinaia di camion ogni giorno: scaricano i rifiuti della nettezza urbana (sono i rifiuti dei ricchi, non c'è nettezza urbana per i poveri a Nairobi). Scaricano, e su questi scarichi (mamma, che impressione!) piombano addosso come avvoltoi 30 o 40 uomini per prendersi un pezzettino di rifiuti: si tratta di vita o di morte. Tutto è raccolto, ma tutto! Tappi di bottiglie, dentifrici usati, pezzi di bottiglia, ... Migliaia di persone vivono sul riciclato. Sono disprezzati da tutti. Sono i poveri che disprezzano ed emarginano altri poveri. Smettetela di pensare che i poveri sono i buoni e i ricchi sono i cattivi. E' teoria marxista, non è vero! I poveri ed i ricchi sono uguali, sono peccatori tutti! E' molto importante tenerla questa distinzione, per capire che Dio è il Dio dei poveri. Non perché i poveri sono buoni, ma perché Dio è Dio. Dio non è il Dio del Sistema, è il Dio degli schiavi, degli esclusi, delle vittime del Sistema; è il loro Dio perché Lui è Dio. E' molto importante questo, è il cuore dell'esperienza biblica. Emarginati come la gente della discarica sono i ragazzi di strada: disprezzati, presi in giro, lerci, ce ne saranno almeno 30.000 a Nairobi (vi do le statistiche minime). A Korogocho sono migliaia. E se avete la sfortuna di nascere donna a Korogocho, quello che vi rimane è la via della prostituzione, non c'è altra strada; e, con la prostituzione, l'emarginazione, il disprezzo, la violenza sessuale... Vi ricordate Joan? I giovani, molto spesso, entrano nel giro della droga, dell'alcoolismo, per vivere si mettono insieme e diventano le cosiddette bande armate; sono emarginati, temuti, sospettati da tutte le parti. Infine, i malati di AIDS. I più gravi sono quelli che in baraccopoli pagano lo scotto di tutto. Sono soprattutto donne, in buona parte donne con bimbi. Una tragedia, con tutta l'emarginazione che ci sta dietro. A questa gente noi abbiamo dato la priorità. Già Korogocho è emarginazione, ma dentro l'emarginazione c'è gente più emarginata. Lavoriamo con tutti, ma diamo la priorità ai più poveri, ai più emarginati, dentro la poveraglia che è Korogocho. Ecco allora nascere quelle che sono le Comunità. Le potete chiamare 'comunità terapeutiche', dove diamo la priorità alla Parola. La Parola ha una forza immensa di mettere persone in piedi, di dar loro dignità, di guarirle dentro; insieme con la Comunità, che è la vera terapia per rimettere persone in piedi. E' nata la prima Comunità Cristiana della discarica. E' stato durissimo tentare di mettere insieme questa gente: non si fidano di nessuno perché nella loro vita sono stati traditi da tutti, ed è vero. Ce n'è voluto! Oggi è nata un'amicizia bellissima con loro... Mamma, che roba! Con questa Comunità, ogni lunedì mattina, da quasi quattro anni, mi incontro a leggere il Vangelo, a sentire i loro problemi. Si sono costituiti adesso in piccola cooperativa e, con l'aiuto di Gino Filippini che ha fatto un bellissimo lavoro, hanno spiazzato tutti i mediatori, tutti! E' la Comunità adesso che compra tutto il riciclato che prima veniva venduto ai mediatori, i quali poi strozzavano i poveri. La novità: il guadagno della Comunità non va ad arricchire pochi; tutto il guadagno viene distribuito (ecco l'economia di uguaglianza) fra i ragazzi di strada, o alle donne che vengono a vendere il loro riciclato, che prima venivano strozzate mentre adesso si tende a dare loro un prezzo maggiorato. La gente stessa della Comunità può lavorare fuori della discarica, sempre sui rifiuti ma fuori, impacchettando la carta, caricando pezzi di vetro sui camion, ... E' nata tutta un'economia, ma un'economia che vede anche l'aspetto sociale. Per esempio, si sono finalmente convinti di mandare una delle donne della discarica a fare un corso di infermieristica. Quando l'ha finito l'hanno assunta e la pagano con il guadagno per fare l'infermiera: c'è un piccolo dispensario per quando vengono feriti. Voi non avete un'idea della discarica. Provate soltanto a pensare che gli ospedali di Nairobi, invece di bruciare i rifiuti come dovrebbero, mandano camion pieni che vuotano tutto: siringhe, sangue, ... tutto! Provate a immaginare: gente che gratta rovistando, le ferite, i problemi... Ecco un primo segno di speranza.
Un secondo segno di speranza nella discarica è la seconda Comunità: una Comunità bellissima, fatta soprattutto di donne. Cosa fanno? Dentro la discarica c'è sempre meno lavoro perché quello che arriva è pochissimo ed è il rifiuto dei rifiuti; i rifiuti buoni rimangono in città e i ricchi già ci mettono le mani su quelli. Allora abbiamo iniziato, attraverso amici, a contattare le grandi compagnie, i grattacieli, e adesso la seconda Comunità va a pulire i grattacieli o varie zone di Nairobi. Riesce lentamente - lentamente! - a vivere su questo guadagnandoci. Sono piccoli segni di speranza, ma davvero è gente stupenda, che ha soprattutto un'umanità straordinaria. Questo sta aprendo vie nuove anche per i ragazzi di strada, con i quali lavora padre Antonio. Antonio sta lavorando moltissimo, soprattutto per creare punti di incontro dove questi ragazzi di strada possano essere accolti e sentirsi amati; hanno bisogno soprattutto di questo. Per loro stanno nascendo possibilità nuove per poter vivere, proprio per la pulizia in città, la raccolta dei giornali, ... . Le ragazze, l'ho detto prima, hanno ormai, come unico spazio per poter sopravvivere, la prostituzione. Abbiamo tentato di costituirle in piccola Comunità anche loro. Joan, quella ragazza che ho ricordato che si è buttata nell'acquitrino, quando è riapparsa... Mamma, che roba! E' riapparsa la settimana dopo... Abbiamo chiesto per tutta la giornata alla polizia di portare via il corpo che galleggiava sulle acque (con le braccia distese, sembrava una croce galleggiante). Nulla da fare... Alla sera abbiamo chiesto ad alcuni ragazzi di trascinarla verso riva. Ancora la polizia non arrivava, siamo andati giù nel cuore della notte con alcuni cristiani. E non dimenticherò mai la preghiera su quel corpo. Il catechista ha fatto una preghiera davvero incredibile. Ha detto: "Signore, perdonaci! Perché se questa ragazza s'è buttata dentro è colpa nostra. Ecco il risultato del peccato che viviamo qui a Korogocho". Joan era una di quelle che avevano formato la Udada, la 'sorellanza'. Fanno croci come questa, che porto proprio in solidarietà con loro, fanno collane, per cercare di tirarsi fuori dal ciclo della prostituzione. Abbiamo 50 o 60 ragazze che in buona parte sono già uscite ed è questo un altro tentativo importante per rimetterle in piedi. Poi vi ricordo i ragazzi Kindugu, una squadra criminale che si è trasformata in Piccola Comunità. Ho raccontato prima a chi sostiene questo gruppo del Kindugu che il cammino è durissimo ma andiamo avanti tentando lentamente di rimettere in piedi questi ragazzi. Infine, i malati di AIDS. Vi sembrerà strano, in una società, in un mondo come il vostro, dove voi valete tanto quanto producete, o valete tanto quanto avete soldi o altro, che noi dedichiamo la buona parte del nostro tempo, come preti, ad assistere chi muore di AIDS. Eppure è questo, in fondo, il Dio in cui credo: il Dio di questa gente. Tutte le sere, dalle nove alle undici, andiamo, con la Piccola Comunità Cristiana, nelle baracche dove c'è un malato di AIDS. Immaginatevi 10, 15 persone accalcate dentro che pregano. La mia Fede è molto debole, eppure si sta rafforzando perché sono loro che mi dicono chi è Dio. Ed è incredibile vedere questi ragazzi, queste ragazzine, ri-dirvi chi è Dio per loro. Mamma, che roba! Sono momenti in cui toccate il mistero. Io sono critico perfino delle mie esperienze interiori di fede; molto spesso dubito, per cui mi faccio un'autocritica spietata. Eppure, io davvero devo dire che lì c'è qualche cosa, e cosa ci sia è mistero. Solo due episodi, per dirvi cosa significa. Ricordo che una sera siamo andati a pregare per una ragazza di vent'anni, Nancy, malata di AIDS, molto grave. All'Offertorio ha chiesto di pregare. Una preghiera lunghissima, sarà durata sette o otto minuti, a voce aperta; i poveri pregano molto! Ha detto: "Papà (Baba), lo so, sono molto ammalata. Però Tu, Papà, Tu che puoi tutto, Tu puoi guarirmi. Guariscimi! Ti chiedo di guarirmi non per me, ma per questo mio bimbo - aveva il bimbo a fianco, di due anni. Ha solo me. Guariscimi, Papà! Però, Papà, se Tu non vuoi guarirmi, se Tu vuoi che venga da Te, eccomi, Papà!". Non sono ragazzine che vengono dal catechismo o dall'Azione Cattolica. Sono ragazzine che sono vissute sul marciapiede.
Ricordo Florence, una ragazzina che ha iniziato a prostituirsi a undici anni; a quindici anni ha avuto il verdetto che aveva L'AIDS, è morta a sedici. Tre giorni prima che morisse sono entrato da lei. Eravamo solo quattro: due preti, un giovane kenyano e lei. Mi sono seduto, ho guardato il volto, un volto scarnificato dall'AIDS. Le ho detto: "Florence, siamo venuti per dirti che ti siamo vicini. Lo so che tutti ti hanno abbandonato, tutti - anche la mamma due giorni prima l'aveva piantata. Siamo qui per dirti che ti siamo vicini". Ma poi le ho detto: "Florence, dimmi una cosa. Ma chi è il volto di Dio per te?". E lei si è fermata, perché non se l'aspettava una domanda simile. Si è fermata in silenzio, poi il volto si è illuminato con un sorriso incredibile. Ha detto: "Alex, ma sono io il volto di Dio!".
Eccovi il volto del mistero! I poveri sono soggetti, sono loro che ci evangelizzano, sono loro che proclamano Dio a noi. Non perché sono buoni e bravi, ma perché Lui è buono, perché Lui è il loro Dio! Ecco il cuore del mistero che viviamo. Ma ricordatevi che Korogocho è peccato! E' un grido immane che sale a Dio, perché non è concepibile che in questo mondo i figli di Dio vivano a questa maniera. E' peccato! Vi ho detto prima che a Nairobi c'è apartheid economica. Ma è un'apartheid che rispecchia l'apartheid economica globale: il 20% del mondo vive possedendo l'80% delle risorse di questo mondo. Le usa, le spende, le spande come vuole. E' la grande forbice del 20% che si arricchisce a spese dei due terzi dell'umanità, che diventano sempre più poveri. Questa apartheid economica sta portando a disastri incredibili. Vi cito la Banca Mondiale; non un istituto missionario, la Banca Mondiale, cuore di questo Sistema. La Banca Mondiale vi dice che a questo mondo ci sono un miliardo e centocinquanta milioni di esseri umani che sono inutili, azzerati. Cioè, non hanno più né possibilità di lavoro, né di essere aiutati in chiave di assistenza medica, nulla! Una volta i poveri almeno venivano sfruttati. Oggi i poveri non servono neanche più per essere sfruttati. Un miliardo e centocinquanta milioni di volti. Di questi almeno quaranta milioni all'anno muoiono di fame, in buona parte bimbi e donne. Un sistema economico che vi porta a un macello del genere (capirete perché sono obbligato a dirlo) è un sistema ingiusto, immorale, è un sistema di peccato! Ecco la mia prima provocazione alla Chiesa: quand'è che la Chiesa avrà il coraggio di dire questo? A volte, in certi documenti, si è spinta a parlare di strutture di peccato. Ma qui c'è qualcosa di ben più grosso: è un sistema di peccato! Parlavo l'anno scorso con padre Nolan, uno dei migliori teologi africani, un domenicano bravissimo, eletto ad essere Maestro Generale. Ha rifiutato per ritornare in Sudafrica a lottare contro l'apartheid. Mi diceva: "Alex, ma ti meravigli di questo? C'è voluto un secolo per le Chiese in Sudafrica prima di arrivare a dire che il sistema dell'apartheid era peccato. E ci sono arrivate alla fine, poco prima che l'apartheid crollasse. Di quanti secoli ancora avranno bisogno le Chiese per arrivare a dire che questo Sistema, che procura un disastro del genere, è peccato?". Questa è una cosa importante, fondamentale.
Permettetemi di aiutarvi a cogliere cos'è questo Sistema, in pochissime battute. Uso i termini politici vostri (ormai in politica non si capisce più nulla; almeno io non ci capisco più nulla, se voi ci capite... Sento parlare di poli, di cespugli... E' una giungla, altro che la giungla africana!): per me questo Sistema è fatto da tre poli (mi perdonerete se uso il linguaggio dei poli, ma forse richiama qualche cosa...). Il primo è il polo dell'economia; o, meglio, della finanza, perché oggi è predominante la finanza. A questo è legato il polo del militare. E terzo il polo dei mass-media. Un polo aiuta l'altro a reggersi in piedi. Prima di tutto, l'economia. Se voi pensate che il 21 aprile andrete ad eleggere le persone che decideranno il vostro futuro, siete una banda di illusi! I vostri politici oggi possono decidere ben poco. Rendiamoci conto che chi decide sono le forze economiche. E' l'economia, la finanza, che decide praticamente tutto! Questo è importante, se non lo comprendiamo stiamo qui a perdere tempo. Dobbiamo ritornare a parlare di primato dell'economico. L'altro giorno sono stato invitato a Roma ad un dibattito interno ai giudici, per capire un po' questo tipo di realtà. Ho parlato, me lo hanno chiesto, e ho ascoltato un professore che ha presentato il problema dell'economia mondiale, della finanza. Solo a sentir parlare di che razza di flussi ci sono oggi in chiave finanziaria... Mamma, che roba! Voi spostate miliardi e miliardi così, semplicemente, e fate miliardi e miliardi... E' un mondo virtuale, non c'è più neanche il mondo reale. E' la finanza, è lì il cuore di tutto. Questo ormai spiazza via tutto: Stati, tutto... I giudici appunto si domandavano: "Ma allora cos'è lo Stato? Di grazia, cosa è lo Stato di Diritto?". Boh! Se davvero è l'economia che decide tutto, non vi sorprende più neanche la vostra situazione politica. Vi sorprendete che non capite più cos'è la destra e cos'è la sinistra? Ma perché è un unico omologato economico. Non pensate mica che voi possiate distinguere i democratici dai repubblicani negli Stati Uniti: ma neanche per sogno! E' la stessa realtà perché la politica è funzionale, semplicemente, a quello che l'economia decide, se no è fuori. E' importante questo, è fondamentale. Questo mondo economico, la finanza, che è il 20% del mondo, che detiene l'80% delle risorse di questo mondo, non potrebbe mai continuare a tenere botta, a controllare questo 80% dei prodotti, dell'energia, se non fosse per il potere militare. Se ancora credete che l'esercito italiano, che le armi servano a difendere i confini o le patrie, siete, di nuovo, una banda di illusi. Neanche Spadolini, che Dio l'abbia in gloria, credeva più a balle del genere! Le armi servono unicamente a mantenere sfruttamento e ricchezza, punto e basta! Il 20% del mondo non mollerà mai le armi. Mai, soprattutto quelle atomiche. Ormai non distinguete più l'economico dal militare. Sono un unico ed inscindibile legame, che è difficilissimo tagliare. E qui permettetemi alcune battute gravissime sulla nostra situazione italiana. E' incredibile il silenzio che avete mantenuto davanti ad una Finanziaria che ha tagliato le vostre spese sociali, mentre il bilancio della Difesa è salito da 25.000 a 31.000 miliardi. Per fare che cosa? Tra poco, lentamente (non passeranno certo per il Parlamento...), vi faranno trangugiare il Nuovo Modello di Difesa, che prevede un esercito di professionisti (e quando parlate di uomini forti, in questo paese, con l'esercito di professionisti, sapete cosa significa...). In questo paese, e perdonatemi se sono così duro, chi ha comandato in questi anni non è stato lo Stato di Diritto, sono state le forze economiche, congiunte con i militari. E il militare è tutto 'coperto', sapete molto bene da chi: dai servizi segreti, dalle logge, siano esse P2 come massoniche. E' questo il cuore di tutto, non prendetevi in giro! Con altrettanta chiarezza: questo sistema economico-militare ha assoluto bisogno dei mass-media. Ecco perché, in Italia, ci sono due grandi complessi (il potere economico!) che controllano praticamente tutti i mass-media. Due! Negli Stati Uniti (dove si parla tanto di libertà, ma la smettano!...) tutto è controllato da 10 grandi complessi industriali. Tutto!
I mass-media sono la voce del padrone e servono essenzialmente a due scopi. Primo, ideologico: creano in noi l'illusione che questo è l'unico Sistema possibile. Secondo: servono a renderci tubi digerenti. Produciamo? Dobbiamo consumare. Ci fanno consumare! In particolare state attenti alla televisione. Ho visto, quando sono passato per Assisi, un testo molto bello, di cui è già uscita negli Stati Uniti la seconda edizione: 'Cristiani in una società consumistica'. Leggetelo, perché è potente. E' di un gesuita americano. Guardate quello che vi dice della televisione: "Si calcola che l'americano medio guardi la televisione almeno 26 ore la settimana pari a 13 anni continui della nostra vita media". Provate a pensare, 13 anni davanti a quel televisore! Ma poi, più grave ancora: "Dato che la pubblicità occupa fino al 27% della fascia oraria di maggiore ascolto, potenzialmente potremmo trascorrere in media l'equivalente di tre interi anni della nostra vita guardando unicamente annunci pubblicitari". Provate a pensare, 3 anni!... "...il loro implacabile messaggio aggredisce l'autostima e la percezione di milioni di persone: i tuoi capelli sono troppo lunghi, i tuoi capelli sono troppo corti, la tua pelle è troppo chiara o troppo scura, i tuoi odori sono nocivi, sei troppo grasso, troppo magro, hai troppi difetti, devi avere un reggiseno sportivo già dalla quinta elementare o non avrai amici, il tuo seno è terribilmente grande o troppo piccolo, puoi fermare il traffico con un reggiseno 'Maidenform', sarai frigido o impotente se non usi 'Hai Karate' o 'Musk'". Tre anni a sentirvi roba del genere...
Capite il potere dei mass-media, un potere immenso. Questo gesuita conclude così, in maniera glaciale, ma coglie il cuore: "La costrizione al consumo è diventata per noi tanto profonda quanto il bisogno di sopravvivere, perché il Modello consumistico rivela che il nostro stesso essere e scopo sono calcolati unicamente in termini di ciò che possediamo. (...) Noi siamo solo finché possediamo. Siamo ciò che possediamo. Di conseguenza siamo posseduti da ciò che possediamo, prodotti dai nostri prodotti. Rifatti ad immagine e somiglianza della nostra stessa merce, ci riveliamo essere beni di consumo. L'idolatria esige da noi il suo pieno prezzo, siamo derubati della nostra stessa umanità". Notate: "l'idolatria". Permettetemi di dirvi che il problema grosso non è l'ateismo. L'ateismo è forse già il primo passo, da noi, per tentare di fare un atto di Fede, perché chiaramente bisogna sbarazzarsi del Dio del Sistema. Perché Dio non può essere il Dio del Sistema. Il problema nostro è l'idolatria! E io ho la netta impressione che le nostre Chiese, le Chiese del Nordamerica, le Chiese dell'Europa, sono in buona parte, oggi, Chiese idolatriche, funzionali a questo Sistema. E siamo noi! Non pensiamo mica a chissà chi... Da qui capite che, in questo Sistema, l'idolatria ci porta a che cosa? Ad adorare la Cosa. E perché adoriamo la Cosa diventiamo cose! Ecco il problema. Se c'è una cosa che mi ha impressionato, girando 3 mesi per l'Italia, è proprio il fatto che questo Sistema ci distrugge in chiave personale; è come acido che ci corrode. Distrugge le coppie. Ho lasciato molte coppie bellissime nel '91, felicissimamente sposate, impegnate. Ritorno, e me le ritrovo... Mamma, che roba! E non è questione caratteriale. Sembrano tutte fatte su copione le crisi. E' questione che questo Sistema ci rende cose. Ma poi cosa volete in qualche modo condividere anche dentro la famiglia? Non c'è più nulla! Capite allora la droga, capite i suicidi, che sono in aumento ovunque... M'han detto che qui in Emilia-Romagna si spendono miliardi in ansiolitici nelle farmacie. Stiamo diventando matti: dobbiamo prendere pillole! Ci deruba della nostra umanità, è un Sistema che ci rende cose! E questo Sistema ci rende, lo sapete molto bene, il futuro impossibile. L'ipoteca fondamentale sul futuro è quella ecologica. Gli scienziati americani vi danno 50 anni per cambiare; dopodiché, dicono, avremo già intaccato le falde ecologiche di questo mondo: le future generazioni non potranno più vivere a questo mondo... 50 anni! Questo macello ecologico l'abbiamo fatto noi, 20% del mondo. Provate a pensare quando l'altro 80% del mondo vivrà come viviamo noi... Ma chi ci potrà più vivere a questo mondo? La FIAT sta andando in Cina ad aprire le fabbriche. Provate a pensare se invece di un miliardo di biciclette avrete un miliardo di macchine FIAT... Ma chi respirerà più a questo mondo? Questo Sistema non è più esportabile. Dobbiamo già noi stessi rimetterlo in discussione, perché andando avanti di questo passo non c'è futuro in chiave ecologica! Gandhi lo aveva espresso in una battuta stupenda (una!), nel '38 ancora, quando un giornalista inglese gli chiedeva: "Mahatma, quando tu avrai ottenuto l'indipendenza dell'India, riuscirai a portare l'India allo stesso livello economico dell'Inghilterra?". E Gandhi aveva risposto: "Fratello mio, se ci son volute metà delle risorse di questo mondo per fare arrivare l'Inghilterra lì dove è arrivata, di quanti mondi avrà bisogno l'India, per arrivare lì dove è arrivata l'Inghilterra?". E' tutto qui il problema: su questa strada non c'è futuro. Ormai l'alternativa non è più un'utopia, è l'unica cosa decente che abbiamo fra le mani e che possiamo fare. L'alternativa è necessaria! Permettetemi allora di 'saltare' al propositivo. Direte subito: "Ma cos'è che possiamo fare noi?". Ritorno ai vostri volti. Se c'è una cosa che è incredibile sono i volti, unici ed irripetibili. Se viviamo in questo Sistema è perché noi lo vogliamo. Non lamentatevi di Maccanico, di Dini, ... A proposito: mamma, che roba! Abbiamo parlato prima delle forze economiche in questo paese. Ma le forze economiche vi esprimono perfino i governi economici, talmente sono chiare. E' inutile che andiate a dare la colpa in su. Se noi abbiamo i governi che abbiamo, i politici che abbiamo o l'economia che abbiamo, è perché noi li vogliamo così! A me ha fatto un'impressione enorme Martin Niemoller (uno dei grandi resistenti contro Hitler, insieme con Bonhoeffer. Martin Niemoller è sopravvissuto al campo di concentramento di Dachau, Bonhoeffer è stato invece impiccato). Quando Martin Niemoller è uscito, alcuni giornalisti gli hanno chiesto: "Martin, cosa dici del popolo tedesco? Tutti hanno mollato tutto davanti al nazismo: Chiese, Sindacati,... Tutti! Erano quattro gatti che hanno fatto la resistenza al nazismo, quattro gatti! Cosa dici?". E Martin è stato splendido. Ha detto: "Siamo tutti colpevoli". 'Siamo', non 'Siete', 'Siamo'! Se ci siamo su questa barca è perché tutti noi lo vogliamo. Era stato Martin Niemoller che aveva detto quella famosa frase: "Quando la Gestapo ha cominciato a venire ad arrestare i comunisti, io non ho detto nulla perché non ero un comunista. Quando la Gestapo è venuta per arrestare gli ebrei, io non ho detto nulla perché non ero un ebreo. Quando la Gestapo è venuta per arrestare i sindacalisti, non ho detto nulla perché io non ero un sindacalista. Quando è venuta per arrestare i cattolici, non ho detto nulla perché io non ero un cattolico. Quando alla fine son venuti per arrestare me, non c'era più nessuno per parlare". La logica è questa. Ecco perché ritorno ai vostri volti di questa sera. Se siete qui, è perché voi avete le potenzialità, dentro ognuno di voi, per cambiare. Ognuno di noi ha dentro le proprie mani la forza, come diceva Gandhi, della Satyagraha, la forza della verità; come dice Gesù, la forza dell'amore, una bomba atomica! Uscite dal senso di impotenza.
Dopo il peccato di idolatria, il più grave peccato di questa società è, per me, il peccato di impotenza. Sentite che ognuno di voi può fare, anche se dà un piccolo contributo, qualcosa di eccezionale. Sono i poveri che me l'hanno insegnato. Per fare questo, però, avete bisogno di fermarvi un attimo. Se siete non credenti, fate un po' di silenzio; ovunque volete, ma fatelo. Se siete sposati, andate insieme in qualche montagna. Un fine settimana, prendetevi 2 o 3 giorni; il venerdì sera andate su in qualche cascina e fate silenzio. Se siete sposati, fatelo insieme (è importante!). Per la prima volta ragionerete insieme e insieme tenterete di parlarvi. Non ci si parla più! Se siete credenti, trovate dei momenti di preghiera, di contemplazione. Fatelo anche come coppia. Andate dove volete (può essere Spello, può essere un monastero, può essere una cascina...), ma fate dei momenti di silenzio, riflettete. Se vi fermate, vedete subito la nostra follia collettiva. E allora cominciate a ragionare. Quando cominciate a ragionare sul primato dell'economico, subito dite certe cose... Quando ero a Comacchio mi ha introdotto un vecchio prete, avrà avuto dai 60 ai 70 anni. Ha detto 3 o 4 parole, una più saggia dell'altra: "Quando io ero un giovane prete e mi preparavo al 'Moralone' - grande esame dei preti, 'Teologia Morale' - avevo volumi e volumi così sul sesto comandamento. Sulla giustizia? Avevano dato 20 paginette... Dice: 'No, non preoccuparti, puoi leggerle anche all'ultimo momento, nessuno ti farà neanche una domanda su quella roba'". Come credenti abbiamo tradito tutto. Ma come è possibile che come Chiesa abbiamo avuto il coraggio di prendere tanto seriamente il sesto comandamento, e ci sono solo tre detti di Gesù sul sesto comandamento, fino ad arrivare a dire che non c'è neanche parvità di materia sul sesto comandamento? Sull'economia, dove avete i detti più duri di Gesù, dove Gesù è di una crudezza... Ma cosa ne abbiamo fatto? Ad una donna che prende la pillola io devo dire: "Tu non puoi andare a fare la Comunione". Se sono fedele al Magistero Pontificio è quello che devo dire. Un uomo che ha un miliardo in banca, mentre c'è gente che muore di fame, può andare tranquillamente alla Comunione, perché quelli sono soldi suoi. Questo non è né Vangelo, né Morale, né nulla... E' morale borghese, se volete, e basta. Dobbiamo cominciare a prendere seriamente questo benedetto Vangelo. Per quanto so io, è Chiavacci (prete professore all'Università di Firenze) l'unico moralista che ha tentato di fare questo lavoro in Italia (e forse è anche per quello che è emarginato!). Riassume l'insegnamento di Gesù e del Nuovo Testamento in chiave di economia con due comandamenti (non son consigli, non certo i consigli evangelici di noi frati, che ne abbiamo fatto uno scempio). Due comandamenti! Primo comandamento: non puoi arricchirti. Secondo comandamento: se tu hai, per qualsiasi ragione che sei venuto ad avere, hai per condividere. Provate a tradurre questo po' po' di roba nelle vostre scelte quotidiane: avete una rivoluzione tra le mani! Non ditemi che è la Chiesa, che noi non possiamo far nulla... Ma sono balle, autentiche! Il Vangelo è una rivoluzione, non c'è nulla da fare. E se la Chiesa vuole essere dura sul sesto comandamento, mi va benissimo: facciamola la profezia. Ma chi ci accusa di moralismo ha ragione, perché non facciamo la profezia su tutto. La facciamo sul sesso, ma facciamola allora anche sull'economia. C'è gente a volte che viene qui e comincia a dirmi sull'aborto: "Ma perché tu non parli?". Se volete parlare di aborto accetto tutto il discorso dell'aborto. Ma chi è dentro il 'Movimento per la Vita', per favore, la smetta di parlare solo di aborto. O se vuol parlare di aborto, ci sto, ma che parli anche dei morti di fame, che parli contro la pena capitale, perché o facciamo profezia o se no smettiamola di prenderci in giro.
Permettetemi allora di scendere al concreto. Nasce in questi giorni la Banca Etica. Non lasciatela fallire!. La Banca Etica è il primo tentativo in questo paese di coniugare, sul controllo dei soldi, Fede, Vangelo ed economia. Non è mica un'invenzione, è una Banca. Grazie all'AGESCI, alle ACLI, a varie altre organizzazioni che hanno dato qualcosa. Ma siamo ancora lontani... (dall'obbiettivo dei 2 miliardi, capitale minimo richiesto dalla legge per poter aprire una banca - N. d. R.). La Banca Etica vi permette che cosa? Il controllo dei soldi. Sapete che le banche danno i soldi per tutte le cose più assurde di questo mondo: narcotraffico, commercio d'armi, soldi rubati, tangenti, ... Di tutto! La Banca Etica offre per la prima volta la possibilità di depositare i soldi e dire: "Voglio che questi soldi vengano investiti in questo campo". E sono investiti in quel campo. E' il controllo dei soldi. Non voglio ritornare a Korogocho e sentirmi dire che la Banca Etica è fallita! Si tratta di far girare un libro sulla Banca Etica. Uscirà in questi giorni, mi hanno chiesto l'introduzione. Potete trovare anche al CEDOC un sacco di informazioni. Mi meraviglia che in una città come Fidenza non sia ancora partito il Commercio Equo e Solidale. Ma è possibile? Con un'assemblea così splendida come la vostra di questa sera, non riuscite a trovare 20 persone che si mettono insieme per far partire un negozio? Ma andate in Comune, domandate una stanza! Ho qui la mozione di un Comune come Fano. Sono molti i Consigli Comunali che hanno deciso questo tipo di roba. Ma cosa aspettate? Il Commercio Equo e Solidale è fondamentale. Ha le sue pecche, non tutto è perfetto. Ma è uno degli strumenti importanti. Se voi riusciste a raggiungere il 2%, per esempio, del caffè venduto, immediatamente i vostri supermercati a Fidenza comincerebbero ad allarmarsi: se ne accorgono subito! E' una delle vie importanti. E' uscito in questi giorni il libro: 'Guida al consumo critico', di Gesualdi. Gesualdi è un discepolo di don Milani. Gesualdi non fa mica questo come lavoro, è un uomo come tutti voi: lavora, fa l'infermiere in ospedale a Pisa. Ha fatto questo lavoro nel suo tempo libero. Qua dentro trovate tutto: prodotti per l'igiene personale, pane, cracker, snack, orzo, camomilla, marmellata, mele, salami, latticini... Cosa è che vi fa? Per ognuna di queste cose vi dà: la compagnia che la produce (i vari marchi quando andate al supermercato), come paga gli operai, se accetta i sindacati, ... Questo vi porta esattamente a che cosa? Al consumo critico. Cioè a consumare, ma a consumare criticamente, a comperare criticamente. Voi potete andare al supermercato e trovarvi un giocattolino: "Ohi, ma guarda che bello, costa così poco...". Poi scoprite qua dentro che è fatto da una compagnia che utilizza bambini di 10 anni in Thailandia, ve li fa lavorare 15 ore al giorno, ve li sottopaga. E' chiaro che costa poco. Lo comperate, fate parte della linea di sfruttamento... Questo deve portare a boicottaggi, a campagne contro certe compagnie. Provate a pensare se a Fidenza, per esempio, le parrocchie si aggregassero e dicessero: "Lanciamo una campagna sul tal prodotto, perché...". Ma pensate alla forza! Avete una forza incredibile... Una volta, sembra proprio il medioevo ormai, si diceva: "Lavoratori, unitevi!". Mamma, che roba, sembra il medioevo... Oggi bisogna dire: "Consumatori, unitevi!". Avete una potenza enorme tra le mani, ma enorme. Il gigante imperiale ha i piedi d'argilla; questa è una delle maniere per batterlo. E le compagnie hanno una paura boia. La Nestlé - c'è una piccola campagna che mandano avanti in Italia, ma fatta da 4 gatti - ha convocato tutti i capi prima di Natale. Hanno davvero paura! Uscirà a giorni, presso l'EMI, il testo degli scienziati di Wuppertal, che hanno fatto questo rapporto sotto l'egida della 'Misereor', un'organizzazione cattolica tedesca. Gli scienziati di Wuppertal chiedono al popolo tedesco che abbia il coraggio, nei prossimi 50 anni (i fatidici 50 anni...), di tagliare il proprio consumo di energia, di prodotti, del 90%... Provate a pensare: 90%! Sono scienziati a dirlo! Per esempio, i "Beati i Costruttori di Pace" hanno lanciato il progetto 'Bilanci di Giustizia' per le famiglie. Fatelo girare. Una maniera per vedere davvero come famiglia che cosa consumate, dove è che spendete, cosa potete tagliare. E' molto importante. Tocca ad ognuno di voi muovervi. Tocca alle parrocchie. Ma è concepibile, per esempio, che le parrocchie continuino ad andare avanti con queste feste pagane che sono le Prime Comunioni, le Cresime, ...? Non parliamo poi dei matrimoni: è paganesimo puro! Un giorno ero a Pisa in una chiesa e, quando ho finito di parlare, un uomo è venuto e mi ha detto: "Alex, una ragazza che conosco personalmente, l'altro giorno, s'è comperata un vestito da sposa di 18 milioni". La chiesa che fa questo tipo di matrimonio fa peccato! Ma andate a sposarvi in Comune, perché andate in chiesa a prendere in giro quel povero Cristo? E' tutta una presa in giro questa roba. Provate a pensare se le parrocchie di Fidenza avessero il coraggio di dire: "Basta!". Pensate che botta sarebbe!... Dobbiamo tutti iniziare a parlare. Pensate ai vostri Natali. Io mi son visto questo Natale... Che roba! Ma è concepibile? I miliardi che avete speso per le luminarie... "Auguri!", "Buon Natale!"... Ma non trovavo neanche un cane per strada a dirmi: "Buon Natale!". Ma diteglielo "Buon Natale!" a qualcuno, non scrivetelo spendendo miliardi! Usciamo da certe logiche! A questo livello mi permetto di appellarmi al Consiglio Comunale di Fidenza, perché costituisca la 'Casa per la Pace', un vero Centro per tutte queste iniziative, non una stanzetta come ha il CEDOC. Tantissimi Comuni si sono organizzati. Ma tocca a voi cittadini darvi da fare, muovetevi!
Sul militare dovrei farvi lunghissimi discorsi, perché avrei dovuto parlarvi della violenza. Non riesco ad entrarci. Il discorso della nonviolenza per la Chiesa, mi porterebbe lontanissimo. Solo un appello: l'importanza dell'obiezione di coscienza, soprattutto per le ragazze. Ma è possibile che l'Anno di Volontariato delle ragazze non sia ancora decollato? Dobbiamo arrivare a sentire che tutti i ragazzi e le ragazze devono avvertire lo spendere un anno della propria vita per la comunità come un obbligo? Ma questa è educazione civica! Nella Val di Cembra, in Trentino, tutti i sindaci della valle (sono 20 o 30) mandano a tutti i giovani dai 16 ai 18 anni una cartolina in cui si dice: "Carissimo ragazzo, è arrivato il tuo tempo per la Leva militare. Sappi che se vuoi hai un'alternativa alla Leva: vieni il tal giorno, ti presenti in una tal sala e ti sarà spiegato". Questo per i ragazzi e per le ragazze. E' educazione civica, il Sindaco non decide per nessuno. Tocca ai Consigli Comunali promuovere questo po' po' di roba. Avete delle possibilità enormi a questo riguardo. Dobbiamo far nascere qualcosa di radicalmente nuovo. Una coscienza nuova. Soprattutto le Chiese, che ritornino al principio fondante della nonviolenza, il cuore del Vangelo! E le Chiese non ne vogliono ancora sapere...
I mass-media, il terzo polo, non è uno scherzo. Per questa ragione vi chiedo: fate girare letteratura alternativa. Ce n'è, ce n'è tanta, anche in Italia. Ciclostilate, ma poi intervenite, parlate alle radio, scrivete ai giornali, rendetevi soggetti. E state attenti a quella televisione... Voi votate con quel telecomando. Quando la RAI o Berlusca vi chiedono 10 milioni di televisori aperti su un programma, è il momento di spegnerla. In questi giorni di Quaresima, in preparazione alla Pasqua, se potete anche questa sera, andate a casa, impacchettate il televisore e mettetelo in cantina fino a Pasqua. Forse riuscirete, marito e moglie, a parlarvi; forse i genitori riusciranno a parlare ai figli. Non c'è altra via, dobbiamo fare anche pulizia mentale! Permettetemi una parola sull'aspetto politico. Vi ho detto, e ho usato parole molto gravi, "...è l'economia che decide tutto". Viviamo un momento estremamente grave in chiave politica: non defilatevi! E non sono qui a dirvi per chi votare, per carità... Tocca a voi! Ma non defilatevi, trovate vie per esprimervi politicamente. Avete un testo bellissimo - fatelo girare - 'C'è un tempo per tacere e un tempo per parlare', dove il Cardinal Martini lancia un monito molto duro. Non sto qui adesso a leggervi tutto, ma contiene una frase molto dura: "Non è in gioco la libertà della Chiesa, in Italia è in gioco la libertà dell'uomo. Non è in gioco il futuro della Chiesa, è in gioco il futuro della democrazia. E' un momento grave per tutti noi, un momento non per tacere ma per parlare". Girando per l'Italia, in questi giorni, ho trovato alla base due realtà bellissime. Tanta gente sana (voi stasera siete espressione di questo popolo sano che tenta minimamente di ragionare). Ce n'è tanta; è minoranza, ma minoranza consistente. E tanti gruppi: gruppi, gruppuscoli, associazioni, di tutti i tipi e di tutte le razze. Nessun paese in Europa ha una tale ricchezza. Eppure tutto questo rimane sommerso. Fatelo emergere! Altrimenti qualchedun altro farà opinione al vostro posto. Ecco perché tentiamo di vedere (e, dopo l'assemblea, ne parlerei con i rappresentanti di gruppi, anche venuti da fuori) se si riesce ad arrivare ad un referente unico in chiave regionale, proprio per tentare di far uscire, di far emergere questo sommerso.
E' troppo importante questo discorso. Permettetemi di concludere con alcune brevissime riflessioni, fondamentali per tutto il discorso, per questo 'Il gigante ha i piedi d'argilla'. Non potete illudervi di resistere da soli. Questo Sistema, se tentate di resistere da soli, vi travolge tutti! Ci corrode dentro, corrode la società, i tessuti sociali, le comunità, sfalda tutto. Se volete fare resistenza, se siete non credenti costituitevi in piccoli gruppi di riflessione; se siete credenti (e questo le parrocchie dovranno lentamente impararlo) costituite Piccole Comunità di base. Comunità, non gruppi, dove c'è un rapporto interpersonale vero. Perché in questa società ormai non esiste più nulla, e le nostre famiglie stanno saltando per quello. Comunità dove vi sono rapporti veri di amicizia, di fraternità, di calore umano. Comunità dove il primato va alla Parola; ma la Parola deve portare inesorabilmente all'analisi sociale della realtà, se no non è Parola (la Parola è anche idolatrica). Tutto questo deve portarvi all'impegno. Ma se l'impegno deve portarvi a correre da una manifestazione all'altra, a fare di tutto, diventate matti! Già diventiamo matti in questo Sistema per sopravvivere, se dovessimo diventar matti a fare resistenza... E' il Sistema che vince alla fine! Ogni Piccola Comunità cristiana si specializzi in un aspetto, si impegni in un'unica cosa. Fate quello ma fatelo bene. E poi concatenatevi! Guardate l'esperienza del Nordamerica, il cuore del Golia imperiale, dove così avviene la resistenza: si uniscono, attraverso Internet o computer o quel che volete voi, e sanno quello che uno fa, si passano documenti... I credenti hanno gioito che sia caduto il marxismo all'Est. Abbiamo detto: "Finalmente sono cadute le dittature! Sapevamo, avevamo ragione noi". Il marxismo diceva e dice che l'uomo è fatto dalle strutture, dalla società. Ha sempre detto: "Cambiate le strutture e l'uomo cambia". Ci hanno provato all'Est: non è vero, non è avvenuto. I cristiani hanno sempre detto: "Cambia l'uomo e la società necessariamente cambia". Beh, non è vero. Non è vero! E ci siamo dimenticati persino di domandare perdono per questi 40 anni. I credenti sono grandemente responsabili per quello che è avvenuto in questo paese in questi 40 anni. Dobbiamo ancora chiedere perdono, il che è importante. Cito di nuovo un cattolico, se no mi dicono subito che io sono chissà chi: l'arcivescovo Hurley, di Durban, Sudafrica, uno dei grandi resistenti all'apartheid. Afferma che "nel corso di 20 secoli, l'esperienza cristiana ha cambiato uomini da così in così (Saulo in un Paolo, Francesco figlio di Bernardone, che si sognava di essere grande commerciante di Assisi, in un Francesco radicalmente differente). Eppure, anche in 20 secoli, non c'è mai stata nessuna società che sia stata trasformata dalla logica evangelica". Nessuna! Ambedue hanno fallito: il marxismo ha fallito; l'esperienza cristiana ha fallito in questo senso. Due intuizioni, due grandissime intuizioni. Ritengo che l'intuizione cristiana è fondamentale ed è fondante: i volti! Ogni uomo è un volto.
Ricordo il colloquio con Curcio, nel '91. Era allora in galera e ha chiesto di vedermi. Mi ha detto: "Alex, sai lo sbaglio che abbiamo fatto noi brigatisti? Prendere seriamente Machiavelli, il fine che giustifica i mezzi. Oggi la mia conversione sta in questo: credo che ogni uomo è fine a se stesso; io non posso usare una persona per qualche altra cosa, per quanto nobile possa essere". Allora è vero quello che dice l'esperienza cristiana: la conversione può venire solo da una persona; quindi la conversione è un appello personale. Ma una persona è parte di una struttura, necessariamente. E se io dico che mi converto, ma non mi rendo conto che devo convertire la struttura che sta attorno a me, la struttura e la società che stanno attorno a me mi riporteranno ad essere quel pagano che ero prima. Dobbiamo iniziare a coniugare questo benedetto personale con lo strutturale e con il sociale! Se non lo facciamo tradiamo tutto. E' fondamentale. Troppo della nostra esperienza, anche di Chiesa, è intimistica, è schizofrenia religiosa. L'esperienza cristiana ha una dinamica sociale, economica, politica. E' il sogno di Dio, di un mondo alternativo a quello che abbiamo tra le mani. Se questa sera ho dato l'impressione a qualsiasi persona qui presente di aver demonizzato qualsiasi realtà, chiedo perdono. Perché ritengo, ed è questa un'altra grande riflessione proveniente dalle Comunità nordamericane, che l'impero del denaro, l'economia, lo Stato, la televisione, non sono mica demoniaci in sé. Sono demoniaci perché noi li abbiamo resi demoniaci. Abbiamo bisogno dell'economia, abbiamo bisogno dei soldi, abbiamo bisogno di tante cose. Le potenze (l'economia, il denaro, ...) sono buone, ma sono decadute. Ma sono redimibili! Tocca a voi, ecco la sfida come credenti, ma anche come non credenti, che abbiamo tra le mani.
Ecco l'appello che faccio a voi: di darvi da fare per trasformare queste potenze, perché sono redimibili. E mi appello, in particolare, alle donne: donne, non vendetevi a questo Sistema! E' un Sistema maschilista, legato al militarismo, legato all'economicismo più bieco che ammazza ed uccide. Voi donne avete dentro di voi tre valori che sono: l'amore per la vita, voi generate vita; la nonviolenza; la tenerezza. Voi che siete la maggioranza del genere umano, fateli entrare, che diventino il principio portante di quell'uomo nuovo che Balducci diceva deve nascere se vogliamo che si salvi l'umanità, se no davvero andremo giù tutti per la piena. Voi donne avete un'importanza fondamentale per far nascere questo 'uomo planetario', geneticamente nuovo. Mi appello a voi perché so che voi, proprio perché generate vita, sarete capaci anche di generare un Sistema nuovo, un uomo nuovo. E' fondamentale il vostro ruolo. Sto girando per l'Italia, come un cretino se volete. Tanti mi dicono: "Ma cosa fai?". L'altro giorno ero giù in Puglia. Nevicava, son 'sbucato' così in una scuola e i ragazzi mi hanno detto: "Ma chi te lo fa fare di andare in giro come un cretino, così, per l'Italia? Ma a che pro?". Sto spendendo le mie vacanze - son queste le mie vacanze! - girando, parlando, perché i poveri mi danno la fiducia e la speranza che davvero la vita vince e deve vincere. Se sono qui è perché sono stati loro che mi hanno contagiato con una carica incredibile di speranza, che viene proprio dalla dimensione di quel Papi che è il Papi dei poveri, degli ultimi, di chi non conta. La 'lettera agli amici' conclude proprio con questa frase molto bella: "E' un sogno.... Ma noi continuiamo a sognare nella profonda convinzione che Dio è fedele, che Dio è il Dio della gente del Mukuru (la discarica), delle ragazze dell'Udada, dei giovani deviati del Kindugu, dei ragazzi di strada, dei malati di AIDS, ... E' il loro Dio! E' il Dio della vittima del Golgota: cane immondo buttato fuori le mura di Gerusalemme. E' questo il Dio che ogni domenica celebriamo nella solenne liturgia. La liturgia domenicale costituisce un punto fondamentale nel nostro esodo verso la libertà. Cantiamo le meraviglie che Dio compie a Korogocho. (...) Per questo balliamo, cantiamo... il Dio della Vita, il Dio che fa germinare il nuovo. Lentamente sta anche nascendo una nuova liturgia: la lode di un popolo oppresso in marcia verso la liberazione... E la gioia esplode, è festa di liberazione! La liturgia, infatti, non è solo memoria, ma è costitutiva della realtà, pone e crea quel mondo che sogniamo in contrapposizione al mondo reale imperiale che crea Korogocho e tutte le Korogocho di questo mondo. E' il sogno di Mosè, dei Profeti, di Gesù... Il grande sogno ritorna con forza... E' questo il sogno che ci lega a migliaia di amici attraverso il mondo, a migliaia di 'comunità di resistenza' (e ai vostri volti di questa sera)". Dice Brueggemann, un biblista che lavora con queste comunità nordamericane: "E' vocazione del profeta tenere vivo il ministero del Sogno, continuare a proporre futuri alternativi al modello che l'impero vuole imporci come l'unico possibile". Il Golia imperiale, io ne sono profondamente convinto, ha i piedi d'argilla. Per farlo crollare abbiamo bisogno di tornare al punto dal quale siamo partiti: ai volti delle vittime, alla capacità di ritornare ad indignarci! Mi permetto di concludere attraverso l'esperienza di uno dei grandi resistenti contro Hitler, con un testo che a me ha fatto molta molta impressione. E' l'esperienza di Kaj Munk, un pastore protestante che ha resistito contro Hitler ed ha aiutato i danesi alla resistenza. E' stato preso ed ucciso come un cane nel 1944. Notate quello che dice: "Qual è il compito del predicatore oggi? Dovrei rispondere Fede, Speranza, Carità. Sembra una bella risposta, ma vorrei dire piuttosto: Coraggio. Ma no, neppure questo è abbastanza provocatorio per costituire l'intera verità. Il nostro compito oggi è la Temerarietà, perché ciò di cui noi come Chiesa manchiamo non è certamente né di psicologia né di letteratura. Quello che a noi manca è una santa Collera, una santa Collera! La temerarietà che scaturisce dalla conoscenza di Dio e dell'umanità, la capacità di indignarsi quando la giustizia giace prostrata sulle strade e quando la menzogna furoreggia sulla faccia della Terra, una santa collera contro tutto ciò che nel mondo è ingiusto. La collera contro il saccheggio della Terra del Signore e la distruzione del mondo di Dio, la collera perché i bambini devono morire di fame mentre le tavole dei ricchi si piegano sotto il peso delle vivande, la collera per l'indulgenza di tanti verso la Chiesa, che non si avvede di poter vivere solo grazie alla verità e ignora che la nostra paura sarà la morte di tutti noi. Quello che ci è necessario è di perseguire senza sosta quella temerarietà che saprà lanciare la sua sfida e di cercare di cambiare la storia umana finché essa giunga a conformarsi alle norme del Regno. E ricordatevi - dice Kaj Munk, sentite com'è bello - i simboli della Chiesa cristiana sono sempre stati il leone, l'agnello, la colomba e il pesce, ma mai il camaleonte! E ricordate anche questo: la Chiesa è il popolo che Dio si è scelto, ma coloro che sono scelti saranno riconosciuti in base alle loro scelte". Grazie a tutti voi!
Alex Zanotelli
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